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13835730_10208718389709828_983712711_o(di Giulio Perrotta) L’ISIS sta subendo una perdita dietro l’altra, a seguito delle missioni internazionali che stanno colpendo obiettivi sensibili. Nonostante tutto, così come già annunciato nei giorni scorsi dal Vicedirettore di Europol: <<I fanatici, che hanno giurato fedeltà al sedicente Stato Islamico, potrebbero utilizzare nuove pericolose modalità per i loro attacchi>>.

Di cosa stava parlando in particolare? Ci faremo aiutare dal Dott. Vincenzo Priolo, specializzato presso il Centro Alti Studi per la Difesa, amico della testata giornalistica l’Altra Pagina.

Vincenzo, ci aiuti a chiarire questo passaggio?

Certamente! Si è visto un particolare interesse per le armi chimiche, batteriologiche o nucleari. Il sabotaggio alla centrale belga è un chiaro segno di interesse e l’intervento decisivo di Putin in Siria muta fortemente lo scenario. Non più dunque dirottamenti o attacchi in luoghi di forte concentrazione attenzionate e facilmente prevedibili! Certamente, il loro successo è dato dal numero di uomini infiltrati su cui possono contare in Europa.

Perché tentano di colpire soprattutto il Belgio?
Il Belgio, ma come abbiamo visto, anche la Francia, sono paesi nel mirino di questi criminali e rappresentano il cuore dell’Europa. Sono nazioni con un gran numero di infiltrati di prima e seconda generazione in cui c’è stata una grave sottovalutazione da parte degli organi di sicurezza interna.
Perché in Italia ci sentiamo più sicuri?
L’Italia non ha le stesse identiche problematiche dal punto di vista sociale di Francia e Belgio. Non abbiamo periferie cosi abbandonate e ghettizzate che, come sappiamo sono ingrediente principale e terreno fertile per i giovani in fase di radicalizzazione. Inoltre, abbiamo ottime forze di polizia, molto professionali, specie nel controllo del territorio e nella prevenzione. Altro fiore all’occhiello è il nostro apparato di intelligence, stimato ed apprezzato da molti paesi europei. Anche dal punto di vista geografico e culturale siamo più avvantaggiati. La vicinanza delle coste del nord Africa e la preparazione di uomini e donne dei nostri servizi hanno influito positivamente fornendo una maggiore “capacità di ascolto” a tutto il sistema.
Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi?
I mesi a venire saranno sicuramente burrascosi, l’evoluzione del fenomeno jihadista andrà verso la fase peggiore. Per questo motivo bisognerà unire le forze in campo e ampliare maggiormente i canali di dialogo interni. Lo scontro è in atto!

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