Il risveglio non era stato dei migliori. L’allarme interno dell’astronave aveva avviato una rapida procedura per ridestarmi dallo stato criogenico e per occuparmi di tutte quelle anomalie che il computer aveva rilevato. Ci misi qualche minuto a riprendermi, minuti durante il quale ogni fibra del mio corpo era concentrata sul non vomitare e non cadere a terra per via della testa che continuava a girarmi. Le luci tenue illuminavano delicatamente l’ambiente, per evitare di crearmi uno shock agli occhi. Guardai in direzione delle altre crio-capsule: tutti i membri dell’equipaggio erano ancora ibernati. Mi spostai in direzione del terminale più vicino per consultare gli ultimi eventi e soprattutto capire quale fosse stato l’allarme che aveva spinto il computer centrale a risvegliarmi. Diverse anomalie lampeggiavano, alcune delle quali richiedevano un intervento urgente.
Uscii nel corridoio per avviarmi in direzione della cabina di pilotaggio. Alcune luci al neon lampeggiavano fastidiosamente ma non era certo questo il momento per sostituirle. Il silenzio spettrale all’interno di quell’astronave, che viaggiava nello spazio profondo, era spaventoso. Quando entrai nella cabina di pilotaggio mi avviai subito all’interfaccia principale del computer per analizzare tutti i dati. Li osservai tre volte: quello che leggevo non sembrava rispondere a nessuna logica razionale. Mi avvicinai ai sistemi di comunicazione ma anche questi erano fuori uso. Eravamo sordi e muti. Il mio pugno colpi la consolle metallica riproducendo un sordo rumore. Dopo aver lavorato per oltre un’ora uscii per dirigermi verso la sala motori. Un improvviso rumore attirò la mia attenzione: cosa poteva essere se ero l’unico essere vivente sveglio sulla nave? Mi portai in direzione dell’armeria facendo molta attenzione: dopotutto quel suono captato prima sembrava provenire proprio da quella direzione. Con passo cauto superai la porta della sala medica ma mi fermai di colpo. Era aperta e dentro l’ufficiale medico era in piedi. Perché non era nel suo sonno criogenico? “Doc?” lo salutai mentre trafficava dandomi le spalle in un armadietto di medicine. Sollevò la testa di scatto, guardando nella mia direzione con un’espressione spaventata dipinta sul volto. “Come mai sveglio?” gli domandai. Alzò le spalle e scosse la testa. “Non ne ho idea. Qualcosa non ha funzionato come avrebbe dovuto e mi ha svegliato. Sono venuto immediatamente in sala medica per recuperare tutto il necessario nel caso che anche gli altri venissero risvegliati” si giustificò. “Ottima idea Doc” conclusi.
Dopo averlo aggiornato sullo stato critico della nave e su quegli infiniti allarmi scattati, mi diressi infine alla sala motori, rinunciando al passaggio in armeria. Passai vicino alla stanza dove le nostre capsule ci avevano ospitato per il viaggio accorgendomi che anche altre ora risultavano aperte. Non capivo il perché. Cosa diavolo stava succedendo? Mi mossi in direzione della sala motori e lì trovai l’ingegnere capo a trafficare con il supporto vitale. “Cosa stai facendo Tucker?” chiesi sorpreso di vederlo lì. “Cosa sta succedendo? Perché siete tutti svegli?” chiesi. Lui si voltò come spaventato, con in mano la chiave inglese con cui stava lavorando sull’impianto dell’aria. Dopo qualche attimo la sua espressione si rilassò “Non ci ha svegliati lei, capitano?” mi domandò. “No…” gli risposti mentre mi avvicinai a osservare la situazione del supporto vitale. Non ricordavo che il computer avesse evidenziato danni o problemi al livello dell’aria. “Qualcosa non va?” chiesi. L’ingegnere capo annuì “Già. Abbiamo una perdita di ossigeno. Vede qui?” disse indicando un indicatore in particolare. Osservai il livello di ossigeno ma la livella sembrava puntare su un valore normale. Improvvisamente un tremendo dolore alla testa e tutto divenne nero.
A svegliarmi fu un urlo di terrore. Puro terrore. Portai la mano alla nuca per sentire quella sensazione di sangue ormai coagulato. Mi alza da terra barcollando. Dell’urlo nessuna traccia più. Presi in mano un grosso cacciavite e mi avventurai attraverso i corridoi della nave. Di colpo alle mie spalle una raffica di arma da fuoco accompagnata da un urlo “Maledettiiii!”. Altri colpi. Avevo assolutamente bisogno di recuperare un’arma da fuoco. Corsi come un dannato verso l’armeria ma quando giunsi lì quello che vidi mi fece rabbrividire. Ero bloccato dal terrore. Un gigantesco essere bipede con la testa allungata, un ringhio violento dipinto su quello che avrei potuto definire il suo muso, con della bava e una coda uncinata. Un aspetto ben più che minaccioso. Letale. Feci qualche passo indietro ma quello mi notò. Scattai di lato giusto in tempo per evitare la sua carica. “Muori bastardo!” fu l’urlo che arrivò da dietro di me. Il dottore imbracciava un mitragliatore con cui crivellava il corpo di quel bastardo. Lo fece secco. Gli sorrisi pronto a complimentarmi per la sua prontezza di riflessi quando venne sollevato di peso da una coda uncinata che spuntò in mezzo al suo petto. Dietro di lui vidi un altro di quei mostri. Ero terrorizzato. Mi lancia verso la sala delle navette di salvataggio e quando entrai in una capsula di emergenza pigiai per l’immediata espulsione. Non potevo fare altro. Pensai all’ingegnere capo: perché mi aveva colpito alle spalle? E quei mostri cosa erano e da dove venivano? Che fine avrebbero fatto gli altri membri dell’equipaggio? Pensieri che si spostarono quando sentii dentro di me una strana sensazione. Come qualcosa che iniziava a muoversi.
Il racconto richiama quelle sensazioni che si provano giocando a Nemesis, un gioco horror fantascientifico in cui un manipolo di uomini deve riuscire a sopravvivere fuggendo attraverso la capsula di salvataggio oppure ibernandosi dopo il salto iper-luce verso la Terra. Ma ogni personaggio presente avrà anche un obiettivo personale che potrebbe non collidere con le esigenze del gruppo costringendo alcuni a dover compiere azioni di sabotaggio e tradimento.
Nemesis gode di un reparto grafico ottimo, di una componentistica superba, in particolare dal punto di vista delle miniature. Il regolamento è molto ben spiegato ma anche ricco di regole che rendono il gioco da una parte avvincente, dall’altro complesso. Ma la cosa più riuscita di Nemesis è la capacità di generare ansia nei partecipanti a questa spaventosa avventura.
Titolo: Nemesis
Editore: Cranio Creations
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