Un turbinio di paillettes, luci colorate, champagne e danze scatenate.
Questo è quello che ci colpisca del The Great Gatsby di Baz Luhrmann, un film che ha lasciato perplessa la critica ed entusiasmato il pubblico.
Basato sull’omonimo romanzo di F. Scott Fitzgerald, The Great Gatsby è un film sicuramente travolgente e interpretato da un Di Caprio in ottima forma.
Quando si vociferò dell’uscita di questo film e i protagonisti non erano ancora stati scelti, in molti si erano immaginati il famoso Jay Gatsby con il volto di Di Caprio.
Leonardo Di Caprio è Jay Gatsby. Un giovane misterioso, un passato sconosciuto (e spesso anche il volto), una ricchezza smisurata, un sorriso sincero, un amore puro e una voglia di vivere che andava oltre la speranza.
Questo era il Gatsby descritto da Fitzgerald. Nel romanzo non è il protagonista sebbene dia il titolo al libro, e il film riproduce lo stesso modus operandi.
Probabilmente molti dei critici non hanno capito appieno il libro, o non l’hanno mai letto, per poter criticare così aspramente questo film pieno di luccichii. Spesso il libro è stato giudicato sottile, con una trama di poco spessore, inconsistente. Ignorando che è questa la sua forza.
Lo scopo di Fitzgerald era quello di portare allo scoperto l’ipocrisia della vecchia borghesia in contrasto con la bontà sincera dei nuovi giovani ricchi.
Gatsby non è il protagonista, e Luhrmann rispetta questo desiderio.
E’ il contesto, la vera storia. E’ l’epoca, sono gli anni ’20 il vero soggetto. Non è la trama.
E se alla fine lo spettatore si ricorderà dell’ipocrisia e della bontà di quei scintillanti anni ’20 allora Luhrmann ha espresso in pieno il desiderio di Fitzgerald.
Come si dice, un buon critico cinematografico dovrebbe prima leggere (e capire) il libro e poi considerare il film.
Alessandra Busanel
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