di Giovanni Reho – Una varietà vegetale è un insieme vegetale nell’ambito di un unico taxon botanico del più basso grado conosciuto. Essa deve tuttavia differire da tutte le altre e al contempo deve presentare le stesse caratteristiche degli altri esemplari della medesima specie.
Un diritto di esclusiva su una nuova varietà vegetale (cd. privativa) deve avere i seguenti requisiti:
novità: la varietà si reputa nuova quando alla data di deposito della domanda il materiale di riproduzione o di moltiplicazione vegetativa, o un prodotto della raccolta della varietà, non è stato commercializzato da oltre un anno sul territorio nazionale o da oltre quattro anni in qualsiasi altro Stato (nel caso di alberi e viti da oltre sei anni);
distinzione: la varietà si reputa distinta quando si contraddistingue nettamente da ogni altra varietà la cui esistenza, alla data di deposito della domanda, sia notoriamente conosciuta;
omogeneità: la varietà si reputa omogenea quando è sufficientemente uniforme nei suoi caratteri pertinenti e rilevanti;
stabilità: la varietà si reputa stabile quando i caratteri pertinenti e rilevanti rimangono invariati in seguito alle successive riproduzioni o moltiplicazioni.
La definizione di varietà vegetale, così come le specifiche relative ai requisiti necessari per ottenere una privativa (art. 100 e segg. del CPI) sono in gran parte mutuati dalle Convenzioni UPOV (l’Unione Internazionale per la protezione delle nuove varietà vegetali, di cui l’Italia è membro dal 1977).
La nuova varietà vegetale deve essere indicata con una denominazione adeguata, secondo quanto disposto dall’art. 114 del CPI, che rimanda alle regole generali stabilite in sede UPOV (in particolare l’art. 20 della Convenzione UPOV 1991).
La denominazione del nuovo botanico è fondamentale ai fini della sua commercializzazione e della stessa iscrizione nel registro varietale, con validità ed efficacia in tutti i Paesi aderenti alla Convenzione UPOV.
Il nuovo nome della varietà vegetale non deve violare i diritti dei terzi o creare confusione ovvero indurre in errore circa le caratteristiche della varietà.
Di notevole importanza il rapporto tra denominazione varietale e marchio, in quanto la legge esclude che la denominazione del botanico possa essere anche registrata come marchio d’impresa. È tuttavia ammesso che ai fini della commercializzazione del prodotto la denominazione generica della varietà sia associata al marchio, a condizione che la denominazione varietale sia facilmente riconoscibile.
Le nuove varietà vegetali vengono tradizionalmente tutelate nei paesi europei ricorrendo ad un titolo di privativa, il cosiddetto brevetto vegetale, concesso secondo i criteri della Convenzione UPOV adottata nel 1961 e che a livello comunitario è gestito da una apposita agenzia denominata CPVO.
In Italia la tutela brevettuale delle varietà vegetali è disciplinata dagli artt. 100 e segg. del D. Lgs. n. 30/2005 (“Codice della Proprietà Industriale”).
Al momento della creazione o della scoperta di una nuova varietà vegetale il cd. costitutore deve inoltrare la domanda per la concessione di una privativa all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) o presso UCVV, a seconda che egli voglia acquisire tali diritti sul territorio italiano oppure anche in quello dell’Unione europea.
È esclusa la brevettabilità della varietà vegetale come prodotto ovvero dei procedimenti che sono il risultato biologico dovuto ad un fenomeno intrinseco e naturale, come ad ed esempio un incrocio o una selezione. È invece oggetto di brevetto ogni procedimento di natura tecnica da cui derivi una modifica genetica vegetale.
La privativa varietale attribuisce al suo costitutore un diritto esclusivo sui seguenti atti compiuti in relazione al materiale di riproduzione o di moltiplicazione della medesima varietà protetta: (i) produzione e riproduzione; (ii) condizionamento a scopo di riproduzione o moltiplicazione; (iii) offerta in vendita, vendita o qualsiasi altra forma di commercializzazione; (iv) esportazione o importazione; (v) detenzione per uno di tali fini.
La tutela non si estende solo al prodotto della raccolta (misura efficace nel caso in cui il costitutore non abbia potuto ragionevolmente esercitare il proprio diritto in relazione al materiale di riproduzione o moltiplicazione), ma anche alle varietà essenzialmente derivate da quella protetta o che non si distinguono nettamente da quest’ultima, nonché alle varietà la cui riproduzione necessita del ripetuto impiego della varietà protetta.
Allo scopo di bilanciare il diritto di tutela del costitutore con la necessità di non compromettere gli spazi di ricerca e di sperimentazione in campo agricolo, sono previsti alcuni limiti al diritto di esclusiva del costitutore.
Le cd. “utilizzazioni libere” sono un limite legale al diritto di privativa del costitutore quando esse si limitino ad un ristretto ambito privato senza scopo di lucro ovvero a ragioni meramente sperimentali.
Altro limite legale è rappresentato dalle cd. “licenze obbligatorie”. Ai sensi dell’art. 115 C.P.I., il diritto del costitutore può formare infatti oggetto di licenze obbligatorie “non esclusive”.
Quando una determinata varietà vegetale viene considerata utile per motivi di interesse pubblico (alimentazione umana o del bestiame; uso terapeutico o medicinale) può essere stabilita una licenza in favore dello Stato che, con decreto ministeriale, può adottare in via non esclusiva la nuova varietà vegetale riconoscendo un equo compenso al suo costitutore.
La privativa del costitutore ha una durata di venti anni a partire dalla data di concessione. Nel caso di privativa europea la durata della privativa è di venticinque anni (di trent’anni per gli alberi e le viti anche per la sola privativa nazionale).
La tutela della privativa varietale opera dal momento in cui la domanda viene resa accessibile al pubblico o comunque nei confronti dei soggetti cui la stessa è stata notificata. Tale previsione ha lo scopo di tutelare il costitutore dai tempi non sempre prevedibili (per la complessità tecnica ed amministrativa del procedimento asseverativo) che possono intercorrere tra il deposito della domanda e la concessione del diritto.
La privativa varietale può essere oggetto di libera utilizzazione e commercializzazione da parte del costitutore anche mediante comuni contratti di licenza ovvero di vera e propria cessione del diritto in favore di terzi.
Giovanni Reho
rehoandpartners
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