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Poi, oggi, apro il giornale e scopro che un altro ragazzo di 14 anni a Roma si è suicidiato perchè era gay. Allora prende il sopravvento la rabbia, che inizia da molto lontano.
Era il 2007, quando Matteo, sedici anni di Torino, si getta da un balcone. I suoi compagni di scuola lo emarginavano e lo chiamavano Jonathan, come il personaggio del Grande Fratello. Lo prendono in giro dicendo “sei gay, ti piacciono i maschi”. E’ il primo suicidio che mi colpisce dritto allo stomaco, il primo che mi urla rabbia nelle vene e mi fa chiedere giustizia. E’ quello che mi ricorda di quando anche io pensavo a come tirare avanti, un ragazzino gay in una provincia come quella di Cuneo dove la parola “omosessuale” era bandita da ogni vocabolario in un clima di omertà e silenzio.
Molti, troppi ne sono seguiti. Da quelli che hanno scalato le cronache nazionali (Andrea, il ragazzo dai pantaloni rosa, impiccatosi lo scorso anno sempre a Roma) a quelli che non hanno fatto troppa notizia, come il ragazzo di Torre del Greco nell’ottobre del 2009, il sedicenne trans gender in provincia di Agrigento, a Vicenza il ragazzo che ha tentato di scavalcare il parapetto di un cavalcavia, il ragazzo che a marzo di quest’anno si è gettato dal balcone sempre a Roma, e molti, molti altri che non entrano nelle cronache ma che conserviamo nel silenzio del nostro cuore: amici, compagni, conoscenti le cui motivazioni sono spesso coperte dal silenzio imbarazzato o inconsapevole.
E’ stimato infatti circa che un terzo dei suicidi di ragazzi e ragazze in età adolescenziale è dovuto al loro orientamento sessuale (dati varie ricerche in Italia, tra cui Modi di dell’Istituto Superiore della Sanità e Arcigay – 2005)
E allora basta, basta. Bisogna avere il coraggio di indicare i responsabili di queste morti. Ed io punto il dito, con la gelida fermezza di chi vede ogni anno persone intorno a sè consumate dal dolore della non accettazione, ragazzi e ragazze che cercano la nostra associazione per potersi dichiarare, per chiedere consiglio su come affrontare i genitori, gli amici, i compagni di scuola. Ragazzi e ragazze vittime di violenza e di bullismo per il loro orientamento sessuale o la loro diversa identità di genere. Famiglie che telefonano perchè hanno scoperto la “vergogna di avere un figlio gay” e hanno bisogno di qualcuno che dica loro che non vi è nulla di vergognoso in tutto ciò, perchè nessuno ha mai loro insegnato che possono avere “un figlio o una figlia, che può essere etero o omosessuale”.
Punto il dito contro Binetti, Giovanardi, Bindi, Buttiglione, Roccella, e chi continua a sostenere che la legge contro l’omofobia è una legge inutile, o contro la libertà di espressione, e che vogliono continuare a mantenere la loro libertà di insulto. Punto il dito contro Ostellino, contro quegli scribacchini vanesi e asserviti ai poteri forti, alle lobby di interessi ben poco morali che rispondono dalle direttive di questo o quell’ecclesiastico di riferimento in cambio di favori, carriere, voti.
Punto il dito contro chi considera i gay malati, nonostante tutto il mondo scientifico ed accademico abbia certificato già dal 1990 che l’omosessualità è una parte naturale dell’essere umano (Organizzazione Mondiale della Sanità), chi li vuole curare o convertire, chi li considera “poverini”, quasi fossero degli esseri inferiori necessari di impegno e affetto, da trattare come bambini ignoranti da chi conosce – meglio di loro, solitamente chi afferma di avere “molti amici gay” – ciò di cui hanno bisogno.
Punto il dito contro Avvenire, e quelli che portano avanti – rivendicando valori cattolici – campagne populiste di falsità e menzogne, non rispettando nemmeno il monito del loro credo che incide nelle tavole di pietra “non dire falsa testimonianza”. Menzogne così evidenti che spiccano dalle parole stesse di chi le pronuncia, quando sotto la bandiera della libertà di espressione chiedono di non essere “colpiti” da una legge che punisce solo le discriminazioni messe in atto e in progetto, rivelando così che la loro volontà è quella di poter continuare a discriminare.
Punto il dito contro di voi, perchè ho memoria di chi da sempre persegue un ordine morale e sociale, di chi ci vorrebbe tutti e tutte uguali, incasellati, ridotti a stereotipi dettati da un dettame religioso o politico. Ricordo che quando queste forze hanno preso il sopravvento tutte e tutti ne abbiamo pagato le conseguenze, non solo chi è “diverso”, come in Germania con l’avvento del nazismo, in Italia con il fascismo, in Russia con lo stalinismo ed ogni altro regime dittatoriale.
La vostra volontà discriminatoria, le vostre violenze verbali, le vostre menzone fecondano e giustificano quell’omofobia e transfobia che sono parte purtroppo della cultura del nostro paese. Un paese che ha bisogno di guarire dal razzismo, dall’omofobia, dal femminicidio.
Io vi accuso. Vi accuso di essere i mandanti ideologici delle le violenze, gli insulti, le minacce, le aggressioni, gli omicidi e i suicidi delle persone LGBT di questo paese.
Le vostre mani sono lorde del nostro sangue.
Giusta Marco Alessandro
Componente Segreteria Nazionale Arcigay
Componente Segreteria Nazionale Arcigay
Presidente Arcigay Torino Ottavio Mai
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