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(del Prof. Avv. Andrea Sirotti Gaudenzi) – L’esempio del protomartire risorgimentale é attuale dopo quasi due secoli. Il 23 novembre 1825 venne eseguita a Roma la condanna a morte del patriota romagnolo Leonida Montanari.

Nato a Cesena il 26 aprile 1800, Leonida Montanari aveva studiato medicina a Bologna, per poi concludere la sua formazione scientifica a Roma, dove aderì alla Carboneria, con il proposito di portare il proprio contributo al risveglio del sentimento nazionale.

Viene descritto dagli storici come un giovane leale, determinato e intelligente. Edoardo Fabbri ne diede un commosso ritratto: «Era di Cesena, di povera ma onestissima famiglia; in età di soli 24 anni aveva già nome nell’arte chirurgica; era bello come uno de’ più belli Italiani. Aveva il cuore pieno di gentilezza, d’onore, d’amore della patria».

Montanari aveva assistito alla restaurazione pontificia ed era stato testimone di molti «regolamenti di conti» a seguito del ritorno al potere del Papa Re. Nell’estate del 1815 il cesenate Pio VII aveva ripreso possesso delle antiche legazioni pontificie romagnole. Mentre l’eclettico Mauro Guidi, «perito geometra ed architetto civile» augurava la morte ai liberali, molti cesenati, delusi dall’esperienza napoleonica e -al contempo- atterriti dalla restaurazione, incominciavano ad organizzarsi: già nel 1816 a Cesena alcuni liberali guidati da Vincenzo Fattiboni, si riunivano presso l’Alta Vendita della Carboneria. Oramai, anche a Cesena erano state gettate le basi di quel sentimento che darà vita ad una delle pagine più cariche di simboli della nostra storia: il Risorgimento nazionale. Del resto, si era rafforzata l’idea democratica e repubblicana, forte dei suoi vessilli: il primo piccolo tricolore, visto in «Piazza grande» il 18 febbraio 1797, e il “giacobino” albero della libertà. Erano stati costruiti i presupposti per l’impegno di uomini come Leonida Montanari che, partiti dalla Romagna, portarono un grande esempio all’intera Nazione.

Ma chi era veramente Leonida Montanari?

Esistono testi in cui il giovane medico viene descritto non come cesenate, ma come forlivese; altri -romanzando la vita dello sventurato giovane- ne riportano tratti non documentabili; altri ancora, mossi da spirito quasi «agiografico», ne esaltano le virtù, perdendo comunque la strada della ricostruzione storica.

La vita di Leonida Montanari fu ricostruita in modo sistematico dallo storico romagnolo Nazareno Trovanelli, che ne riconobbe i natali cesenati del patriota. Proprio Torvanelli amava ricordare che «un uomo si definisce tale, quando ha per madre la moralità». E l’esempio di Montanari non poteva che evocare suggestioni forti nel cantore per eccellenza della storia cesenate. Il Trovanelli sulle colonne del giornale che fondò, dal significativo titolo «Il Cittadino», raccontò, commosso, la storia di Leonida.

Sicuramente, si può dire che Leonida Montanari era uno spirito libero e difficilmente può essere collocato all’interno delle attuali categorie ideologiche, anche se qualche voce politica ha tentato (senza troppa fortuna) di appropriasi dell’eredità morale del patriota. Sicuramente, Montanari credeva nell’affermazione di uno stato nazionale e democratico. Inoltre, nonostante alcune fallaci rappresentazioni popolari, Montanari era animato dal credo più autenticamente cristiano. Infatti, come ricorda Francesco Gigliucci nelle «Memorie della Rivoluzione romana», Leonida era un «frequentatore di chiese e di religiosi esercizi» (tanto da essere anche indicato da alcune fonti come un giovane che aveva preso i voti religiosi).

Leonida, assieme all’amico Angelo Targhini, venne accusato dalle autorità governative di un attentato ai danni di Giuseppe Pontini, un carbonaro che aveva tradito la propria «vendita», trasformandosi in spia ai servizi delle autorità governative. Il processo fu condotto senza il rispetto del diritto di difesa, appositamente per giungere ad una sentenza che stabilisse la colpevolezza di Montanari e Targhini, contro i quali, in realtà, nessuna prova era stata raccolta. I due erano colpevoli solo di essere carbonari, vale a dire di essere ispirati da valori incompatibili con il Governo della Chiesa del tempo.

Alla notizia della condanna, il giovane medico, già in carcere, reagì con fermezza. Innanzitutto, ribadì di non aver alcuna responsabilità, ma non si oppose all’esecuzione della condanna, certo che il suo sacrificio avrebbe fatto comprendere ai romani tutti i limiti di un Governo basato sul sangue, in cui il successore di San Pietro era un monarca non sempre particolarmente incline a seguire gli insegnamenti di Cristo. In effetti, all’esecuzione di Montanari e Targhini assistettero oltre 30.000 persone, disperate per la sorte delle due giovani vittime innocenti

La fine dei due giovani fu orribile: giustiziati, furono seppelliti nei pressi del noto «Muro torto», nella fossa comune dedicata a assassini e prostitute. L’accusa (in realtà, mai provata) di aver sposato le idee liberali non consentiva ai loro resti di essere ammessi all’interno delle sacre mura della Città eterna.

All’ombra del soglio pontificio, l’erede di Pietro permetteva anche nefandezze del genere…

Eppure, nella suggestiva Piazza del Popolo, la folla capì il messaggio che i due patrioti volevano lasciare. Il sacrificio dei due «cospiratori contro il governo di Sua Santità» venne così compreso dal popolo.

Tra i tanti romani presenti all’empia esecuzione,  si sparse rapidamente la notizia che il giovane medico cesenate aveva lasciato scritto sui muri della cella, il giorno prima dell’esecuzione, un monito carico di significati: «ascoltare con prudenza, credere con ragione, determinare con giustizia». Un monito ancora attuale, dopo quasi due secoli, se si pensa che, purtroppo, la Giustizia del nostro Paese figura tra gli ultimi posti al mondo per efficienza.

E’ noto, infatti, che l’ultimo rapporto «Doing Business» piazza l’Italia agli ultimi posti tra i Paesi del mondo per appeal del sistema giudiziario: un motivo in più per ritenere l’esempio di questo giovane uomo ancora attuale nell’anniversario della scomparsa.

Andrea Sirotti Gaudenzi

Avvocato e docente universitario

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