della dott.ssa Patrizia Bonaca – Leggendo il codice europeo di condotta per mediatori e in particolar modo le caratteristiche che devono appartenere al mediatore come l’indipendenza, la neutralità e imparzialità non posso fare a meno di introdurre un concetto, a mio avviso, propedeutico a queste ultime e cioè la capacità di “ascoltare” del mediatore.
In prima battuta si potrebbe pensare che saper ascoltare sia una dote innata o acquisita con l’esperienza, ma in realtà, penso, pochi di noi si sono mai chiesti veramente in che modo ascoltino!
In effetti quale addestramento o formazione abbiamo ricevuto che ci permetta di ascoltare in modo da poter comprendere realmente, profondamente, una situazione, dal punto di vista di un altro essere umano?
L’autore, Stephen R. Covey, nel suo “Le 7 regole per avere successo”, evidenzia una regola d’oro per saper ascoltare e cioè:
“…prima cerca di capire….poi di farti capire…”
Penso che questa regola, per quanto semplice possa apparire, racchiuda il senso di come dovrebbe ascoltare un buon mediatore per essere e non solo apparire indipendente, neutrale e imparziale.
E’ il cosiddetto “ascolto empatico”
Per ascolto empatico si intende l’intento di comprendere l’altro, significa sforzarsi di guardare il mondo nel modo in cui l’altro lo osserva, capire cosa prova.
Ascolto empatico (Cfr. Stephen R. Covey, Le 7 regole per avere successo, ed. Franco Angeli pag. 212) non significa essere d’accordo con qualcuno ma capirlo sia da un punto di vista emotivo che intellettuale.
“Empatia non è simpatia”…
Ascolto empatico significa astenersi dal:
· Valutare;
· Inquisire;
· Consigliare;
· Interpretare;
· Schernire;
Generalmente ascoltiamo gli altri in modo autobiografico e tendiamo a rispondere valutando, inquisendo, consigliando e interpretando se non delle volte schernendo.
Riporto, come esempio, una conversazione tra le più comuni tra padre e figlio avente come oggetto la scuola. (Tra parentesi è riportato lo stato d’animo del figlio ).
Figlio: “Papà non mi piace andare a scuola, non ha niente di pratico, voglio fare come il mio amico che ha smesso e ora lavora” (per me è diventato un vero problema la scuola e questo anno rischio di essere bocciato).
Il padre risponde inquisendo, consigliando e valutando: andare a lavorare ora…, stai scherzando vero? (non sarebbe contento di me se smettessi di studiare);
Cosa c’è che non va figlio mio? (allora è interessato…)
Senti, ma hai provato sul serio a metterti a studiare? (…io ho un problema serio con la scuola…non vuole capire…).
Ti rendi conto di quanti sacrifici stiamo facendo io e tua madre per mandarti ad una scuola così di pregio (ecco…ora mi deve colpevolizzare, ma io ho un problema serio con la scuola).
Adesso non puoi vedere i benefici derivanti dallo studio di certe materie e poi devi guardare a lungo termine (eccoci…. ora inizia con la sua autobiografia,… a me interessa il mio problema).
Nell’esempio riportato sono visibili i limiti di una conversazione quando cerchiamo di capire la persona solo attraverso le parole pronunciate e specialmente quando la osserviamo attraverso i nostri occhiali comunicativi.
Provo ora a dimostrare come un ascolto differente può produrre diversi risultati anche su una conversazione semplice e comune come quella scelta, ascoltando in maniera empatica, e cioè applicando alternativamente o congiuntamente le seguenti tecniche:
Con la tecnica dell’ascolto attivo, il padre ascolta ripetendo le parole: non vuoi più andare a scuola è per le persone che non hanno iniziativa…… (Ha risposto senza valutare, inquisire, interpretare e consigliare)
Con la tecnica della riformulazione, il padre pensa razionalmente a quello che ha detto il figlio: tu non hai più voglia di andare a scuola …..;
Tramite il pensiero creativo-laterale (Cfr. Edward de Bono, Il pensiero laterale, ed BUR.), il padre si riferisce allo stato d’animo del figlio: sei proprio frustrato dalla scuola…. (la frustrazione è il sentimento la scuola il contenuto);
Con l’ascolto empatico la persona acquista fiducia e comunica oltre le parole il suo vero stato d’animo in quanto si è prestata attenzione sia al sentimento che al contenuto del discorso. In pratica si è riusciti a fare in modo che “ l’altro non pensa e sente un cosa ma ne
comunica un’altra”.
Rivediamo la conversazione applicando i quattro passi dell’ascolto empatico:
Papà non voglio più andare a scuola e per le persone che non hanno iniziativa!(figlio)
Non vuoi più andare a scuola è per le persone che non hanno iniziativa..(padre)
Si non voglio più andarci, perdo solo tempo…!(figlio)
Pensi che la scuola sia una perdita di tempo e non ti dia niente per il tuo futuro…..(padre).
