di Stefano Bassi – Alla recente Frankfurter Buchmesse, il Centro Studi dell’Associazione Italiana Editori (AIE) ha presentato il rapporto sull’editoria italiana per il 2023, un documento che illumina sia le conquiste sia le criticità del settore. Il presidente dell’AIE, Innocenzo Cipolletta, evidenzia come l’industria del libro italiana sia oggi un mercato più vasto e centrale rispetto all’era pre-pandemica, con un valore complessivo vicino ai 3,5 miliardi di euro e una crescita del +1,1% rispetto al 2022. Tuttavia, una lettura più approfondita dei dati sottolinea una discrepanza significativa nella distribuzione del mercato, che merita attenzione.
In Italia nel 2023 sono stati pubblicati ben 85.192 titoli, ma solo 8.700 editori hanno venduto almeno una copia. Questo dato, che rivela una polarizzazione nella capacità di vendere, porta a chiedersi se l’industria editoriale italiana non sia, in parte, monopolizzata da pochi grandi gruppi. Questa concentrazione delle vendite suggerisce infatti che molti editori, soprattutto medio-piccoli, incontrano ostacoli notevoli nella distribuzione e nella promozione dei propri titoli. La quantità di pubblicazioni supera la capacità di assorbimento del mercato o, in alternativa, indica che la domanda si focalizza su una selezione limitata di titoli, spesso promossi dai grandi attori del settore.
Cipolletta sottolinea che negli ultimi anni si è ampliata l’offerta, anche grazie alla diversificazione dei generi e alla capacità di attrarre nuovi lettori. Il romance, il fantasy e il fumetto, tra gli altri, hanno saputo coinvolgere target diversi e dinamici, inclusi i più giovani. La domanda stessa di lettura è cambiata, spostandosi verso un consumo sempre più concentrato sul catalogo e meno sulle novità, con il 65% della spesa dei lettori dedicato a titoli già in circolazione. Questo nuovo comportamento riflette un’evoluzione culturale, dove i lettori sembrano preferire stabilità e approfondimento piuttosto che inseguire continuamente le ultime uscite.
Nonostante ciò, il contesto generale resta incerto. L’Italia si colloca solo all’undicesimo posto in Europa per percentuale di lettori e soffre di problemi strutturali legati all’istruzione e alla scarsa propensione alla lettura. Secondo il rapporto, i giovani lettori mostrano un interesse crescente per i libri, spesso influenzati dalle tendenze social come il fenomeno del BookTok. Tuttavia, la domanda è in parte contenuta dai recenti cambiamenti nelle politiche di incentivo alla lettura. L’introduzione della Carta della cultura giovani e della Carta del merito, che hanno sostituito la 18app, ha portato a una diminuzione della spesa dedicata all’acquisto di libri da parte dei giovani, impoverendo, almeno in parte, le ricadute economiche sull’intero settore.
Infine, emerge una nota positiva sull’internazionalizzazione. Le case editrici italiane oggi esportano circa 8.000 titoli l’anno, un progresso notevole rispetto agli appena 1.800 del 2001. Tuttavia, il sostegno pubblico alla traduzione e alla diffusione internazionale dei titoli italiani resta limitato rispetto a quello di altri Paesi. La spinta all’internazionalizzazione è forte, ma per consolidare questi successi, Cipolletta suggerisce un incremento dei fondi pubblici per traduzioni e promozione estera, per affrontare la storica fragilità del mercato editoriale italiano.
In conclusione, il rapporto della AIE fotografa un settore vitale e in espansione, ma ancora in bilico tra ambizioni di crescita e persistenti ostacoli. Il boom di titoli pubblicati rispetto a quelli effettivamente venduti sottolinea un mercato polarizzato, dove solo una parte della produzione raggiunge i lettori. Questa realtà richiede riflessioni strategiche per promuovere una distribuzione più equa e favorire l’accesso alla lettura, in modo che il libro possa continuare a fungere da bussola in un mondo sempre più complesso.
Stefano Bassi
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