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fafa(di Giuseppe La Rosa) I primi dati di ottobre sulla disoccupazione negli Usa sono risultati ben oltre le stime degli esperti. La disoccupazione è calata al 5%, cifra che gli economisti considerano soglia della piena occupazione, per un sistema economico efficiente.

Lo scorso settembre i posti di lavoro in più erano stati 142 mila e la disoccupazione si era attestata al 5,1%. Per il mese di ottobre si era parlato di aumenti attorno alle 180 mila unità, invece, i posti di lavoro hanno registrato un boom di 271 mila unità, circa 90 mila in più rispetto alle previsioni.

Il 5% raggiunto è il livello più basso rilevato  dall’aprile del 2008, in concomitanza ad una crescita occupazionale mai così massiccia dal 2000. Negli ultimi mesi gli Usa sono riusciti a far incrementare di  ben otto milioni i posti sul mercato del lavoro e anche i salari dei lavoratori hanno registrato una crescita del 2,5% su base annua, dato migliore dal 2009.

Tutto ciò lascia credere che l’aumento dell’inflazione da parte della Banca centrale (Federal Reserve) possa avviarsi a breve, per raggiungere l’obiettivo del 2%. Si parla ormai da mesi della possibilità di un rialzo dei tassi che comunque vadano le cose si attende per fine 2015.

Non tutti i dati, però, lasciano sperare un’uscita definitiva dalla crisi occupazionale. Gli unici elementi negativi riguardano una delle componenti fondamentali nel contesto socio-economico di una nazione, e cioè, la partecipazione della forza lavoro, attestata a livelli di poco al di sopra del 60%, ai minimi rispetto agli ultimi 40 anni.

Gli americani in cerca di occupazione, secondo diversi studi, sono diminuiti drasticamente; ecco spiegato il perché ci sia un tasso di disoccupazione così basso. Numerose fette di popolazione inattiva contribuiscono a questo crollo, a dimostrazione del fatto che la tanto sbandierata ripresa degli Stati Uniti sia frutto più di espedienti statistici.

Studiando al dettaglio i dati, ci si rende conto che il trend americano non è poi molto diverso da quello europeo. L’America, pur essendo il paese più ricco del mondo, ha tassi di povertà molto elevati con larghe fasce di cittadini alla ricerca di semplici lavori per stipendi minimi e indispensabili per la sopravvivenza.

Gli ultimi dati stimano più di  45 milioni di famiglie povere, con un redditi inferiori ai 24 mila dollari, e tra questi, circa 20 milioni che vivono in condizioni estreme, con  appena 12 mila dollari per vivere. La sicurezza del lavoro fisso  è ormai reputata una cosa appartenente al passato e la stragrande maggioranza delle aziende americane considera i propri lavoratori come semplici fattori produttivi, da sfruttare  in base alle preferenze e all’andamento del mercato.

L’esito è chiaro, ci sono sì più posti di lavoro, ma tutti pagati peggio e qualitativamente inferiori rispetto agli impieghi delle passate generazioni. Il mutamento non è di poco conto, dato che in tutto, circa metà della popolazione vive al limite della sussistenza.

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