Si il mio amico ha smesso di andare a scuola e ora guadagna tanti soldi…!(figlio)
Si vede che ti senti proprio frustrato dall’ambiente scolastico……(padre)
Si che mi sento frustrato vorrei fare come il mio amico! (figlio)
Secondo te il tuo amico ha avuto l’idea giusta……(padre)
Beh, penso di si bisognerà però vedere tra un po’ di anni! (figlio)
Pensi che tra un po’ di anni si pentirà di questa scelta ……(padre)
Beh si se non hai un diploma è veramente difficile farsi strada oggi…!(figlio)
Si oggi è veramente difficile…..(padre)
Ho delle difficoltà con la matematica e mi rimane difficile parlarne con l’insegnante. Tu non lo dirai alla mamma vero?
Cosa pensi dovrei fare?………… !(figlio)
Nell’esempio riportato, grazie ad una diversa qualità di ascolto, il padre è riuscito a guardare il problema dallo stesso lato del tavolo del figlio per aiutarlo a trovare una soluzione. In effetti il vero bisogno del figlio era quello di dover giustificare con la madre il suo possibile debito in matematica.
Questo semplice esempio per dimostrare come un giusta attenzione al modo di ascoltare può raggiungere risultati inaspettati in modo da consolidare l’autorevolezza del mediatore.
E’, quindi, fuor di dubbio che occorra una formazione specifica all’ascolto, che permetta al mediatore di andare oltre i suoi schemi comunicativi con pazienza, umiltà e capacità di autosservazione.
Il mediatore deve facilitare l’emergere di una soluzione nuova e comoda per entrambe le parti creando l’atmosfera giusta al componimento del conflitto. Il mediatore dovrebbe riuscire a creare un contenitore per le parti e ricordarsi sempre di non presentarsi come l’esperto della questione in quanto il vissuto emotivo del conflitto è di proprietà esclusiva delle parti, la sua storia e la sua evoluzione.
A questo proposito propongo degli spunti sull’arte di ascoltare tratti da una tecnica esperienziale da me utilizzata nei corsi di comunicazione, di cui sono trainer autorizzata dal Focusing Institute di New York, dal nome FOCUSING (Cfr. Ann Weiser Cornell, Focusing, Edizioni Crisalide. Il metodo della ripetizione è stato scoperto da Carl Rogers, uno psicologo statunitense, fondatore della terapia non direttiva e noto in tutto il mondo per i suoi studi sul counseling e la psicoterapia all’interno della corrente umanistica. Estratto dal libro “Focusing” di Eugene T. Gendlin, Edizioni Astrolabio, pag. 131).
…Ascoltare significa prima di tutto essere presenti a se stessi, lasciando andare qualsiasi idea possiate avere sulla persona che state ascoltando e su quello che dovrebbe fare o cambiare. Può darsi che questa esperienza del solo ascolto possa riuscire insolita e difficile, infatti quante volte ci capita di ascoltare, solo ascoltare, senza pensare, analizzare, giudicare o pianificare cosa risponderemo? Delle volte può rappresentare una esperienza abbastanza gratificante ripetere solo alcune parole della persona ascoltata per darle un segnale della nostra attenzione, ma questo può rappresentare per il mediatore anche un modo per liberare la mente dal caos e dedicarsi al tempo della mediazione. Se riserverete un periodo di tempo dedicato esclusivamente all’ascolto, mostrando solamente quando seguite l’interlocutore e quando no, scoprirete qualcosa di stupefacente: gli altri riusciranno a dirvi molto di più…..utilizzando espressioni come “Si”, “Capisco”, “Ah certo, capisco veramente quello che provi”…oppure “Ho perduto il filo potresti ripetere, per piacere?…potrete osservare il dispiegarsi di un ampio processo comunicativo.
I nostri consigli, le nostre reazioni, i nostri incoraggiamenti, le nostre rassicurazioni e i nostri commenti ben intenzionati di fatto impediscono agli altri di sentirsi compresi. Provate a seguire attentamente qualcuno senza aggiungere niente di vostro in quello che dice.
Resterete sbalorditi! Non introducete mai argomenti che non siano stati espressi dall’interlocutore, non intromettete mai le vostre idee.
Come si può mostrare di comprendere esattamente: dicendo un paio di frasi che tocchino il significato personale di quello che l’interlocutore vuol dare a intendere. Sarebbe meglio usare le stesse parole dell’interlocutore, gli altri hanno bisogno di sentire che parlate, che avete compreso ogni singolo passaggio, dicendo qualche parola di conferma su tutte le cose che sta cercando di farvi capire, in pratica bisognerebbe cercare di giungere al nodo della questione esattamente così come l’interlocutore lo comunica e lo sente.
