di Salvatore Primiceri – La traduzione dal greco è stata la seconda prova dell’esame di maturità a cui si sono sottoposti gli studenti del Liceo Classico questa mattina (20 giugno 2024). Il testo proposto è estratto dall’opera dialogica “Minosse“, attribuita a Platone. Sulla paternità reale del dialogo persistono infatti dubbi da parte degli studiosi. Tuttavia, il Minosse si inserisce a pieno titolo nei testi prodotti ai tempi dell’Accademia di Platone e, per quanto semplificato rispetto agli altri dialoghi platonici, è abbastanza coerente con la dottrina filosofica del maestro allievo di Socrate. Il “Minosse” è un dialogo tra Socrate e un non meglio precisato amico. Lo svolgimento del dialogo si basa sul cercare una risposta alla domanda “Che cos’é la legge?”. Proprio l’eccessivo valore che nel dialogo viene dato al concetto dell’immutabilità delle leggi positive, non del tutto platonico, induce a ritenere parte degli studiosi che il dialogo non sia autentico e che possa addirittura trattarsi di un testo di imitazione platonica scritto nel IV secolo.
In realtà, nel dialogo del “Minosse“, si ritrova, seppur semplificato, il concetto del governatore filosofo, molto caro a Platone, e il concetto di ricerca del vero e del bene come fonte di ispirazione di ogni buon legislatore che intenda promuovere leggi buone e giuste che contribuiscano alla felicità dei cittadini.
Questo dialogo si apre senza alcun preambolo con la domanda rivolta da Socrate ad un suo amico o compagno: Che cos’é la legge? L’amico, come accade in altri dialoghi, non intende subito ciò che Socrate precisamente desidera sapere. L’amico afferma che “la legge é ciò che si legifera, ossia ciò che legalmente si stabilisce”. Ma Socrate gli osserva che questa risposta non è giusta, come non sarebbe giusto l’asserire che il discorso è ciò che si discorre, la vista ciò che si vede, l’udito ciò che si ode. Certo, la legge non è un senso, al pari della vista e dell’udito, ma è piuttosto qualcosa che si può assomigliare ad una percezione o ad una dimostrazione, o, insomma, ad un procedimento scientifico, con cui si cerca di cogliere una verità, applicabile ai casi e alle condizioni della vita. Avvertito da questa obiezione, l’amico propone una seconda definizione: “La legge è una deliberazione o un decreto dello Stato”. E dunque, replica Socrate, è un’opinione; ma poiché la legge è sempre, come l’amico ammette, cosa bella e buona, mentre l’opinione, potendo essere vera o falsa, non è sempre tale, come deve essere l’opinione per acquisire valore di legge? L’opinione, per Socrate, affinché diventi legge deve essere vera. Però, obietta l’amico, se tale è la legge, come si spiega la diversità talvolta grande che esiste tra le leggi dei vari popoli e anche di uno stesso popolo in tempi diversi? Socrate risponde che si spiega col fatto che leggi sono spesso opera di incompetenti, laddove quelle meritevoli davvero di un tale nome sono le prescrizioni dei legislatori sapienti, che non si ingannano nella ricerca del vero e del bene. E qui inizia l’elogio di Minosse, re di Creta, come legislatore sapiente le cui leggi sopravvivono nel tempo e costituiscono la felicità dei popoli a cui sono rivolte.
Ecco la traduzione del passo proposto all’esame di maturità. La traduzione è di Emidio Martini, estratta dal volume “Timeo, Critia, Minos“, a cura di Salvatore Primiceri, edito da Libri dell’Arco, Rimini 2023:
E questo elogio, che Omero in poche parole fa di Minosse, è quale egli non fece di nessun altro eroe. Che in effetti Zeus sia un sofista e quest’arte oltremodo bella, il poeta lo mostra in parecchi altri luoghi, ma soprattutto qui; perché dice che Minosse ogni nono anno conversava con Zeus e lo frequentava per esserne educato, da quel sofista che Zeus é. Ora, che questo privilegio di essere educato da Zeus, Omero non l’abbia attribuito a nessun altro degli eroi, fuorché a Minosse, è un elogio meraviglioso. Inoltre, in quell’episodio dell’Odissea che ha per titolo Nekyia, cioè sacrificio per l’evocazione dei morti, lo stesso Omero ha rappresentato in atto di giudicare con uno scettro d’oro in mano Minosse e non Radamanto. Radamanto invece egli non lo ha presentato né qui come giudice, né in alcun altro luogo come in relazione familiare con Zeus; e però io affermo che tra tutti gli eroi Minosse è quello che da Omero è stato elogiato di più. Questo particolare, infatti, che tra i figli di Zeus egli solo sia stato educato da Zeus, è lode di cui non può darsene altra maggiore.
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