119 Views

(dell’avv. Paolo Fortunato Cuzzola) – “Come è noto il 24 ottobre 2012 è stato diffuso, da parte della Cancelleria della Corte Costituzionale, il seguente Comunicato Stampa: “La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione.”

L’effetto di tale comunicazione è stato quello di acuire le tensioni tra l’avvocatura italiana, o meglio di parte di essa, e la categoria dei mediatori, gruppo eterogeneo di professionisti che ricomprendono notai, avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, medici, ingegneri etc.etc.
I legali, senza neanche attendere la pubblicazione della motivazione della sentenza, non solo evitano di depositare le istanze inerenti materie per cui è prevista la condizione di procedibilità presso gli Enti di Mediazione, ma ritirano quelle pendenti che erano state consegnate ante comunicato-stampa della Consulta, chiedendo vieppiù la restituzione degli importi versati.
Ciò nonostante il disposto dell’art. 136 della Costituzione che recita tassativamente “Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali”.
Senza volere entrare nel merito della vicenda, lascio all’acuto lettore di trarre le dovute considerazioni su tale comportamento. Da avvocato, tuttavia, mi preme sottolineare come non tutta l’avvocatura si senta rappresentata da questa frangia di professionisti.
Tale affermazione è corroborata da quanto pubblicato dal Coordinamento della Conciliazione Forense (associazione che riunisce 44 organismi di mediazione costituiti in seno ad ordini di avvocati), che da cinque anni si pone l’obiettivo di promuovere la mediazione in ambito forense, valorizzando altresì il ruolo dell’avvocato e implementando la qualità del servizio offerto.
Tale coordinamento  tiene a precisare che: “a fronte di una parte dell’avvocatura che ha legittimamente contestato alcune imposizioni normative, gli stessi avvocati hanno saputo cogliere al meglio – ove possibile, per alcune materie che meglio si prestano alla mediazione – le potenzialità del nuovo strumento”.
A seguito del comunicato stampa, un numero cospicuo di politici appartenenti ai diversi schieramenti, hanno proposto degli emendamenti pro-mediazione tendenti alla reintroduzione della c.d.” condizione di procedibilità”, in quanto “male necessario” (n.d.r.) per permettere che la cultura della mediazione possa attecchire nella realtà sociale Italiana, restìa per cultura ad innovazioni di ogni genere.
Appena resi noti i nominativi degli Ononevoli e Senatori proponenti i succitati emendamenti, alcuni dei quali già dichiarati inammissibili poiché depositati all’interno della c.d. Legge di stabilità, si è scatenata una bagarre di insulti ed improperi a danno dei “malcapitati” rei di avere sposato una cultura diversa da quella “imposta” dalla “casta” dell’avvocatura.
Basta visionare sul social network fb i profili dell’On.le Briguglio e del Se. De Lillo, per farsi una idea del vero e proprio “odio” che si è sviluppato nei confronti dei mediatori e nei riguardi di chi sostiene le loro rivendicazioni.
Ma vi è di più!  Rumors romani comunicano che è in atto è un vera è propria pressione nei confronti delle Commissioni X e II del Senato, affinché le stesse dichiarino inammissibile l’unico emendamento superstite, quello del Se. De Lillo, che a differenza di altri propone una sperimentazione della condizione di procedibilità fino all’anno 2017 e la necessità, in particolari momenti della procedura, che siano presenti entrambe le parti accompagnate dai propri legali.
Orbene qualora l’emendamento giacenti al Senato sia dichiarato inammissibile, mi corre l’obbligo di informare l’opinione pubblica che è già al vaglio, da parte del mio studio legale ed di altri colleghi avvocati/mediatori, la opportunità di proporre una c.d.”class action” nei confronti dello Stato Italiano o, in alternativa, la proposizione di singole azioni civili per ogni singolo mediatore, Ente di mediazione ed Ente di Formazione.
Tale extrema ratio è dettata dalla circostanza che, sebbene lo spirito che ci ha spinto ad intraprendere le procedure A.D.R. (Alternative Dispute Resolution) è dettato dalla volontà di diffondere la cultura della mediazione nella società Italiana, un dato oggettivo deve essere reso noto a tutti, ovvero che in un periodo di grossa crisi economica il comparto mediazione ha mosso l’economia, sia in termini di investimenti (500/600 milioni di euro) che in termini occupazionali (si parla di oltre le 1500 unità).
Tale investimento non può essere vanificato da parte di una “casta” quella degli avvocati che per meri fini utilitaristici vuole boicottare l’istituto.
Concludo mutuando la frase di un mio caro amico: “Siamo mediatori non Santi”.

Avv. Paolo Fortunato Cuzzola

Comments

comments