(di Salvatore Primiceri*) – Il testo di latino che gli studenti del liceo classico si sono trovati a tradurre durante la seconda prova dell’esame di maturità 2023, è un brano estratto dalla novantaquattresima lettera a Lucilio, contenuta nella splendida opera di Seneca intitolata “Lettere morali a Lucilio“.
In questa lettera Seneca mette in guardia l’amico Lucilio dai pericoli che potrebbero derivare dall’inseguire il consenso della folla. Seneca espone alcuni esempi di uomini “bruciati” dall’ambizione, dalla gloria, dall’irrefrenabile desiderio di eccellere sugli altri. Tale impeto finisce infatti per ritorcersi contro loro stessi con la stessa violenza con la quale cercano di primeggiare. Secondo Seneca uno dei motivi per cui diamo sfoggio dei nostri vizi è la presenza di ammiratori e di un pubblico disposto ad esaltarci. Nella vita ritirata, invece, i vizi spariscono perché non c’è più nessuno a cui poterli esibire e non c’è più nessuno disposto ad inneggiare alle nostre follie e ad applaudirci. Il saggio ricerca la felicità dentro sé stesso e non rivolge lo sguardo al volgo. Se ci trovassimo a svolgere azioni in pubblico o assumere ruoli pubblici, è bene farci affiancare e guidare da chi sa darci preziosi consigli per non cadere nella tentazione del compiacimento della folla. Il saggio comprende e sposa il valore della vita ritirata; si dedica agli studi e fa in modo che l’animo sia rivolto ai propri beni interiori piuttosto che a quelli esteriori.
Pre-testo in latino
Omnia ista exempla quae oculis atque auribus nostris ingeruntur retexenda sunt, et plenum malis sermonibus pectus exhauriendum; inducenda in occupatum locum virtus, quae mendacia et contra verum placentia exstirpet, quae nos a populo cui nimis credimus separet ac sinceris opinionibus reddat. Hoc est enim sapientia, in naturam converti et eo restitui unde publicus error expulerit. Magna pars sanitatis est hortatores insaniae reliquisse et ex isto coitu invicem noxio procul abisse. Hoc ut esse verum scias, aspice quanto aliter unusquisque populo vivat, aliter sibi.
Traduzione italiana
Bisogna eliminare questo campionario di esempi che ci trapassano gli occhi e le orecchie, e liberare l’animo ingombro di discorsi nocivi. In chi ne è preda bisogna far penetrare la virtù, perché estirpi le menzogne e le convinzioni in contrasto con la verità, perché ci separi dal volgo cui diamo troppa fiducia e ci riconduca a pensieri incorrotti. La saggezza consiste in questo: rifarsi alla natura, ritornare là dove un abbaglio comune ci aveva cacciato. Buon senso significa soprattutto abbandonare chi ci istiga alla follia e tenersi lontani da un connubio dannoso alle due parti. Vuoi rendertene conto? Guarda come in pubblico uno vive diversamente che in privato.
Testo in latino da tradurre
Non est per se magistra innocentiae solitudo nec frugalitatem docent rura, sed ubi testis ac spectator abscessit, vitia subsidunt, quorum monstrari et conspici fructus est. [70] Quis eam quam nulli ostenderet induit purpuram? Quis posuit secretam in auro dapem? Quis sub alicuius arboris rusticae proiectus umbra luxuriae suae pompam solus explicuit? Nemo oculis suis lautus est, ne paucorum quidem aut familiarium, sed apparatum vitiorum suorum pro modo turbae spectantis expandit. [71] Ita est: inritamentum est omnium in quae insanimus admirator et conscius. Ne concupiscamus efficies si ne ostendamus effeceris. Ambitio et luxuria et inpotentia scaenam desiderant: sanabis ista si absconderis. [72] Itaque si in medio urbium fremitu conlocati sumus, stet ad latus monitor et contra laudatores ingentium patrimoniorum laudet parvo divitem et usu opes metientem. Contra illos qui gratiam ac potentiam attollunt otium ipse suspiciat traditum litteris et animum ab externis ad sua reversum.
Traduzione italiana (di Mirko Rizzotto, traduttore del volume “Lettere morali a Lucilio“, in uscita per Libri dell’Arco Rimini)
La solitudine non è di per sé maestra di onestà o la campagna di frugalità; però, quando se ne sono andati testimoni e spettatori, cessano i vizi, che si beano di essere ostentati e osservati. 70. Chi indossa vesti di porpora per non esibirle? Chi mette le vivande in stoviglie d’oro solo per se stesso? Davvero uno dispiega lo sfarzo del suo lusso, sdraiato in solitudine, all’ombra di un albero nei campi? Nessuno sfoggia per il piacere dei suoi occhi o di poca gente o degli amici, ma sciorina l’apparato dei suoi vizi secondo la folla che lo guarda. 71. È proprio così : la spinta verso tutto quello per cui diamo segni di follia è la presenza di un ammiratore e di un testimone. Spegni il desiderio, se togli la possibilità di ostentazione. L’ambizione, lo sfarzo, la sfrenatezza, hanno bisogno della ribalta: se li tieni nascosti, ne guarirai. 72. E così , se ci troviamo in mezzo allo strepito delle città, ci stia a fianco uno che ci consigli, e alla lode di ingenti patrimoni opponga la lode di chi è ricco con poco e misura le ricchezze dall’uso che se ne fa. Contro coloro che esaltano il favore della massa e il potere, lui sottolinei con ammirazione l’esistenza ritirata dedita agli studi e l’anima che si ripiega su se stessa.
Salvatore Primiceri
*Salvatore Primiceri, giurista e studioso di filosofia morale, ha curato insieme a Mirko Rizzotto tutta la collana dei “dialoghi morali” di Seneca per Libri dell’Arco Rimini.
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