di Avv. Giovanni Reho e Avv. Laura Summo – Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. I civile, n. 17903/2023, pubblicata il 22 giugno 2023, afferma che il percorso terapeutico per superare le fragilità dei genitori in relazione alla cura e crescita dei figli, non può essere imposto dal giudice ma deve essere lasciato al buon senso della madre e del padre.
Capita frequentemente che per nuclei familiari con dinamiche fortemente conflittuali in grado di minare la serenità dei minori e compromettere il corretto esercizio del ruolo genitoriale, il giudice – nell’ambito dei procedimenti di separazione e divorzio – prescriva ai genitori un percorso di sostegno alla genitorialità. L’invito giudiziale può essere individuale o rivolto ad entrambi i genitori ed è considerabile uno strumento di tutela a favore dei soggetti più vulnerabili, a garanzia del corretto svolgimento del ruolo educativo.
Ebbene, quello che viene normalmente considerato un contributo positivo del giudice ad una migliore gestione e consapevolezza del proprio ruolo nei confronti dei figli, con la sentenza in commento è oggetto di una nuova e più ampia visione.
La Corte di Cassazione, infatti, sostiene che il consiglio del giudice di intraprendere un percorso psicoterapeutico, seppure non vincolante, può porsi in contrasto con i principi costituzionali della libertà personale (art. 13 Cost.) e del diritto alla salute, ovvero il diritto di compiere scelte libere e consapevoli in merito all’esecuzione di trattamenti sanitari (art. 32 Cost.).
I percorsi di sostegno “psico-familiare” corrono il rischio di avere un ruolo condizionante nei confronti dei genitori, idonei ad incidere sulla libertà di autodeterminazione alla cura della propria persona.
Tale principio, tuttavia, non si pone in contrasto con l’intervento giudiziale finalizzato a ridurre la conflittualità dei genitori mediante la richiesta di intervento e affidamento del nucleo familiare ai servizi sociali, in quanto tale prescrizione sarebbe finalizzata all’eventuale modifica dei provvedimenti assunti dal giudice nell’interesse dei minori.
Diversamente, la prescrizione di un percorso individuale o congiunto di psicoterapia persegue uno scopo estraneo al giudizio ovvero quello di realizzare la piena e consapevole maturità delle parti dal punto di vista personale e/o genitoriale: scelte che devono essere rimesse esclusivamente al diritto di autodeterminazione di ogni individuo.
La lettura costituzionalmente orientata fornita dalla sentenza in commento è certamente finalizzata a definire gli scopi perseguiti e perseguibili tramite la giustizia, distinguendoli da quelli propri di altre professioni. L’obiettivo della pronuncia in commento è anche quello di rimarcare l’esigenza di tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. È vero, tuttavia, che psicologia e diritto possono giungere a confini coincidenti quando si tratta di gestire un conflitto genitoriale in un nucleo familiare caratterizzato da importanti problematiche personali e relazionali e che, seppure con distinti campi di intervento, è sempre auspicabile un trattamento della famiglia di natura interdisciplinare.
In tale ottica le prescrizioni del giudice sono senz’altro finalizzate all’esclusivo benessere dei minori e dei figli, ma è importante considerare che ogni invito ad un percorso terapeutico psicoterapia non può costituire un indiretto condizionamento all’esecuzione di un trattamento sanitario, la cui opportunità deve essere valutata esclusivamente dall’interessato, con l’effetto tuttavia di eccessiva garanzia della libertà personale dei genitori, frustrando le legittime esigenze di tutela e protezione di cui i minori necessitano.
È sempre auspicabile invece un equo bilanciamento di contrapposti diritti e interessi, entrambi meritevoli di tutela e di protezione costituzionale aspetto che in verità difficilmente sfugge al giudice della famiglia in grado di valutare in modo ponderato e responsabile i diversi piani del problema.
La libertà personale non è infatti una zona franca nella quale l’individuo può agire senza il rispetto di altre priorità, che riguardando soggetti vulnerabili devono invece prevalere, con la conseguenza che l’intervento del giudice in questi casi non solo è auspicabile ma anche doveroso.
Avv. Giovanni Reho – Avv. Laura Summo
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