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corrierecharlieDopo la puntata “Se il Corriere della Sera non conosce il diritto d’autore“, veniamo al capitolo due della saga ovvero “Se i fumettisti non conoscono i loro diritti o non li sanno tutelare”.

Passo indietro. Abbiamo già affrontato la questione relativa alle vignette pubblicate dal Corriere della Sera. In sintesi, in seguito alla strage di Parigi, il Corriere ha assemblato alla svelta e con scarso rendimento grafico un volume contenente vignette dei più noti fumettisti italiani, prelevate dal web senza chiedere il consenso agli autori. Il ricavato del volume é destinato ad aiutare i familiari delle vittime cadute durante l’agguato terroristico alla redazione di Charlie Hebdo.

Lo scopo benefico, non costituisce però un’eccezione alla legge sul diritto d’autore, la quale prevede espressamente che gli autori debbano essere contattati per ottenere il consenso alla pubblicazione delle loro opere. Essi, per numerosi motivi indicati dalla stessa legge (n.633/41), potrebbero anche opporsi e negare il consenso.
Ugualmente non costituisce eccezione il fatto che il noto quotidiano nazionale abbia inserito nel volume una dicitura dichiarandosi disponibile verso gli aventi diritto che non siano stati contattati.
Sostanzialmente la violazione della normativa sul diritto d’autore da parte del Corriere è pacifica, tant’è che sono state fornite le scuse ai fumettisti coinvolti nella vicenda.
Non costituisce, infine, eccezione il carattere d’urgenza della pubblicazione, contingente ai gravi fatti di cronaca provenienti dalla Francia. Buona parte dei fumettisti scelti per il volume, infatti, sono facilmente reperibili on-line.
Detto questo, occorre fare un passo avanti.
Ancora una volta ci troviamo di fronte al fatto che il mondo del fumetto non è apparso attrezzato a fronteggiare eventuali lesioni e violazioni dei propri diritti. Anzi, a volte questi diritti rimangono sconosciuti ai più.
Questo perchè nelle scuole d’arte e di fumetto non si insegna il diritto d’autore e un po’ perchè gli artisti tendono a sottovalutare tali questioni. Eppure diritto d’autore e contratti editoriali sono argomenti le cui basi dovrebbero far parte del bagaglio culturale di un artista.
L’aspetto professionale del fumettista è spesso tagliato fuori dalla maggior parte delle manifestazioni a tema, le quali rappresentano sì efficaci e divertenti calderoni commerciali di intrattenimento, ma poco offrono sotto il profilo della professionalità. Il modo stesso in cui viene rappresentato il fumetto nelle fiere italiane lo rende agli occhi della massa come un hobby, un divertimento, un gadget da collezione.
A questo si aggiunge che la legge sul diritto d’autore non è mai stata modificata in modo da contemplare l’inserimento specifico dell’arte a fumetti tra le opere creative tutelabili. Alla tutela del diritto d’autore nelle opere a fumetti ci si arriva per estensione analogica della stessa legge.
Un abisso quindi tra l’Italia e la Francia, dove il fumetto non è visto solo come un’arte di primissimo livello ma anche come una professione ben tutelata.
Insomma ancora una volta i fumettisti italiani si sono accorti dei loro diritti solo quando essi sono stati lesi nuovamente. E il fatto che sia stato un grande editore ha commettere tale leggerezza, che pur di fumetti se ne intende, la dice lunga su quanto le eventuali reazioni del mondo del fumetto possano essere tenute in considerazione.
Nelle ore successive a questa vicenda abbiamo assistito alle più diverse reazioni dei fumettisti fatte di commenti sparsi, mai univoci, ognuno per conto proprio, chi alzava la voce, chi voleva solo capire il reale scopo benefico del Corriere, chi, al contrario, chiamava il Corriere per ringraziare!
Per carità, tutti hanno fatto bene a dire la loro e a difendere il proprio diritto d’autore ma il caos della vicenda ci dimostra che al mondo del fumetto manca una seria rappresentanza ma anche una consapevolezza e voglia di approfondire e conoscere i temi giuridici della professione.
Manca un’associazione, un sindacato, un’assistenza legale, una voce il più possibile univoca che pesi in queste situazioni. Nonostante i numerosi tentativi svolti in passato da alcuni autori e professionisti, le varie realtà nate in tal senso sono via via scomparse.
Durante il dibattito relativo alla vicenda del Corriere, in molti hanno evocato la “causa giudiziaria”. Ecco, il nostro Paese è quello del “ti faccio causa” senza sapere a cosa si va incontro.
Per una vicenda come questa, ad esempio, ogni fumettista che intenti una causa contro il Corriere andrebbe incontro ad anni di giudizio con costi elevatissimi e con risultati incerti, non perchè non sussista la pretesa giuridica ma per l’esiguità del risarcimento che potrebbe essere alla fine concesso.
In pochi sanno, invece, che per la proprietà intellettuale sta iniziando a riscuotere un certo successo l’istituto della mediazione civile, molto più pratico e veloce oltre che economico. Con la mediazione è possibile incontrarsi con l’altra parte davanti ad un terzo imparziale (il mediatore) e ragionare (ragionare, non sentenziare chi ha ragione o torto) su una soluzione soddisfacente per tutti. Diverse “cause” editoriali sono state risolte brillantemente con la mediazione.
Se i fumettisti fossero uniti all’interno di un’associazione che fornisca assistenza legale in questo senso, ad esempio, una mediazione collettiva con il Corriere avrebbe potuto risolvere al meglio la questione.
Da alcuni anni, insieme ad altri professionisti del mondo legale, accademico e artistico, ho dato vita all’associazione RegolaKreativa, che si prefigge, senza alcun fine di lucro, lo scopo di tutelare i diritti degli artisti, in particolare di chi opera nelle professioni grafiche. Abbiamo coniato e creduto nell’affermazione che “L’arte è una professione”. Iscriversi ad un’associazione di categoria come RegolaKreativa significa trovarsi maggiormente preparati a prevenire ed affrontare eventuali violazioni dei propri diritti o a sciogliere dubbi su contratti editoriali e vicende professionali legate al diritto d’autore.
E’ importante quindi conoscere i propri diritti ma anche saperli difendere con azioni che dimostrino l’autorevolezza dell’ambiente professionale del fumetto, lasciando una volta per tutte da parte l’improvvisazione e la mancanza di coordinamento che l’ha finora, ahimè, contraddistinto.

Salvatore Primiceri

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