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Una saga infinita come quella di Star Trek, che non solo si compone di numerose stagioni ma anche di molteplici serie televisive e lungometraggi, ha sempre avuto una particolare attenzione verso un aspetto: l’umanità. Emozioni e sentimenti sono stati evidenziati all’interno in un mondo utopico dove l’essere umano viene esaltato per i suoi aspetti più nobili senza però eliminare quella fallibilità e quella caducità che non possono certo venire meno. L’assenza di denaro, il senso del dovere che spinge ogni individuo a compiere il proprio lavoro al meglio così da contribuire al miglioramento della collettività sono solo alcuni esempi che definiscono perfettamente l’universo creato da Gene Roddenberry.

L’amicizia e il rispetto sono sempre stati valori di massima significazione nella realtà di Star Trek, dando spazio allo sviluppo di importanti rapporti tra personaggi basati proprio su questi semplici quando fondamentali fattori. Il fatto che alcune figure si siano sviluppate nell’arco di anni se non decenni, ha però dato loro una tridimensionalità che solitamente è impossibile raggiungere, una profondità tale che diventano ben più che personaggi ma praticamente esseri in carne e ossa. Il caso di Picard, protagonista di una serie dedicata a lui negli anni dell’ormai agognata pensione, è un esempio lampante. Come si fa a creare qualcosa di nuovo e innovativo con un personaggio così tanto sviluppato e raccontato? Basta avere coraggio e rischiare sfruttando alcuni punti ancora un po’ oscuri del suo passato. Un elemento che ha caratterizzato sempre il personaggio è infatti la sua dote carismatica, il senso di fiducia che inspira in chiunque incontri ma allo stesso tempo una sorta di chiusura caratteriale che lo blocca dal confidarsi con altri: vedere Picard aprirsi con qualcuno è cosa alquanto rara.

A cercare di dare una spiegazione a questo comportamento ci pensa proprio questa season two di Picard, in cui tra mille peripezie, avventure e pericoli, si finisce con lo scoprire pian piano uno dei più importanti episodi dell’infanzia del capitano / ammiraglio, un episodio che lo ha formato e che lo rende umano, fallibile, che spiega le motivazioni di decenni di certi comportamenti. Ma è un elemento così forte, così rivoluzionario che è un’arma a doppio taglio in una ambientazione così fitta di eventi già narrati e da cui non è possibile sfuggire.

Dopo che la prima stagione ha avuto momenti di alti e bassi, la seconda ha deciso di puntare su una trama ancora più articolata e complessa che coinvolge viaggi nel passato e universi alternativi. Nessuno dei due temi è certo nuovo al mondo di Star Trek, ma affrontati in questo modo lo diventano. La trama ha buoni spunti ma non sempre vengono sfruttati al meglio: l’universo in cui Picard e i suoi finiscono, un universo governato da una razza umana autoritaria, dispotica, violenta e xenofoba meritava maggiori attenzioni e uno sviluppo più articolato. L’arrivo e il coinvolgimento di una regina borg poteva dare uno sviluppo molto più complesso al rapporto con Annika (Sette). Per quanto la seconda stagione di Picard sia sempre ottima, lascia un po’ di amaro in bocca per alcune scelte che alla fin fine non si riescono a comprendere, per alcuni sviluppi che sembrano essere stati forzati e per alcune occasioni che sembrano non essere state colte al meglio.

Annika e Picard sono indubbiamente i personaggi meglio sviluppati: ma sono personaggi che ormai i due attori, Jeri Ryan e Patrick Stewart, hanno imparato a calzare alla perfezione e che renderebbero credibili anche solo andando a fare la spesa in un supermercato. Se a questo uniamo le loro doti recitative, diventa impossibile non esaltare le due figure attoriali e le loro interpretazioni. Anche Santiago Cabrera ha modo di far risaltare il suo Cristobal Rios portandolo verso quello che potrebbe essere un epilogo credibile e azzeccato, nel puro spirito Star Trek. Raffi ha un comportamento sempre molto dispotico e imprevedibile, che la rende un personaggio perfetto per quello che si vuole raccontare ma che allo stesso tempo risulta inadatto a ricoprire un ruolo di comando nella Flotta Stellare. Kore ha una sua funzione che si perde completamente e che è fine unicamente a sé stessa. Ma ancora peggio il ruolo di Alison Pill che con l’evoluzione che viene realizzata alla sua Jurati meritava un forte approfondimento in una terza stagione che potrebbe però essere incentrata su ben altro e lasciarla nel dimenticatoio, visto che difficilmente la rivedremo nella third season. Per non parlare di Elnor che manca per praticamente tutta la stagione per comparire alla fine dell’ultima puntata e poi probabilmente non esserci nella terza.

L’effetto nostalgia non viene mai a mancare. Ancora una volta c’è Brent Spiner (con Adam Soong) e arrivano anche Whoopi Goldberg (Guinan) e John de Lancie (Q). Fa la sua comparsa, anche se per meno di una scena, Wil Wheaton con il suo Wesley Crusher. Ma la domanda è: tutti questi spunti, a volte davvero solo buttati là per una manciata di secondi, verranno poi sfruttati o saranno dimenticati e archiviati come una parentesi di cui dimenticarsi?

Se Picard stagione 2 nel complesso resta piacevole, è però composto da tanti tasselli di un mosaico che non sempre combaciano perfettamente nell’insieme, quasi fossero tessere di un puzzle che vanno forzate per incastrarsi tra loro. Il comportamento di Q e la gestione dei suoi poteri resta ancora non proprio chiaro, nonostante la spiegazione finale, così come la regola del non interagire con niente e nessuno per non influenzare il futuro: viene malamente infranta più volte e anche nel peggiore dei modi senza provocare apparenti sconvolgimenti negli eventi a venire.

L’edizione proposta da Paramount e distribuita da Plaion è ottima: un cofanetto con i dischi in alta definizione contenenti anche scene tagliate o estese oltre che piacevolissimi approfondimenti che rendono l’edizione imperdibile per gli appassionati del mondo di Star Trek.

Titolo: Star Trek Picard stagione 2

Distributore: Plaion

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