di Giovanni Reho – Fa riflettere e discutere la decisione di bloccare l’account di Trump e quello di altri soggetti (anche in Italia) che per le loro idee o comportamenti hanno meritato, secondo l’insindacabile giudizio dei “social sovrani”, la sanzione inappellabile di essere oscurati, azzittiti e per questo anche pubblicamente vilipesi.

Non si tratta di esprimere un giudizio sul soggetto destinatario della “punizione” di volta in volta adottata dai “superpoteri sociali” (si può essere d’accordo che alcune dichiarazioni o comportamenti possano essere sconvenienti e altre anche oltre la soglia del lecito).

Rileva piuttosto considerare che i nuovi “superpoteri sociali” sono in grado di adottare misure sanzionatorie e coercitive senza riconoscere la superiorità della legge, del giudizio di un’autorità amministrativa o giudiziaria nazionale o sovranazionale ed assumere le proprie iniziative in modo estemporaneo ed istantaneo, secondo criteri selettivi non controllabili se non anche arbitrari.

In un nuovo sistema dipendente dalle decisioni dei “superpoteri sociali”, tutti nessuno escluso possono essere destinatari e vittime di imprevedibili condotte sanzionatorie senza possibilità di difesa e di tutela.

Nell’attuale contesto democratico e costituzionale, quale domanda di giustizia può essere esercitata con modalità sanzionatorie talmente estemporanee e pervasive da escludere l’intervento delle autorità competenti e sopperire alle loro prerogative istituzionali di giudicare gli autori di un illecito nel rispetto delle forme previste dalla legge?

È ammissibile arrogarsi unilateralmente di tale potere sanzionatorio al di fuori di qualunque forma di controllo e di verifica da parte della legge?

La sanzione della censura (nei casi tassativi in cui è ammessa) è presidiata da leggi e regole che prevedono un giudizio di accertamento nel quale è garantito il diritto al contraddittorio e il diritto del responsabile di formulare le proprie difese.

Il “superpotere sociale” sembra dare prova di disconoscere queste regole e di agire indipendentemente da ogni giudizio di accertamento da parte delle autorità giudiziarie preposte.

Dobbiamo comprendere che l’esercizio di siffatto “superpotere sociale” (che appare disconosce apertamente la propria subordinazione alle leggi nazionali o sovranazionali) può essere pericolosamente antidemocratico e può rischiare di introdurre un sistema di censure (giuste o ingiuste che siano) già sperimentato in passato nei più oscuri contesti di regime.

Si deve riflettere che questo nuovo “superpotere” è in grado di assumere un ruolo autarchico e autoritario difficilmente contrastabile, con la possibilità di scardinare un ordine sociale che la civiltà ha conquistato dopo secoli di lotta per l’affermazione di ineludibili principi di democrazia, libertà e giustizia da tempo considerati intangibili.

Oggi, pochissimi soggetti con esclusive finalità di profitto e fatturati stratosferici sono purtroppo in grado di soverchiare con il proprio smisurato potere alcuni miliardi di persone. È giusto subire un “superpotere” che si sovrappone in modo incontrastato alla superiorità della legge e che detta condizioni insindacabili, istantanee e senza possibilità di appello?

Democrazia è affermazione di un principio opposto, nel quale ogni persona umana ha il diritto di orientare il governo dei propri rappresentanti secondo leggi e regole predeterminate, preordinate al rispetto di uno scopo comune a tutela di principi di libertà e uguaglianza.

Per queste ragioni i “social sovrani” dovrebbero considerare che la civiltà non ha ancora concluso il suo percorso.

Si può dare l’impressione di adattarsi apparentemente e temporaneamente all’avvento di nuovi regimi sofisticatamente moderni, ma il cammino di civiltà ha la possibilità di promuovere istanze e cambiamenti civili per la sopravvivenza del proprio bene e l’affermazione del proprio incoercibile istinto di libertà.

Pensare e riflettere criticamente su quanto accade è una tappa fondamentale per un nuovo cammino di civiltà e democrazia.

Giovanni Reho

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