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(dell’avv. Paolo Fortunato Cuzzola) – Da osservatore attento del mondo adr e del sistema mediazione italiano, non riesco a comprendere il clima di “caccia alle streghe” che si è sviluppato a seguito del comunicato stampa della Corte Costituzionale del 24 Ottobre 2012.

Da avvocato, e non della prima ora posto che svolgo questa professione da 12 anni,  e da mediatore, permettetemi di effettuare una lucida analisi degli eventi. Spunto di tale riflessione mi è stato fornito da un post linkato dal collega ed amico Avv. Carlo Recchia del foro di Roma su di un gruppo del social network facebook, che per onestà intellettuale citerò quale autore nei passaggi più delicati di questo approfondimento.

La prima questione da analizzare è la vera è propria “guerra santa” intrapresa  contro l’istituto della mediazione.

La questione, epurata dai commenti da codice penale che si leggono in gruppi sorti sul social network da “Boicottiamo la Mediaconciliazione” a “Avvocati Inc***ti contro la mediazione”, hanno un comune punto denominatore: la c.d.”obbligatorietà” del tentativo di mediazione.

Da formatore di mediatori, unitamente agli altri miei colleghi, abbiamo sempre sostenuto che il D.lgs. 28/2010 offre talmente tante vie di fuga tale da rendere tale condizione di procedibilità “sedicente” (cit. supra)

Pertanto solo giuristi inesperti, o che non hanno mai letto la legge, non sono riusciti ad individuare tutte le possibili scappatoie che la stessa offre.

Altro punto fermo delle critiche mosse è quello che la mediazione sia costosa, che costituisca un ostacolo al diritto dei cittadini di potere accedere alla giustizia e che, ma questo viene quasi sussurrato, gli avvocati con la mediazione non guadagnino valendo il principio “causa che pende causa che rende”. In realtà, quest’ultima citazione poteva rappresentare un dogma per la classe forense fino a qualche tempo fa, non essendo oggi più rispondente al vero.

Che una categoria di professionisti voglia difendere i propri privilegi, le proprie abitudini e consuetudini di guadagno, “non fa una piega” (cit. supra), ma pur partendo da questa argomentazione i conti non tornano lo stesso.

I detrattori isterici hanno la sfortuna di interagire con un avvocato, il sottoscritto, che esercita attivamente la professione dal lontano 1997, e rammenta quando è stato introdotto il Codice delle Assicurazioni che aboliva l’onorario per l’avvocato che patrocinava in via stragiudiziale un sinistro.

Tale circostanza ha costituito un fatto gravissimo posto che fino ad allora con una lettera (con la quale anche il sottoscritto come molti ha mantenuto la propria famiglia) si guadagnavano prima £. 300.000 (poi divenute € 300) senza particolari difficoltà.

Ma allora non si videro tali scene di isteria collettiva e, come riferisce il collega Avv. Carlo Recchia, “non lo vidi, e alla manifestazione sotto Palazzo Chigi ( lo striscione lo andai ad ordinare e pagare io) c’erano si e no 50 avvocati, tanti rimbrotti ma al momento di fare la faccia cattiva tutti a casa...”

Sempre il collega nel suo sfogo notturno si pone un quesito: “come mai quando venne attaccata direttamente ed esplicitamente la prima fonte di reddito per il 70 per cento degli avvocati pochi si lamentavano, nessuno urlava e per la mediazione si?”

Ed allora c’è qualcosa che non torna!!!

Sono cosciente e consapevole che non è con  le manifestazioni di piazza che si ottengono risultati, da studioso delle teorie negoziali non è negoziando su posizioni di forza (io voglio!!!) che si ottengono opzioni di accordo, sono concorde con chi vorrebbe perseguire strade alternative per la risoluzione di tale querelle e che l’istituzione di un tavolo di lavoro comune potrebbe essere una delle strade percorribili.

Ma un peso mi opprime, un senso di angoscia, perché ritengo che sotto vi sia qualcosa che va oltre il mero spirito corporativistico dell’avvocatura.

Questo “qualcosa”andrebbe studiato ed affrontato, ma come sostiene l’amico Carlo : ….la soluzione però non la trovo, non riesco serenamente a stare al balcone”.

Chiudo con una frase, che richiama alla memoria di chi non è più tanto giovane, lo spot pubblicitario degli anni 80 interpretato dal grande Renzo ArboreMeditate gente, meditate”.

Avv. Paolo Fortunato Cuzzola

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