(di Salvatore Primiceri) – Il Governo presieduto da Matteo Renzi si accinge a introdurre delle novità nel settore giustizia. Il ministro Andrea Orlando, da mesi si è prodigato nella ricerca di una condivisione, prima di tutti, da parte di avvocati e magistrati su misure che possano migliorare il sistema giustizia, oggi percepito dai cittadini come una macchina inefficiente e costosa.
Il punto grave è che il sistema giudiziario, soprattutto quello civile, disattende la domanda di giustizia di cittadini e imprese, provocando danni economici e sociali, allontanando potenziali investitori esteri e contribuisce ad accrescere un clima di sfiducia generale verso la giustizia. Lo Stato persegue un obiettivo su tutti: quello di smaltire l’arretrato civile. Una visione così limitata a mero fatto tecnico non può certo partorire una riforma che possa avviare il tanto abusato (nel termine) “cambiamento”. Un cambiamento vero dovrebbe presupporre uno sgancio dalle vecchie logiche e dai soliti interessi e dovrebbe rivolgersi a investire tutta la cultura giuridica di questo Paese. Purtroppo, anzichè incentivare l’uso della mediazione civile, per fortuna riaffermata col decreto del fare dal governo Letta, il ministro Orlando sembra dare ulteriori soddisfazioni ai vertici dell’avvocatura che chiedevano l’introduzione in Italia della “negoziazione assistita”. In linea di principio non è un male. I cittadini avranno da oggi un nuovo strumento di risoluzione delle controversie che si aggiunge agli altri: arbitrato, mediazione, giudizio ordinario. Il problema è che questo strumento, utilizzato con scarsi risultati in Francia, serve solo e ancora una volta a compiacere i vertici di un’avvocatura che dimentica l’etica e il bene comune dei cittadini privilegiando fini utilitaristici. Buona parte di essa è ancora stizzita per l’introduzione della mediazione civile che tenta di boicottare in ogni modo. Non è bastato il titolo di “mediatori di diritto” dato così generosamente agli avvocati dal precedente governo a calmare le acque: gli avvocati vogliono essere in prima linea nello smaltimento dell’arretrato civile, vogliono controllare le cose di persona. Il mediatore? Chi è mai costui? Il cliente si fida solo dell’avvocato, è da secoli che è così, dichiarano in coro, senza rendersi conto che il limite della cosiddetta negoziazione assistita è proprio la fiducia. La fiducia che il cittadino ripone nella giustizia è data dal terzo. Il terzo è una figura esterna alle parti in causa, imparziale. Finora tale fiducia era riposta nella figura del Giudice. E’ vero che il cittadino si rivolge in primis all’avvocato, ma col fine ultimo di affidare la decisione ad un terzo. L’avvocato deve essere bravo a dimostrare le pretese della parte che rappresenta, infatti quando una sentenza non soddisfa la parte, la colpa è quasi sempre dell’avvocato (per la parte si intende). I giudici sbagliano, certo, ma la fiducia dei cittadini nei giudici è sempre più alta di quella riservata agli avvocati. Tale maggior rispetto è dovuto all’autorevolezza del terzo imparziale. La terzietà è una garanzia di tale importanza nel creare un clima di fiducia che, qualora le parti non intendano rivolgersi alla giustizia ordinaria, c’è solo un’altra figura in grado di poterla garantire, il mediatore. La mediazione è la chiave per risolvere una enorme quantità di cause pendenti in quanto unico strumento in grado di garantire, nella maggior parte dei casi, il conseguimento di una soluzione soddisfacente e condivisa in pieno dalle parti, efficace e durevole nel tempo. E tutto questo è possibile grazie al ruolo guida di un professionista terzo, imparziale, riservato, autorevole, preparato, rassicurante perchè estremamente capace di imprimere fiducia nelle parti. In psicologia si chiama “effetto Hawthorne” e consiste nella predisposizione positiva delle parti a tentare di risolvere un problema già solo per il fatto iniziale di affidare la cura del conflitto ad un terzo imparziale. La negoziazione non può fornire tale requisito della terzietà in quanto viene gestita esclusivamente da avvocati, i quali, per definizione, sono persone di parte. Ognuno rappresenta una parte e non è affatto detto che una negoziazione così gestita possa caratterizzarsi per equilibrio. Pensate all’eventualità che si incontrino in negoziazione due avvocati, di cui un esperto con tanti anni di carriera alle spalle e un giovane appena entrato in avvocatura. Ebbene, al di là delle eccezioni, quanta parità e assenza di soggezione saranno presenti in tale incontro? Quale esperienza in capacità di persuasione e negoziale prevarrà? I rischi sono questi. Quello di arrivare ad accordi poco equi e che risentano troppo dei rapporti di forza iniziali. Mancando la terzietà, manca la fiducia, mancheranno quindi accordi durevoli e veramente condivisi. Il governo bene avrebbe fatto, nel tempo da cui si è insediato, a rendersi protagonista di un vero cambiamento culturale, incentivando la mediazione e apportando correttivi alla legge vigente, in modo da aiutare cittadini e imprese a conoscere un istituto di enorme buon senso, in quanto garantisce terzietà, fiducia, imparzialità, riservatezza, il tutto senza giudizio dove il ruolo centrale è delle parti che decidono e condividono l’accordo finale. Per fare i negoziatori, infine, occorre una formazione specifica perchè si richiede preparazione in tutte quelle materie multi disciplinari (tra cui le tecniche di negoziazione) necessarie per garantire accordi equi, condivisi e di buon senso. Ma ci ritorneremo.
Salvatore Primiceri
Articolo originariamente pubblicato sulla rivista “Buonsenso” (Anno 1, Num 1 – Primiceri Editore, Pavia 2014).
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