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(di Giulio Perrotta) In un tranquillo Giovedì, a Milano, dopo un banale controllo di routine sul possesso del biglietto validamente timbrato dall’EXPO a Rogoredo, per effettuare una corsa ferroviaria, Josè Emilio Rosa Martinez, sudamericano ventenne, accompagnato da due suoi amici stranieri, sferra un colpo netto di machete al braccio del controllore, lasciandolo in una pozza di sangue e con l’arto penzolante, attaccato da pochi filamenti muscolari e tendinei non ancora recisi.

Un gesto disumano e scatenato da futili motivi, intriso di incoscienza, inciviltà e senso di non appartenenza a una realtà sociale multietnica. Dinanzi al GIP, l’autore del folle gesto, affermerà che il suo intento era quello di “spaventare” e non ferire o uccidere. L’intento, tuttavia, è andato ben oltre l’immaginabile, sventrando il braccio del 32enne con un fendente secco e profondo; per questo motivo, il giudice convaliderà entro i termini di legge il suo arresto e quello di Jackson Jahir Lopez Trivino, per tentato omicidio, ma non quello di Alexis Ernesto Garcia Rojas, terzo componente della spietata gang latina.

Per ragioni di completezza dell’evento delittuoso in narrazione, Martinez confesserà agli agenti della Squadra mobile di Milano di aver colpito con il machete al braccio il capotreno, fornendo poi tutti i dati necessari per arrestare i due giovani complici della gang “MS-13”.

Tuttavia, le giustificazioni addotte dal giovane risulteranno ancora più sconvolgenti: “Mi dispiace per lui, mi scuso, ero in stato confusionale per l’alcol e volevo soltanto spaventarlo”; e non basteranno le parole della madre di lui che non suonano di pietà o pentimenti: “è dispiaciuta per quello che ha subito il capotreno e si è sentita un pò sollevata quando ha saputo che il braccio non era stato amputato”.

Il legale dell’indagato punterà sicuramente alla conversione del reato di omicidio (nella figura del tentativo) in lesioni gravissime o gravi, in quanto, a suo dire, mancherebbe la precisa volontà, anche colposa, di commettere il delitto di omicidio.

San Vittore ospita due componenti del gruppo su tre, in quanto il terzo, per bocca del suo avvocato, non è responsabile di nulla, aveva l’abbonamento e il litigio è avvenuto con gli altri due componenti, non con lui, che è rimasto sempre estraneo alla realizzazione dell’evento criminoso.

Sull’aggressione, infine, torna anche il Governatore della Lombardia, Roberto Maroni, che intervistato a caldo affermerà: “I poliziotti hanno la possibilità di usare le armi, e se uno mi salta addosso ho il diritto di difendermi. Ho chiesto al Prefetto e al Questore di mettere uomini in divisa, poliziotti e anche militari, in certi orari e su certe tratte -ha continuato il governatore lombardo-. La decisione non compete a me, ma ho il dovere di fare di tutto per difendere i lavoratori e provare a prevenire questi atti bestiali”.

Tirando quindi le somme, emerge ovviamente la necessità di una maggiore presenza della forza pubblica, e una maggiore educazione e cultura alla legalità e alla civiltà, dando esemplari sanzioni e rafforzando la certezza del diritto e della pena, per disincentivare eventi come questi, che hanno l’odore tetro della morte e dell’anarchia più assoluta.

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