di Lavinia Reho – “La mia Lolita [….] e la guardai, la guardai , e seppi con chiarezza , come so di dover morire, che l’amavo più di qualunque cosa avessi mai visto o immaginato sulla terra, più di qualsiasi cosa avessi sperato in un altro mondo. Di lei restava soltanto il fievole odor di viole, l’eco di foglia morta della ninfetta sulla quale mi ero rotolato un tempo con grida così forti; un eco sull’orlo del precipizio fulvo, con un bosco lontano sotto il cielo bianco, e foglie marroni che soffocano il ruscello, e un solo ultimo grillo fra le erbacce secche”.
Così che il professore H. Humbert, sconfitto da quell’ impenetrabilità che si rifletteva negli occhi algidi della piccola e immobile Dolores Haze, comprese che ormai non c’era nulla da fare, che quella ormai cresciuta ninfetta, da cui lui era ossessionato, non lo aveva mai amato, e non lo avrebbe mai più seguito in quella macchina che era stata una compagna fedele nelle loro avventure, e che conosceva così bene.
Fu, in questo modo, con il cuore ripieno di dolore e di straziante consapevolezza, che abbandonò per sempre la sua giovane ex amante e la trascurata catapecchia in cui lei aveva vissuto negli ultimi anni lontano da lui: nonostante ciò, nella sua testa, non era solo la ragazza occhialuta e gravida a cui aveva appena detto addio, ma <<era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloncini. Era Dolly a scuola. Era Dolores nella sua linea tratteggiata dei documenti>>, riportando il testo <<Ma tra le mie braccia era sempre Lolita>>.
Vladimir Nabokov diede vita ad uno dei romanzi più affascinanti e scabrosi della seconda metà del ‘900. Egli, come dichiarò anni dopo, ha sempre trovato interessante il fatto che potesse nascere una forte passione tra un uomo adulto e una bambina, e perciò che, anche influenzato da un fatto di cronaca di quegli anni, decise di far confluire questa sua curiosità in quel capolavoro che oggi noi tutti conosciamo come “Lolita”.
Il romanzo racconta dell’amore morboso di un trentasettenne europeo per una dodicenne americana: il protagonista è lo scrittore e professore Humbert Humbert, che decide di trasferirsi in New England, nella cittadina di Ramsdale, in affitto in casa della vedova Charlotte Haze, che vive con la figlia, Dolores, che nonostante l’età, per i suoi gesti ammiccanti appare come una donna adulta agli occhi dell’uomo che rivede in lei un vecchio amore d’infanzia, deceduto prematuramente. Humbert accetterà di sposare Charlotte, pur di restare vicino a Lolita, nomignolo datole dal professore. Morta la madre, a causa di incidente stradale, H.H. e la bambina inizieranno un tour degli stati uniti fermandosi in vari motel, in cui iniziano le prime molestie. Dopo essersi stabiliti in una cittadina americana, in cui H.H. trova lavoro, Lolita cerca di evadere dal controllo ossessivo del patrigno, accumulando anche soldi che chiedeva a quest’ultimo in cambio di rapporti sessuali. Tuttavia, per timore che la sua relazione con la figlia venga scoperta, Humbert decide di ripartire stavolta seguendo l’itinerario che Lolita stessa ha scelto, in accordo con un suo ammiratore misterioso, cosicché lei potesse fuggire con lui.
Dopo tre anni, il professore riceve una lettera dalla sua figliastra, ormai diciassettenne, in cui gli chiede, essendo incinta e in difficoltà economica, denaro. In quell’ultimo triste incontro riesce a farsi dire chi sia quell’uomo misterioso che l’aveva aiutata ad evadere: il commediografo Clare Quilty. Il professore H.H., dopo avere appreso la notizia, lo uccide, e successivamente viene portato in carcere, colpevole di omicidio, in cui scriverà le sue memorie.
La vera protagonista è la voce dello scrittore e professore di letteratura francese Humbert Humbert, la quale con un linguaggio ricco di pathos, inizialmente cattura l’attenzione del lettore facendolo immedesimare perfettamente nella sua mente malata, permettendogli così di lasciarsi trasportare dai suoi processi logici, talmente surreali e ripugnanti da far dimenticare ogni sorta di moralità, da far sì che il confine tra etica e la sessualità più cruda e proibita sia talmente labile per cui a stento si possa vedere; nella testa del lettore ogni possibile vincolo tra sensualità ed erotismo è come spezzato. Quell’insieme di parole, che inizialmente ti prendono come una danza, culminano con una sorta di pentimento, per cui chiede il perdono alla piccola Lolita per averla annullata nella sua età più florida, ovvero l’infanzia.
