(di Giuseppe La Rosa) L’avvertimento degli analisti è chiaro. Il debito mondiale continua ad aumentare e il nostro Paese rimane in prima linea tra gli Stati più indebitati a livello globale. L’allarme arriva dagli esperti di Scotiabank, la terza banca più grande del Canada per depositi e capitalizzazione di mercato con più di 23 milioni di clienti in 55 paesi in tutto il mondo.
Dopo la crisi finanziaria del 2007, la più grave dal Dopoguerra, il debito mondiale complessivo è aumentato esponenzialmente, con un incremento di quasi 60mila miliardi di dollari fino al 2015. Per un totale che oggi ammonta a circa 200mila miliardi di dollari, tre volte Prodotto interno lordo globale.
Analizzando i debiti sovrani è necessario sottolineare come non conti la dimensione totale dell’indebitamento ma, piuttosto, l’effettiva sostenibilità nel lungo periodo. Gli indicatori di sostenibilità del debito mostrano la capacità di rimborsare i prestiti soprattutto grazie alla crescita dell’economia.
Per tale motivo, la Scotiabank, guardando ai dati, mostra come il nostro paese sia al terzo posto al mondo, con un rapporto debito/Pil al 135,80%, dopo il Giappone (227,90%) e la Grecia (182%). A seguito si trovano in ordine: Portogallo (129%), Belgio (107%), Singapore (105%), Irlanda (101%), Spagna (101%), Francia (98%), Canada (95,40%) e Gran Bretagna (90,6%).
Un altro paese molto indebitato è la Cina, con un rapporto debito/Pil pari al 283%. Un debito che nonostante l’entità e l’aumento esponenziale negli ultimi otto anni risulta sostenibile, a differenza dei paesi inseriti nella lista nera della banca canadese. L’ampio margine di sostenibilità è garantito dall’alto tasso di crescita annuale del Pil, attorno all’8%, che permette ai cinesi di poter ripagare i creditori.
L’ingente massa di debiti, fra privato e pubblico, preoccupa comunque l’Occidente, in quanto un rallentamento dell’economia cinese, seppur improbabile, potrebbe causare un crack della finanza Orientale, trascinando il mondo in una nuova devastante crisi finanziaria. Dal canto loro, i paesi occidentali (Stati Uniti, Europa e Giappone) complessivamente oltrepassano i tre quarti del debito pubblico globale, ben il 75% del totale.
Gli esperti evidenziano come tale tendenza del debito mondiale sia evidentemente insostenibile. Poiché “storicamente, un rapido aumento dei livelli di debito in genere si traduce in una crisi finanziaria o di un rallentamento prolungato della crescita del Pil.”
Per gli analisti, sono state soprattutto le politiche monetarie espansive, attuate dalle banche centrali, ad evitare che il mondo cadesse in un’ulteriore crisi finanziaria. Ma, se da un lato le politiche accomodanti, con i tassi d’interesse pressoché allo zero, hanno sostenuto l’economia globale; dall’altro, le massicce immissioni di liquidità (quantitative easing) hanno condotto imprese, famiglie e i Governi a indebitarsi sempre più, in una spirale senza fine.
“La politica monetaria allentata dovrebbe fornire finanziamenti a buon mercato per gli investimenti, che in ultima analisi dovrebbero creare posti di lavoro e stimolare la crescita economica. Tuttavia, quando c’è visibilità limitata sul futuro, come è successo negli ultimi anni, gli investimenti tarderanno”.
Pertanto, mantenere bassi i tassi di interesse vuol dire sostanzialmente attendere che gli investimenti ripartano, cioè sperare in un miglioramento futuro della fiducia da parte degli operatori per risollevare l’economia. Una situazione che, almeno fino a questo momento, non si è verificata e ha prodotto come risultato finale la crescita del debito mondiale.
La politica monetaria può contenere gli effetti recessivi dell’andamento economico ma è efficace solo nel breve periodo. In realtà, invece, appare sempre più chiara la necessità di affrontare la sfida economica di questo momento storico con politiche strutturali e a lungo termine, che inducano ad uno sviluppo sostenibile, uscendo dalla spirale del debito inteso come unico motore della crescita.
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