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mtpOrmai è ufficiale la notizia che il Gruppo Pirelli ha deciso di lasciare il patto di sindacato, forse per liberare le sue quote azionarie, corrispondenti al 1,79% del capitale sociale di Mediobanca, anche in vista del lancio della sua IPO e del rientro alla Borsa di Milano, atteso per Ottobre.

Anche se nella nota pubblicata sul sito del Gruppo non sono state esplicitate le motivazioni di questa uscita anticipata, essa si colloca all’interno di quel processo di trasformazione e fermento che sta interessando il gruppo bancario milanese, che appare sempre più interessato a liberarsi dei legami e degli intrecci da grande holding e a guadagnarsi la sua indipendenza, orientandosi verso un business bancario più moderno e in linea con le nuove frontiere del capitalismo attuale.

 Anche il numero uno del Gruppo della Bicocca, l’AD Marco Tronchetti Provera, non ha lasciato trapelare nulla sul perché la dirigenza Pirelli abbia deciso di avvalersi della possibilità di disdetta anticipata dall’accordo, possibile entro la finestra del 30 Settembre, come ultima chance per gli azionisti prima del rinnovo biennale del patto stesso. Di sicuro alla fuoriuscita di Pirelli dall’accordo di Piazzetta Cuccia, seguirà il suo abbandono della carica di Vice Presidente di Mediobanca, ricoperta fin dal 2007.

Il rinnovo del patto

Nonostante l’addio di Pirelli, in mano agli azionisti aderenti al patto resterà almeno il 29% del capitale sociale di Mediobanca, ben al di sopra della soglia limite del 25%, fissata dal regolamento dell’accordo di sindacato e necessaria per l’automatico rinnovo biennale, che scadrà il 31 Dicembre 2019.

L’assemblea del patto, che si è riunita lo scorso 22 Settembre per elaborare la lista dei candidati per il nuovo Consiglio di Amministrazione e per deliberare su alcune nuove disposizioni e indicazioni che riguardano il futuro del patto stesso e il ruolo dell’azionariato all’interno del Gruppo, ha comunicato che ha preso atto della disdetta di Pirelli e che per ora non ne sono arrivate altre.

La data del 30 Settembre come limite ultimo non spaventa troppo gli azionisti aderenti, anche perché i soci principali, come il Gruppo UniCredit e la finanziaria di Vincent Bolloré, dirigente della società francese Vivendi SA, che detengono rispettivamente l’8,46% e il 7,91% delle quote di Mediobanca, hanno già dichiarato la loro intenzione di rinnovare l’adesione al patto.

Convinti di rimanere sembrano anche la Mediolanum dei Doris, la Edizione dei Benetton, la Fininvest dei Berlusconi, la Sinpar dei Lucchini, la Ferrero e il Gruppo Gavio. L’unica incognita resta la Italmobiliare dei Presenti, la cui sorte verrà decisa nell’assemblea del CdA di fine mese: anche se l’azienda sembra orientata sull’ipotesi di restare nel patto, anche la sua dipartita non comporterebbe un ostacolo per il rinnovo, dato che nelle sue mani c’è solo lo 0,98% delle azioni societarie.

La fine di un’epoca

Alla luce di quest’ultima riunione, il patto di sindacato di Mediobanca verrà rinnovato fino alla fine del 2019, anche se la sua vita potrebbe essere molto più breve. L’assemblea del patto ha infatti approvato la possibilità di una disdetta anticipata per gli azionisti, entro il 30 Settembre 2018.

Questa nuova opzione, che potenzialmente potrebbe portare allo scioglimento dell’accordo entro la fine del prossimo anno, segna in un certo senso la fine di un epoca e di un modello gestionale dei grandi gruppi finanziari nazionali e internazionali. Gli orientamenti presi dalla nuova governance del Gruppo, sembrano infatti mirati ad abbandonare la vocazione salottiera ed esclusiva del passato, per focalizzarsi su un modello di business bancario più snello e aperto, con una gestione svincolata dall’azionariato e di respiro più internazionale, meglio allineata con le tendenze europee.

Il nuovo CdA, tra conferme e novità

In linea con la normativa europea, si collocano infatti le disposizioni e le raccomandazioni che la Presidenza del patto e i consiglieri uscenti hanno lasciato, in vista della votazione del nuovo CdA basato sulla lista di candidati elaborata, attesa per il prossimo 28 Ottobre.

Tra le raccomandazioni avanzate, le prime riguardano proprio la composizione del nuovo consiglio, che passerà da 17 a 15 consiglieri, dei quali almeno 3 dovrebbero essere scelti tra i dirigenti e 9 riconfermati tra gli uscenti, anche per assicurare una certa stabilità nella gestione aziendale. Inoltre, per ottenere maggiori consensi da parte degli investitori internazionali e rafforzare le competenze del board, almeno la metà dei consiglieri dovrebbero essere indipendenti.

Sulla stessa linea, tra le proposte fatte al nuovo CdA entrante, si pone anche quella di valutare l’adozione del sistema monistico, eliminando il collegio sindacale e affidando le sue funzioni a un comitato interno al board, compresa la nomina dei nuovi consiglieri, finora nelle mani dell’azionariato aderente al patto.

Da queste indicazioni è emersa la lista dei candidati per il nuovo CdA, che vedrebbe la conferma, quasi scontata, delle 3 maggiori cariche dirigenziali, con Renato Pagliaro come Presidente, Alberto Nagel come Amministratore delegato e Francesco Saverio Vinci come Direttore Generale. Nei ruoli di vice Presidente si propongo la conferma di Maurizia Angelo Comneno e la nomina di Alberto Pecci, in sostituzione dell’uscente Tronchetti Provera.

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