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mediatori(di Dante Leonardi) – Uno dei frutti avvelenati di questa estate 2013 è la previsione, per legge, del lavoro non retribuito. In questi giorni è in discussione, nelle commissioni riunite affari costituzionali e bilancio, alla Camera dei Deputati, il famoso “decreto del Fare”, con il quale il governo Letta sta cercando di dare una scossa alla moribonda economia italiana. In questo decreto, com’è noto, ci sono alcune disposizioni concernenti la giustizia ed in particolare la giustizia civile.

Chiunque abbia mai avuto a che fare con un tribunale, sa bene che litigare, oggi, in Italia, non è affatto un buon affare. Per la durata dei giudizi, per la qualità delle sentenze, per le difficoltà della fase esecutiva e per i costi. Nella migliore delle ipotesi, si tratta di “rimanere in lite” per una decina d’anni, con tutta una serie di conseguenze sui rapporti nei quali quelle liti incidono: famiglia, condominio, rapporti d’affari, etc. Per evitare questo, già nel decreto legislativo 28/2010 lo Stato italiano aveva previsto il ricorso preliminare alla mediazione civile obbligatoria. In sostanza, prima di andare dinanzi ad un giudice, occorreva recarsi dinanzi ad un mediatore professionista che aveva il solo compito di mettere d’accordo le parti: tentare di ricucire il rapporto, evitando la lite. La Corte costituzionale, nell’ottobre 2012 ha stabilito l’illegittimità della norma del 2010 proprio nella parte in cui stabiliva l’obbligatorietà, per un semplice eccesso di delega (la condizione di procedibilità non era esplicitamente prevista nella delega al governo). Nel decreto del fare, appunto, viene ripresa tale norma e, attraverso il passaggio alla camere per la conversione, sanato l’eccesso di delega.

La nuova versione, però, è un po’ più elaborata. Anziché prevedere l’obbligo di esperire tutta la procedura di mediazione, il decreto legge lo ha ridotto al solo primo incontro, durante il quale il mediatore, “verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione”.

Il mediatore, cioè, ha una sola possibilità: o riesce subito a convincere le parti, o non si fa nulla.

Orbene, questo incontro, in cui il mediatore deve applicare il 100% della sua scienza e capacità onde evitare che lo Stato italiano si sobbarchi un’altra causa sul groppone, secondo alcuni emendamenti di 5 stelle e PD, dovrebbe essere completamente gratuito. A carico di colui il quale si propone l’obiettivo di mettere d’accordo la gente e di far risparmiare allo Stato, mediamente, 2.500 euro per ogni grado di giudizio.

È chiaro che la lobby di coloro che vogliono a tutti i costi fare i giudizi è molto potente in parlamento. È altresì chiaro che esistono resistenze culturali importanti sul punto. Ma così uno Stato malato di giustizia non cresce. La gente, gli operatori, i consulenti, devono imparare ad evitare il giudizio ed a risolvere i propri problemi senza cercare a tutti i costi la decisione, ma guardando ad un migliore componimento degli interessi in campo. In mediazione, in pochi mesi, abbiamo risolto problemi riguardanti appalti pubblici, diffamazione a mezzo stampa, liti familiari e condominiali, che altrimenti avrebbero comportato anni di penosi sguardi in ascensore, di pranzi di Natale saltati, di mancati affari e crisi di liquidità. O di persone che venivano sfottute da amici e colleghi per notizie non vere. La ricucitura di un rapporto è un bene molto più prezioso di qualsiasi sentenza. Per questo deve essere affidato a professionisti capaci, sia in diritto che dal punto di vista relazionale. Questa è una scommessa che la 156° giustizia del mondo non può perdere. E non si comincia col piede giusto se s’impedisce alla gente non dico di guadagnare, ma almeno di rientrare nelle spese. Oltre ad essere, evidentemente, contrario all’art. 36 della nostra Costituzione. La soluzione, facile ed a costo zero, è quella di addebitare tutte le spese del primo incontro alla parte istante (anche perché non è chiaro per quale motivo il convenuto debba pagare per la condizione di procedibilità dell’attore) e di consentire, in caso di mancata riuscita della mediazione, la detrazione dal contributo unificato che si paga all’inizio del giudizio, al posto del credito d’imposta, comunque stabilito dalla stessa legge, che però consente il recupero solo nell’anno successivo. Ma una tale saggezza non arriva a chi siede in parlamento, troppo preso ad ascoltare le ragioni dei litigators.

Dante Leonardi

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