Per esempio supponete che una donna vi abbia raccontato qualcosa riguardo a una complicata serie di avvenimenti, cosa certe persone le abbiano fatto e di come si sia sentita “umiliata”.
Prima di tutto, dovreste dire qualcosa che traduca in parole la sostanza di quanto riferito e vissuto da lei. La donna, poi, correggerebbe alcune delle cose dette da voi, in modo da comprenderle più esattamente. A questo punto dovreste ripetere le sue correzioni “Ah quindi non è il fatto in sé, quanto il modo in cui tutti erano d’accordo”. Quindi, la donna potrebbe aggiungere alcune altre cose, che voi, a vostra volta, dovreste accogliere, ripetendole più o meno nel modo in cui lei le ha esposte. Quando l’intera situazione fosse stata compresa, dovreste dire un’altra frase che riguardi il significato personale o la sensazione suscitata di tutta la questione “E’ la cosa peggiore è che tutto questo ti abbia fatto sentire umiliata”:..
Come capire che state procedendo bene: potete rendervene conto se le persone vanno più addentro nei loro problemi, per esempio potete valutare il buon esito anche sulla base di segni più sottili che provengono dal rilassamento dovuto ad un buon ascolto; una sensazione che abbiamo avuto tutti noi, ogni volta che siamo riusciti a dire qualcosa facendolo capire chiaramente: la sensazione di non dover più ripetere quella determinata cosa.
Come capire se avete sbagliato e come rimediare: Quando la stessa cosa viene ripetuta più volte, vuol dire che l’altro pensa che non abbiate ancora capito. Cercate di scoprire in che modo le sue parole differiscono da quello che avete detto voi. Se non vi è alcun cambiamento, ripetete le stesse cose e aggiungete: “però può darsi che questo non sia tutto o non sia del tutto corretto, vero?”.
Se l’interlocutore cambia argomento (specialmente passando a qualcosa di meno significativo, o di meno personale), significa che ha rinunciato al suo intento di farvi capire le questioni più personali. Potreste interromperlo dicendo: “ Sto ancora pensando a quello che stavi cercando di dire… So di non aver capito molto bene, ma vorrei provarci”…
L’ascolto o ascolto attivo o rispecchiamento dei sentimenti o rispecchiamento empatico viene insegnato in molti corsi di counseling , fatto bene può essere enormemente utile, fatto male può generare fastidio e amarezza.
Su questo ultimo punto voglio ben specificare, così come faccio nei miei corsi di comunicazione, che non c’è pratica che tenga rispetto all’autentico interesse che dimostriamo di avere nei confronti di una situazione e che l’utilizzo di qualsiasi tecnica, anche quella più sofisticata, non può sostituire una reale predisposizione di animo e di interesse verso l’altro.
Anzi, nei casi in cui ciò avvenisse, l’utilizzo di tecniche di ascolto riuscirebbe solo a rendere sterile la mediazione suscitando del risentimento tra le parti che si sentirebbero inevitabilmente manipolate.
Imparare ad ascoltare in modo empatico e scevro da pregiudizi è la qualità del mediatore che può fare la differenza anche quando la mediazione non raggiunge un risultato finale positivo. In quanto lo scambio di informazioni avvenuto avrà comunque prodotto un risultato che magari darà i suoi frutti successivamente mentre le parti rimarranno favorevolmente impressionate dall’istituto della mediazione.
Per concludere riporto uno stralcio tratto dal libro “Siddharta” di Herman Hesse che racchiude le caratteristiche dell’arte dell’ascolto: ….”Vasudeva ascoltò con grande attenzione. Tutto assimilò ascoltando: nascita e fanciullezza di Siddharta, tutti i suoi studi, tutto il suo gran cercare, tutta la gioia, tutta la pena. Tra le virtù del barcaiolo questa era una delle più grandi: sapeva ascoltare come pochi. Senza che egli avesse detto una parola, Siddharta parlando sentiva come Vasudeva accogliesse in sé le sue parole, tranquillo, aperto, tutto in attesa, e non perdesse una, non ne aspettasse una con impazienza, non vi annettesse ne lode ne biasimo: semplicemente ascoltava.
Siddharta sentì quale fortuna sia imbattersi in un simile ascoltatore, affondare la propria vita nel suo cuore, i propri affanni, la propria ansia di sapere…”
Patrizia Bonaca, dottore commercialista, mediatore Consob, formatrice, counselor. Esercita la libera professione a Roma da circa diciotto anni e si occupa principalmente di formazione nella materia della comunicazione e sviluppo del potenziale umano, nei contesti aziendali e professionali. E’ presidente dell’associazione “Industria dell’esperienza” che ha tra gli scopi principali quello della diffusione della mediazione e delle tecniche adr.
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