È riuscito a portare a Venezia 81 nella categoria dedicata ai film restaurati un caposaldo del teatro e un lavoro cinematografico senza tempo, stiamo parlando del Mahabharata di Peter Brook.
Ho avuto il piacere di scambiare qualche parola con Simon Brook riguardante questo straordinario e a modo suo “epico” lavoro di restauro.
- Come si è svolto il processo che ha portato al restauro di questo lavoro?
Allora io stesso sono un film maker, e quindi mettere mano al lavoro di qualcun altro (di mio padre in questo caso) è un qualcosa di particolare. Ti spiego, per me fare un film è come cucinare. Inviti le persone a casa per fargli vedere cosa andrai a cucinare per loro. Il cattivo cuoco, il cattivo “regista” prende tutto ciò che trova al supermercato mettendo i prodotti e gli ingredienti quasi a caso mentre quello più attento si informa sulle allergie dei presenti, sui loro gusti, etc … Mi piace questa metafora del cibo e la uso spesso per fare un parallelo con il cinema. Ma con il cinema restaurato il discorso cambia …
- Ci si trova con un piatto già fatto …
Esatto, un piatto già preparato. Ci stavo pensando proprio ieri. Diventa un lavoro su misura, diventi come un sarto. Hai un bel vestito, e lo devi aggiustare una maglia alla volta dove si è rovinato, un lavoro di artigianato e di pazienza.
- Quindi siete partiti dai materiali originali?
Si, abbiamo cercato di utilizzare quasi tutto il materiale esistente. Abbiamo usato il 96-97% del materiale originale. Siamo andati a fare delle scansioni anche che in Europa non erano mai state utilizzate prima per lavorare il materiale. Normalmente si scannerizza in 2 o 4K – noi abbiamo usato scansioni in 8K. Il laboratorio che abbiamo utilizzato era in Germania, l’unico in Europa con questi macchinari in grado di utilizzare questa tecnologia.
- Come avete fatto per i negativi?
Dopo averli catalogati li abbiamo spediti in Germania per ottenere le calibrazioni corrette e poi procedere alle scansioni. Era una quantità enorme di dati … giusto per darti un’idea almeno un centinaio di Terabyte che ci sono arrivati poi da questi laboratori.
- E per quanto riguarda la durata del processo di restauro?
Abbiamo iniziato quasi due anni fa ed eravamo molto indietro. Non pensavo fosse possibile portare il film qui in tempo, però Alberto Barbera ci ha fatto del pressing perché anche lui teneva molto al progetto e voleva avere qui il film per questa edizione. È un festival questo di Venezia che amo molto, adoro la gente che c’è qui.
- La sezione classici è molto completa quest’anno con tanti titoli storici e molti registi iconici.
È una sezione molto diversa dalle altre. Parliamo di film ai quali la gente è appassionata, film dove c’è un cuore pulsante all’interno. Sono film che la gente va a vedere non per vedere qualcosa di nuovo, va a vederli perché ci è legata sentimentalmente per la maggior parte.
- Avete già pianificato un DVD di questa versione restaurata?
Assolutamente. La versione teatrale era di sei ore mentre quella per la televisione, che è quella restaurata dura tre ore. Nel DVD penso andranno incluse entrambe. 2 DVD con entrambe le versioni. L’unico pensiero è che tutto il materiale non riesca ad entrare in un DVD (ride)sia per un discorso di qualità che di quantità. Dobbiamo trovare anche il bilanciamento giusto tra qualità e prezzo finale che questo prodotto avrà.
Stavamo pensando una versione IMAX oppure alla possibilità di creare un evento speciale per riproporlo qualche giorno al cinema. Perché essendo un prodotto inizialmente nato per il teatro il fatto di portarlo in sala crea già una dimensione per un’esperienza condivisa che invece a produrlo solo per uso privato si andrebbe a perdere. Il fatto di essere tutti insieme in una sala, condividere idee e parlare prima e dopo la visione.
- La sua decisione di prendere parte a questo restauro da dove viene?
È successo. Non ho preso nessuna decisione. Come non ho scelto mio padre, penso piuttosto che sia stato lui a scegliermi. Quand’ero ragazzo avevo una grande passione per la fotografia e mio padre mi portò in India con lui e mi ricordo la fascinazione per i costumi, la cultura e i templi che vedemmo in quei due mesi di permanenza. Sono stati momenti straordinari.
- Era quindi la preparazione del Mahabharata?
All’epoca non l’avevo capito ma dopo ho realizzato che era la prima fase. Che il viaggio era stato per lui già un modo di iniziare la prima fase di questo progetto. Dopo ho visto lo spettacolo a teatro, l’ho visto a Los Angeles, Parigi, New York e in molti altri posti. Il cast era già ed è diventato parte della mia famiglia negli anni.
- Quando girarono la versione per la televisione era quindi presente alle riprese?
All’epoca vivevo a New York, mi ricordo parlavamo molto, abbiamo avuto molte discussioni assieme di come riuscire a creare una versione filmica che contenesse lo spirito dello spettacolo teatrale che veniva proposto ogni sera dal vivo al pubblico.
Il cinema è un media che mostra cose, il teatro è un medium che te le fa invece immaginare. Come fare per metterle insieme? Questo era il nostro grande interrogativo. Cercare di mostrare la crudeltà e la tragedia della battaglia ma senza far vedere persone squarciate e gocciolanti di sangue …
Penso ora, l’ho realizzato nel tempo che mio padre fosse geniale, perché quello che ha realizzato è stato qualcosa di unico e di innovativo veramente al tempo, tanto che oggi siamo ancora qui a studiarlo e ad indagarlo.
Messua Mazzetto
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