Le domande dei lettori: la parola all’esperto
a cura del dott. Ivan Giordano
- Responsabile scientifico di “Accordo Possibile”
- Giurista dell’economia e dell’impresa
- Presidente della Sede Provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Tributaristi LAPET
- Membro del consiglio direttivo dell’’Osservatorio per l’uso dei sistemi ADR
- Responsabile del Dipartimento di Mediazione Tributaria e per l’Impresa
- Presidente ICAF – Istituto di Conciliazione e Alta Formazione – Certificato UNI EN ISO 9001:2008
In questo numero sono state riscontrate le domande ricevute da mediatori civili che chiedono informazioni sulle leve per migliorare le potenzialità del procedimento di mediazione e quindi gli esiti favorevoli.
Sono un mediatore civile. In diversi convegni coordinati da ICAF ho sentito mediatori professionisti dichiarare che spesso il successo della mediazione si deve alla possibilità del regolamento dell’organismo di avviare il procedimento e ottenere la formulazione della proposta del mediatore anche senza la partecipazione di una o più parti. Nel regolamento presso il quale opero questo non è possibile e spesso le mediazioni falliscono al primo incontro o non superano la fase della “programmazione”. Posso saperne di più?
E’ importante comprendere la “vision” dell’Organismo di Mediazione.
Ai sensi dell’art.8 “Procedimento” comma 3. “Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia”.
E’ altresì vero, tuttavia, che il mediatore deve disporre di tutti gli strumenti che la norma consente affinché questo possa realmente avvenire.
Esistono deterrenti alla mancata partecipazione diversi e, ritengo, più incisivi della sanzione pari al contributo unificato prevista per le materie “obbligatorie”. Sono leve che possono applicarsi in tutte le materie, “obbligatorie” e non, con straordinari effetti sulle scelte che le parti fanno, spesso al di fuori del procedimento, di non aderire al procedimento. Questo avviene perché malconsigliate dai propri consulenti. Sempre malconsigliate, non talvolta!
Aderire all’incontro di programmazione gratuito è sempre nell’interesse delle parti; non esistono, secondo la mia esperienza, fattispecie nelle quali ad una parte chiamata in mediazione “convenga” anche strategicamente sottrarsi alla mediazione e rischiare gli effetti nel giudizio che, secondo giurisprudenza, sono sempre più gravosi.
Al mediatore è giusto chiedere alta professionalità e grande abilità nella conduzione del procedimento, ma l’Organismo con il proprio regolamento deve fornire al mediatore tutti quegli strumenti che possono amplificare le abilità del mediatore e rispettare il “mandato nobile” conferitogli dal D.Lgs 28/2010 e s.m.i., che non è quello di stampare verbali negativi per mandare le parti in giudizio.
Tutto questo in quanto il mediatore, ai sensi dell’art.8 comma 1 – “Procedimento” – del D.Lgs 28/2010 e s.m.i. ha le seguenti funzioni nell’ambito dell’”incontro di programmazione”:
“chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione”
“verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione”
“invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”
La “possibilità” quindi, non la “volontà” come spesso i mediatori si limitano, fallendo nel loro incarico, a fare.
E la “possibilità” è tale anche quando una o più parti non partecipano. Infatti lo strumento della mediazione civile consente, ai sensi dall’art.7 comma 1 – c) del D.M.180/2010 e s.m.i. anche ad una sola parte la richiesta della formulazione della proposta ai sensi dell’art.11 del D.Lgs 28/2010 e s.m.i., che “può essere formulata dal mediatore anche in caso di mancata partecipazione di una o più parti al procedimento di mediazione”, aspetto rafforzato dal fatto che ai sensi del medesimo citato art.11 “Quando l’accordo non e’ raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione” e coerente con quanto previsto dall’art.8 del D.Lgs 28/2010 al comma 3., “Il mediatore si adopera affinchè le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia”.
Sono un mediatore civile. Rilevo La procedura qualità UNI EN ISO 9001:2008 a cui ICAF è assoggettata prevede la nomina di due co-mediatori. La norma prevede che il costo per le parti in tali casi rimanga invariato. Come crede possibile conciliare i costi molto contenuti del procedimento di mediazione con la nomina di collegi mediatori?
Il successo della mediazione trova le sue radici nella qualità del servizio. Qualità che deve andare ben oltre i requisiti minimi della norma e gli interessi economici di breve periodo.
