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di Avv. Giovanni Reho – Gli NFT rappresentano un digital asset che genera incertezze sul piano giuridico. Una tra queste è rappresentata dal possibile contrasto dell’opera d’arte realizzata con un NFT e i diritti di proprietà intellettuale altrui.

La questione è superata da una recentissima sentenza della U.S. District Court for the Southern District of New York.

Un artista americano ha utilizzato gli NFT per raffigurare la borsa “Birkin” di una famosa maison francese, offrendo in vendita la propria creazione su vari marketplace.

La casa di moda francese ha affermato che l’uso non autorizzato del proprio prodotto iconico attraverso un NFT è una violazione dei propri diritti di marchio.

La difesa dell’artista è stata di considerare le proprie creazioni ammesse dal Primo Emendamento della Costituzione americana che tutela la libertà di espressione artistica, in particolare quando l’obiettivo dell’artista è denunciare la crudeltà sugli animali nel settore della moda.

La Corte di giustizia newyorchese non ha avallato gli argomenti dell’artista e ha esteso la tutela della proprietà intellettuale anche al mondo digitale degli NFT.

La sentenza ha evidenziato come l’interesse commerciale dell’artista, che aveva nel frattempo guadagnato un milione di dollari, era prevalente sulla libertà di espressione artistica.

Secondo l’artista digitale non risultava che la società francese avesse depositato i propri marchi nella classe di tutela dei beni digitali.

Anche questo argomento è stato considerato infondato. La Corte americana ha infatti affermato che la maison francese poteva avvalersi della tutela extra-merceologica per i marchi che godono di rinomanza.

L’uso indebito del marchio è stato qualificato come contraffazione, con la condanna dell’artista al risarcimento del danno anche per il cd. cybersquatting, cioè per l’uso non autorizzato di un dominio corrispondente a quello del famoso prodotto iconico.

Avv. Giovanni Reho, rehoandpartners

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