di Avv. Giovanni Reho – L’obiettivo della legge 26 novembre 2021 n. 206 di imprimere al processo civile “semplificazione, speditezza e razionalizzazione” riguarda anche il processo del lavoro con forte accentuazione nei giudizi di reintegrazione nel posto di lavoro.
Dal 28 febbraio 2023, esclusa la possibilità di avvalersi del Rito Fornero definitivamente abrogato, l’art. 441 bis c.p.c. riconosce un diritto di precedenza alla domanda di reintegrazione del lavoratore licenziato.
La norma prevede infatti che “La trattazione e la decisione delle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti nelle quali è proposta la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro hanno carattere prioritario rispetto alle altre pendenti sul ruolo del giudice anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto”.
La specialità del percorso processuale nella trattazione prioritaria dei ricorsi aventi ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti prescinde dalla natura formale del rapporto di lavoro e dalla questione di merito oggetto della controversia, estendendosi infatti a tutti i casi in cui sia pregiudiziale l’accertamento della natura sostanziale del rapporto.
L’espressione “licenziamenti” sembra riferirsi non solo al licenziamento in senso stretto, ma ad ogni altra forma di recesso o di cessazione dal rapporto di lavoro, comprendendo tutte le ipotesi in cui il lavoratore, impugnando l’atto di recesso, pretende di ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro, a prescindere dalla forma o denominazione del rapporto di lavoro.
Questa scelta legislativa pone alcuni dubbi. Se infatti può comprendersi l’obiettivo di conseguire una accelerazione del giudizio di reintegrazione del lavoratore subordinato non è invece altrettanto coerente rispetto agli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione quella di consentire, di fatto in modo indifferenziato, la trattazione prioritaria a tutte le forme di recesso datoriale nell’ipotesi in cui il rapporto di lavoro abbia avuto tra le parti forma e denominazione autonoma. Come noto in questi casi, la fase istruttoria può essere articolata e complessa, con possibilità di non facilitare celerità e concentrazione del giudizio.
Ad ogni modo, la previsione normativa che consente una corsia privilegiata ai giudizi di reintegrazione nel posto di lavoro ha inteso introdurre diversi elementi acceleratori.
Il giudice può ridurre sino alla metà i normali termini di comparizione delle parti e può dimezzare i tempi del procedimento, fatto salvo il termine minimo perentorio tra la data di notifica del ricorso al convenuto (o al terzo chiamato in causa) e la data di discussione della causa. Ne consegue che lo stesso termine di costituzione della parte convenuta sarà ridotto della metà.
Nel rispetto del principio dispositivo, saranno fondamentali le ragioni per le quali la parte ricorrente assume la necessità di una particolare accelerazione del processo. La riduzione dei termini sarà la conseguenza di una valutazione del giudice sulla bontà delle ragioni per le quali il lavoratore invoca speditezza.
È evidente che la norma in tal senso può avere l’effetto di assorbire la rilevanza di ricorsi cautelari o d’urgenza, che di fatto continuano ad essere ammissibili, anche se, teoricamente, di utilità ridimensionata alla luce delle nuove prospettive di speditezza e concentrazione sopra esaminate.
Non sono mancate critiche alla nuova disposizione in tema di effettività del contraddittorio, sulla considerazione che i tempi di costituzione del convenuto possono essere molto ridotti nell’ambito di un processo che prevede molti rischi di decadenze.
Da segnalarsi il parere della Sesta Commissione nella seduta del 21 settembre 2022 che giudica non condivisibile la disciplina acceleratoria solo per le ipotesi di recesso datoriale, non estesa anche a tutti i casi di domanda di riammissione in servizio (ad esempio in caso di impugnazione del contratto a termine o di tirocinio) oppure quando il ricorrente esperisca una domanda di condanna all’assunzione ex art. 2932 c.c. come ad esempio nel caso di passaggio ad altro cantiere.
Il ricorso introduttivo del lavoratore e la costituzione del datore di lavoro seguiranno il classico schema previsto dagli artt. 414 e 416 del c.p.c.
Il ricorrente può introdurre ulteriori domande che riguardino ad esempio ipotesi di differenze retributive per qualunque ordine di violazione normativa e contrattuale.
In relazione alle esigenze di celerità anche prospettate dalle parti, nel corso dell’udienza di discussione, il giudice può disporre la trattazione congiunta di eventuali domande connesse o riconvenzionali oppure la loro separazione. In ogni caso, dovrà essere assicurata la concentrazione del processo tra la fase istruttoria e quella decisoria in relazione alle sole domande di reintegrazione nel posto di lavoro. Saranno a tale scopo riservati specifici giorni del calendario di udienza il più possibile ravvicinati.
Allo scopo di attuare la massima accelerazione dei giudizi per la reintegrazione del posto di lavoro, il presidente di sezione e il dirigente dell’ufficio giudiziario devono adottare ogni schema organizzativo necessario a “favorire” e “verificare” la reale realizzazione degli obiettivi previsti dalla legge.
Potranno essere adottati strumenti di controllo statistico trimestrali che consentono di verificare la durata media dei processi di reintegrazione nel posto di lavoro rispetto ad ogni altro domanda giudiziaria pendente.
Con la nuova norma e il superamento del Rito Fornero è evidente l’intento del legislatore di valorizzare l’effettività della tutela che si sposta dal diritto all’indennità risarcitoria al diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.
Non si esclude il rischio di difficoltosa realizzazione degli intenti di speditezza e di concentrazione del processo. Molti ricorsi, anche al fine di avvalersi della corsia cd. veloce di trattazione, potranno contenere una domanda di reintegrazione del posto di lavoro senza che il giudice possa avere il potere di discriminare, con una sorta di filtro, preliminare le domande realmente fondate da quelle che hanno il solo scopo di ottenere un mero vantaggio acceleratorio.
Avv. Giovanni Reho
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