A realizzare Wolf Hunter ci pensa Shawn Linden, regista che dona alla pellicola il suo particolare tocco e la sua chiave di lettura intrigante. Sotto la sua guida si muovono bene gli interpreti che compongono un cast di nomi con una certa esperienza cinematografica anche se non certo di primissimo piano: Devon Sawa (Casper / Final Destinarion / The Guilty – Il Colpevole), Camille Sullivan (Rookie Blue / Da Vinci’s Inquest / L’Uomo nell’Alto Castello), Summer H. Howell (La Maledizione di Chucky / Garm Wars – L’Ultimo Druido / Nuvole) e Nick Stahl (Sin City / Terminator 3 – Le Macchine Ribelli / The Chameleon).
Al centro della trama di Wolf Hunter c’è una famiglia che ha deciso di vivere negli sperduti boschi del nord America, lontano dalla civiltà e dall’urbanizzazione, sopravvivendo grazie a un piccolo orto e alla caccia, che procura loro carne da mangiare e pellicce da vendere per rifornirsi di beni di prima necessità che altrimenti non potrebbero reperire. Per interrompere la routine quotidiana serve l’arrivo di un famelico lupo, un animale che con la sua sola presenza riesce a incutere terrore nei presenti, tanto che il capofamiglia decide di andare a caccia per catturarlo. Un viaggio che lo vede accompagnato dalla figlia adolescente, trepidante nell’apprendere i trucchi del mestiere. Quando la situazione si rivela particolarmente pericolosa, la ragazza viene rimandata a casa dove si rintanerà con la madre in attesa del ritorno del padre. A disturbare il loro trinceramento l’arrivo di uno sconosciuto, gravemente ferito.
Wolf Hunter è un film interessante e particolare, capace di capovolgere di colpo le situazioni. Chi è più pericoloso tra il lupo e l’uomo? Chi è il vero predatore e chi la preda? Chi mostra maggior ferocia tra un carnivoro affamato e un umano mentalmente instabile? Il lupo è alla fine solamente una scusa, una presenza che si intravede appena in una sola scena e che poi aleggia nell’aria senza mai palesarsi se non attraverso il terrore delle persone o con quello che ha fatto. La violenza che c’è è sempre celata, mai inquadrata direttamente nei punti più sensazionalistici, evitando l’effetto splatter. Che si tratti di un animale morto o di cadaveri umani, non arriva mai una sensazione di rigetto di quello che si vede. Almeno fino alla scena finale, quando la crudeltà trova completo sfogo non solamente negli eventi ma anche nella visione diretta di cosa viene compiuto. Trova così liberazione quella violenza cruenta fino a quel momento solo accennata, arrivando a colpire così forte da saper stordire lo spettatore. Una scelta registica che è anche la demarcazione tra la razionalità e la pazzia, tra quando si è consci di cosa si fa, anche se spaventati, e quando invece si perde completamente il controllo di quello che si sta compiendo. E così Wolf Hunter offre allo spettatore una delle scene più forti ed esplicite di tutta la storia del cinema.
Una nota merita la scelta del titolo: se la decisione italiana non sembra particolarmente azzeccata con un Wolf Hunter che incentra l’attenzione sulla figura del cacciatore e al più sul lupo, molto meglio quello originale, Hunter Hunter, che non mette paletti e si apre a una più ampia, e vista la storia del film anche azzeccata, interpretazione.
Titolo: Wolf Hunter
Distributore: Plaion
Project wolf hunting. Violenza brutale e splatter ai massimi livelli
Hokage il nuovo film del regista giapponese Tsukamoto
La battaglia di Hansan. La leggendaria figura di Yi Sun-sin, eroe della Corea del Sud
Risen. E se l’ipotesi della foresta nera non fosse così sbagliata?