Hubert, successivamente a quell’ultimo insopportabile incontro, comincia a pensare che quella acerba e provocante ninfetta non era solo un corpo da cui ricavare piacere, ma soprattutto aveva un cervello in cui ha sviluppato una sua visione profonda della vita, che non era mai riuscita a condividere con lui poiché schiacciata dalla sua mania di controllo e dalla sua perversione che la tenevano incatenata in mediocri motel americani.
Tuttavia, la consapevolezza con cui si dipinge agli occhi del lettore, come unico responsabile, svanisce presto, assassinando l’uomo che, avendogli sottratto l’amore di Lolita, aveva individuato come unico colpevole a causa del quale la purezza di Lolita era stata inquinata.
Per quasi tutto il romanzo Nabokov dipinge H.H. come un uomo elegante e perbene, nonostante i suoi turbamenti, e che annullando in chi legge qualsiasi forma di morale, induce a quasi “giustificare” e a calarsi nel dolore e nel trauma infantile dell’uomo. La narrazione del professore, infatti, ci porta nella propria realtà in cui i suoi abusi fisici sono indotti proprio dai comportamenti seducenti della stessa Dolores Haze. Realtà, descritta così convintamente, da lasciare il lettore completamente spiazzato nel momento in cui è costretto a scontrarsi con la più cruda e violenta verità: la spensieratezza di Humbert mentre ricorda la loro prima notte in Hotel venne bruscamente bloccata da Lo, che risponde “ah, quando tu mi hai violentata”. Da questo punto in poi si comprende perfettamente che quel sentimento così romanticamente descritto dal professore era un abuso vero e proprio nei confronti di una bambina che non lo ha mai desiderato.
Oltretutto è complicato identificarsi pienamente nella povera Dolly, poiché in gran parte del romanzo, è un mistero, è come se non si volesse mai far catturare nella sua vera essenza. E’ un personaggio che fa della sua ambiguità ed enigmaticità il proprio tratto distintivo: leggiamo di una Lolita sfrontata, bugiarda prima con la madre, e dopo con H. Humbert, di una Lolita che mette in atto sotterfugi per avvicinarsi al professore, da cui poi se ne allontanerà per scappare con il suo misterioso commediografo Clare Quilty. Molto probabilmente la sua fuga è l’unico momento, insieme all’ultimo incontro con il suo ex amante, in cui si palesa maggiormente.
Ad ogni sua differente sfaccettatura, inoltre, viene attribuito un nome diverso (Dolores, Lolita, Dolly, Lo), come a raffigurare questa sua personalità sfuggente.
Un altro aspetto, che può spingere chi legge a provare una sorta di vicinanza verso lo scrittore di origine francese, è il fatto che lui ci faccia calare nella sua più grande sconfitta, che non è tanto la carcerazione, quanto nel ritrovare Lolita, di una bellezza ormai sbiadita e provata dal peso della gravidanza, e scoprire che l’ama anche così: si ritrova a provare un sentimento nuovo, mai provato prima, non più legato al mito della volgare ninfetta seducente che lo riporta ad un tempo preciso della propria giovinezza, ma per cui scopre che il suo era amore vero, totalizzante, per lei.
Questo romanzo fu additato come scandaloso e a tratti pornografico, quasi come se fosse un elogio alla pedofilia. Solo un lettore attento, senza pregiudizio e senza influenze, può veramente cogliere il fascino disarmante e inclemente che Nabokov voleva trasmettere: si passa da un aspetto di seduzione iniziale da parte del professore, che si trasforma nel corso del libro in un vero e proprio sentimento amoroso, e in quanto tale non rivolto ad una categoria (le ragazzine), ma a quella persona in particolare. Le ultime pagine sono struggenti, poiché anche qui abbiamo un mutamento del personaggio, il quale da pedofilo, colpevole di avere annientato una bambina usandola quale oggetto su cui sfogare le sue brame immorali, si rivela invece un innamorato sofferente poiché cosciente di non poter invecchiare insieme a lei.
“Lolita”, non solo ha dato forma ad una delle storie d’amore più controverse e ripugnanti del ‘900, ma per Vladimir Nabokov rappresenta anche metaforicamente l’incontro tra l’antica Europa e il nuovo mondo, il cui incontro è raffigurato rispettivamente dal professore di origini europee Humbert Humbert e la ragazzina americana Dolores Haze, i quali morirono lo stesso anno, come se fossero destinati a stare insieme.
“E’ questa la sola immortalità che tu e io possiamo condividere, mia Lolita”.
Lavinia Reho
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