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Invitata a partecipare alla trasmissione L’Inchiesta di RaiNews, nella puntata dedicata al carcere e alla condanna europea, l’onorevole e deputata Radicale Rita Bernardini ha ricordato come l’amnistia e l’indulto stiano divenendo di per sé una riforma strutturale stante la situazione attuale della giustizia nel nostro paese.

“È vero che siamo costantemente condannati dalla Corte europea per trattamenti inumani e degradanti nelle carceri – ha spiegato la Bernardini – ma siamo anche condannati da decenni per l’irragionevole durata dei processi. C’è un sistema, una giustizia, che non funziona”. Solo nel campo penale, sono oltre 5 milioni i processi penali pendenti: di questi ogni anno ne cadono in prescrizione oltre 160.000. Un’amnistia a tutti gli effetti di cui nessuno si prende la responsabilità. “Si tratta solo di vedere a quanti anni la si vuole stabilire – prosegue la deputata Radicale – Occorre dare finalmente le basi per una riforma della giustizia che non penalizzi i cittadini come fa quella attuale. Ad oggi, la nostra immagine in Europa viene costantemente distrutta”.  Lampante l’esempio nel ramo civile: chi oggi viene ad investire in Italia, lo fa sapendo che per riscuotere un credito è necessario il triplo o il quadruplo del tempo richiesto negli altri paesi europei. Un paese in ginocchio nel quale un’infrastruttura importante, la giustizia, non funziona assolutamente. Altro esempio significativo è quello relativo alla recidiva nelle carceri. “Il carcere vissuto come viene vissuto oggi produce una recidiva superiore al 75% – sottolinea Bernardini – mentre chi sperimenta misure alternative anche alla detenzione domiciliare ha una recidiva molto più bassa. D’altronde, basti pensare che il 30% dei detenuti delle nostre carceri è costiuito da tossico-dipendenti, che avrebbero bisogno di tutt’altro tipo di trattamento, dal momento che appena escono dal carcere tornano inevitabilmente a delinquere”. Per la Bernardini se non si interviene subito sulle norme si profila il disastro. “Sono trent’annni che veniamo condannati dalla Corte Europea per violazione dell’articolo 6 e che il Comitato dei ministri del Consiglio Europeo continua a chiederci riforme strutturali. È arrivato il momento di intervenire”.

Damiano Corò

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