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(dell’avv. Paolo Fortunato Cuzzola) – Com’è noto a tutti in data 20 novembre 2012 la commissione Giustizia del Senato ha approvato in sede deliberante, quindi in via definitiva, il disegno di legge che prevede la modifica della disciplina degli immobili in condominio così come disciplinata dal codice civile del 1942.

Tra le molteplici novità che sono state introdotte, e che sono state oggetto di diverse disamine, un articolo ha suscitato in me particolare interesse. Mi riferisco all’Art. 71-quater.

La prefata norma recita testualmente: “Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro terzo, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice.
La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.
Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice.
Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.
La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata.

Prima di analizzare nel dettaglio il contenuto della norma in oggetto, appare conducente compiere un breve exursus storico delle vicende che hanno visto spiegarsi la materia condominiale con la mediazione civile e commerciale.

Tra le materie per le quali è previsto l’esperimento del tentativo di mediazione quale condizione di procedibilità, ex art. 5 del d.lgs. 28/2010  rientra la materia condominiale (mentre si scrive la sentenza della Corte Costituzionale non è stata ancora depositata, pertanto l’impianto legislativo rimane integro in ogni sua parte n.d.r.).

Purtuttavia il D.L. n. 225 del 2010 (convertito in legge n. 10 del 2011) ha differito di un anno l’entrata in vigore dell’art. 5 del D.Lgs. 28/10 nella parte in cui prevedeva il tentativo obbligatorio anche per le controversie in materia di sinistri stradali e condominio.

Pertanto, solo nel mese di marzo  del 2012 la materia condominiale è entrata nel novero delle materie per le quali prima di intraprendere l’azione giudiziaria è obbligatorio esperire un tentativo di mediazione ex art. 5 del d.lgs. 28/2010.

Sin dalle sue prime applicazioni, si sono potute constatare molteplici difficoltà applicative posto che la norma in oggetto non si raccordava con la disciplina codicistica in ordine alla interpretazione del concetto di “controversia in materia di condominio”, della rappresentanza ed hai poteri dell’amministratore in mediazione,  circa le maggioranza necessarie per approvare e/o ratificare l’operato del medesimo in mediazione e soprattutto i tempi per accettare o rifiutare la proposta del mediatore.

L’articolo oggetto dell’approfondimento odierno contiene delle linee guida utili all’amministratore per una corretta esecuzione della normativa in tema di mediazione civile e commerciale.

In primo luogo viene specificato il concetto di “controversia in maniera di condominio”  ai fini dell’ art. 5, comma 1 del D.lgs. 28/2010.

Alla luce della disposizione si intendono “quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro terzo, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice”.

Poi, viene individuata una “competenza per territorio della mediazione” quando si specifica che “ a pena di inammissibilità” “La domanda di mediazione deve essere presentata…….. presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato”. 

Tale comma di fatto mutua il principio del foro speciale ex art. 23 c.p.c. il quale recita: “……………….. per le cause tra condomini, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.”

Il comma successivo, individua la maggioranza necessaria affinché l’amministratore possa partecipare legittimamente alla mediazione individuando tale quorum in “ la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice”

Ancora, il comma successivo sana una problematica che più volte  è stata evidenziata da molti operatori della mediazione ovvero i ristretti tempi della mediazione (15 giorni per la prima comparizione dinanzi al mediatore) con i tempi della convocazione della assemblea di condominio in prima e seconda convocazione  (almeno 5 giorni liberi) prevedendo  che: “Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione”.

Se però da un lato tale periodo è di valido aiuto per l’amministratore, in quanto gli concede dei tempi più elastici rispetto quelli della mediazione, dall’altro a risentirne è la procedura  di mediazione, che, come è noto, non può essere sospesa e che ha una durata massima di 4 mesi dal deposito dell’istanza.

Questo sta a significare che il mediatore avrà meno tempo per applicare le tecniche di negoziazione e comunicazione finalizzate a stimolare le parti al raggiungimento di un accordo satisfattivo.

In ultimo viene prevista la  maggioranza necessaria al fine dell’approvazione della proposta del mediatore.

Tale quorum è quello “ ….. di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice” , ma vi è di più viene previstoin maniera esplicita che :” Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata”, fugando ogni dubbio interpretativo sul punto.

 Purtuttavia nelle more dell’approvazione della normativa di riforma del condominio, e precisamente in data 24 ottobre 2012 è stato diffuso, da parte della Cancelleria della Corte Costituzionale, il seguente Comunicato Stampa: “La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione”

In attesa del deposito delle motivazioni della sentenza una riflessione finale deve essere fatta sull’inciso dell’art. 71 quater e precisamente: “Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”.

Poiché è opportuno precisare che il  26/02/2011 con 159 voti favorevoli, 126 contrari e 2 astenuti, il Senato della Repubblica ha definitivamente approvato il ddl n. 2518-B.

Nello stesso veniva riportato il seguente articolo:
“16-decies. Il termine di cui all’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è prorogato di dodici mesi, limitatamente alle controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti»;”
La legge approvata dal Parlamento non ha fatto altro che modificare i termini ad un anno dopo previsti dall’art. 24 del D.Lgs. 28/2010.

Tale articolo recita: “Le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano ai processi successivamente iniziati. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.”
Con questo passaggio il Parlamento provvedeva alla modifica del D.Lgs. 28/2010 ponendo uno slittamento alla condizione di procedibilità nelle materie condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti di un anno e di conseguenza faceva salva l’introduzione delle ulteriori materie previste dall’art. 5 comma 1 come originariamente previste dall’art. 24 D.Lgs. 28/2010.
Alla luce delle superiori considerazioni, si appalesano due scenari che allo stato sono senza una risposta:

1) la Consulta ha sbagliato nel considerare un eccesso di delega perché lo stesso è stato sanato da una espressa volontà parlamentare che ha avvallato l’introduzione della condizione di procedibilità con la modifica temporale all’introduzione della stessa per due materie, e dunque deve riparare al suo errore

2) la Consulta ha sbagliato e deve riparare.

L’unico soggetto che potrà, si spera,  dare una risposta a tali quesiti sarà proprio la Corte Costituzionale, quando e si spera presto, depositerà le motivazioni della sentenza oggetto del comunicato stampa

Avv. Paolo Fortunato Cuzzola

Patrocinante in Cassazione, Mediatore Civile e Familiare, Giudice Arbitro, Responsabile Scientifico dell’Ente di Formazione Conciliazione.net.

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