Se un mediatore mira al ritorno economico della singola mediazione, nella sua formazione esistono fortissimi gap di contenuto. La mediazione premia, anche economicamente, ma nel medio periodo. Il mediatore capace di persuadere le parti dell’opportunità di servizi dello strumento per risolvere le proprie controversie al di là di ogni obbligatorietà è colui che dalla mediazione trarrà benefici. Farlo in due offre maggiori potenzialità, maggiori leve, maggiori stimoli. Dividere in due un compenso contenuto significa “perdere poco” a fronte di un investimento in qualità che ha un valore decisamente più importante.
Lo spirito con cui il mediatore deve approcciarsi alla mediazione credo possa essere sintetizzato nella frase di Luigi Einaudi che a seguire riporto, per me fonte di grande ispirazione:
“Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di denaro. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, abbellire le sedi, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritrarre spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente con altri impieghi”
In questo contesto riveste un ruolo importante, fra gli altri, il tema della “multiculturalità” e la conoscenza delle culture diverse dalla nostra ma presenti nel nostro tessuto sociale e imprenditoriale. Ecco perché in questo numero di “Accordo Possibile” ho ritenuto di dedicare uno spazio importante a Shen Yun, iniziativa che consente di conoscere la cultura cinese dalle sue radici, di conoscere ciò che sta dietro colui con cui noi ci confrontiamo per la prima volta magari proprio nell’ambito di una controversia in mediazione, e che abbiamo la presunzione che possa relazionarsi, rielaborare soluzioni ed assumere decisioni secondo i nostri parametri, per il solo fatto che condividiamo il medesimo territorio. Il mediatore deve vedere oltre, deve percepire ciò che non si vede, e “conoscere” il primo strumento di cui deve servirsi. Shen Yun, ad esempio, ci consente di conoscere la cultura cinese tramite l’arte, lo spettacolo, i colori, la musica.
Sono un mediatore civile. Il problema più delicato che riscontro a seguito dell’introduzione dell’”incontro di programmazione” è la presa d’atto di una o più parti dell’intenzione di non procedere nella mediazione con conseguente fallimento del procedimento anche per coloro che si erano approcciati all’istituto con propositi conciliativi. Come gestite queste situazione nell’ambito della procedura qualità UNI EN ISO 9001:2008 a cui ICAF è assoggettata?
Il mediatore è “terzo ed imparziale”. Lo diciamo nel “monologo iniziale”, in tutti i convegni e i seminari, ai corsi di formazione. La figura del “terzo imparziale” è la “marcia in più” che il magistrato Massimo Moriconi, al Convegno ADR del 19.12.2014 tenutosi presso la Camera dei Deputati e coordinato dall’Osservatorio sull’Uso dei Sistemi ADR, ha attribuito alla mediazione civile rispetto alla negoziazione assistita.
Mi chiedo, è “terzo ed imparziale” il mediatore che, mortificando l’interesse delle parti presenti all’incontro di mediazione motivate e dotate di spirito propositivo e conciliativo, attesta in modo sterile la chiusura negativa del procedimento in quanto la controparte dichiara di non voler aderire al procedimento? E’ un mediatore, secondo il mio modo di vedere, che supinamente si presta agli interessi di una parte, mortificando quelli dell’altra.
La norma, al contrario, prevede che il mediatore debba adoperarsi “affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia”.
Se il ruolo previsto per il mediatore all’incontro di programmazione fosse stato quello di prendere atto della volontà delle parti rispetto ad attivare o meno il procedimento di mediazione, da un lato il tenore della norma sarebbe stato diverso, dall’altro sarebbe stata sufficiente e meno onerosa nell’economia generale del procedimento una presa d’atto tramite la segreteria dell’Organismo.
Ma al mediatore è stato affidato un ruolo ben più nobile e complesso. Come già detto nell’ambito di un precedente quesito, il mediatore, ai sensi dell’art.8 comma 1 – “Procedimento” – del D.Lgs 28/2010 e s.m.i. ha le seguenti funzioni nell’ambito dell’”incontro di programmazione”:
“chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione”
“verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione”
“invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”
Se una parte non intende aderire al procedimento, il mediatore deve dare riscontro nel verbale dell’attività di “verifica” da lui svolta e del relativo esito. La parte poi si deve esprimere circa la possibilità o l’impossibilità, in nessun passaggio della norma si menziona la “volontà”.
Di tutto questo nel verbale deve trovarsi traccia, in quanto la giurisprudenza sta orientandosi verso l’effettivo svolgimento della mediazione alla presenza fisica delle parti, e verso l’effettiva verifica dell’oggettiva possibilità di individuare soluzioni conciliative nell’ambito del procedimento.
Il mediatore che non rispetta questo ruolo attribuitogli dal D.Lgs 28/2010 e s.m.i. è inadempiente verso l’Organismo e rispetto all’abilitazione ricevuta tramite il Ministero della Giustizia.
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