di Giovanni Reho – In una visione manichea, la realtà può essere separata in due, ad esempio secondo un’idea di luce oppure al suo opposto un’idea di buio. In questo modo, si nega la complessità della realtà e delle mutevoli sfumature che la caratterizzano.
La rigidità del pensiero dicotomico è estranea al confronto, all’ascolto o alla condivisione come forme di preziosa ed irriducibile conquista del lavoro di gruppo, in particolare nelle situazioni oggettivamente complesse.
Il pensiero dicotomico ha un duplice effetto negativo. Compromette la capacità di giudicare e di assumere corrette decisioni. In quanto distorto dalla logica del “bianco o nero”, il pensiero è impermeabile ad ogni ulteriore elemento che andrebbe invece ragionevolmente considerato.
Nel lavoro, inoltre, l’idea che i rapporti e le persone possano essere schematizzati in modo netto e permanente è la causa fondamentale di relazioni conflittuali. Più correttamente invece il pensiero e l’osservazione dovrebbero riguardare l’azione o l’operato sulla base dei risultati che oggettivamente provoca o produce.
Si può comprendere come un approccio dicotomico sia estraneo, o almeno controproducente, in un contesto nel quale la capacità di ‘problem solving’ è indispensabile.
Il ‘problem solving’ postula infatti la capacità di un approccio creativo in grado di separare il pensiero “divergente” e “convergente”.
Il pensiero divergente è un processo mentale, istintivo o intuitivo, che crea molte potenziali soluzioni e altrettante possibilità, secondo un fenomeno che comunemente definiamo brainstorming. Il pensiero convergente è invece quello che genera un percorso ponderato di sintesi, potenzialmente deputato alla scelta dell’opzione considerata più promettente.
Possiamo comprendere come la complessa e affascinante elaborazione del pensiero critico, creativo e flessibile sia interdetta nel pensiero dicotomico.
L’antidoto alla dicotomia del pensare è la modalità di pensiero che mi piace definire “pensiero comprensivo”.
Il processo di pensare nel pensiero comprensivo ha una dimensione intima e personale, nella quale il soggetto si apre a sé stesso accedendo all’introspezione e all’auto-empatia.
Questa fondamentale fase dinamica ed esplorativa consente di sviluppare un percorso di profonda riflessione grazie alla quale è possibile attivare la capacità di “comprendere” limiti e potenzialità del proprio pensiero.
Il percorso del “comprendere”, nell’accennata dimensione introspettiva, schiude un orizzonte che abbraccia, riunifica e integra tra loro tutti i possibili sviluppi, elementi e contenuti del processo pensante.
Sul piano anche emotivo, il pensiero comprensivo genera la conquista di aree misteriose prima inesplorate, prodighe di potenzialità di sviluppo del pensiero creativo con le quali stabiliamo un rapporto di crescente e appassionata confidenzialità.
Le tappe fondamentali del pensiero comprensivo richiedono un tempo di costruzione non definibile nel quale si avviano fasi progressive di sviluppo.
La solitudine della riflessione, l’annotazione della memoria dei propri pensieri, la raccolta e la selezione di ogni possibile soluzione e alternativa e, infine, in una prospettiva dinamica ed interattiva, la condivisione e il confronto con gli altri.
Sul piano relazionale, il pensiero comprensivo stabilisce un contatto costruttivo con il mondo altrui al fine di “comprendere” le ragioni dell’altro, in funzione della soluzione del problema.
In questo ambito di fondamentale importanza, la comprensività del pensiero tende ad unificare e riunire, a far convergere quanto il pensiero dicotomico avrebbe separato. Ogni contributo diventa essenziale nel processo di costruzione della soluzione, mediante l’ascolto e la comprensione del contenuto e dello stesso spirito che lo include. In tal senso, il pensiero comprensivo crea coesione perché abbraccia e “comprende” ogni forma, modo ed espressione dell’altro secondo un processo di empatia relazionale.
La ricchezza del ‘pensiero comprensivo’ deriva dalla vastità del suo orizzonte di osservazione che potenzia esponenzialmente i risultati del lavoro proprio e di gruppo in termini di valutazione critica e soluzione creativa.
Giovanni Reho
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