(di Giulio Perrotta) Era il 1981, quando Issei Segawa, 28enne e studente di letteratura a Parigi, uccise l’amata collega olandese Renèe Hartevelt, sezionandola e conservandola in frigo, per “gustarla” appetitosamente, boccone dopo boccone. La polizia francese, quando arrivò a scoprire il macabro delitto, poté constatare la mancanza di oltre sette chilogrammi. Oggi, vive nella periferia di Tokyo (Kawasaki), con un piccolo sussidio comunale e con i proventi delle interviste, rientrando di diritto tra i primi cento personaggi della storia giapponese del secondo dopoguerra.
E’ lucido nella sua follia, ancora oggi, nonostante la condanna scontata e l’isolamento dalla società. E continua a sostenere le sue tesi sul cannibalismo. In lui non c’è mai stato l’intento di uccidere, ma solo di mangiarla, anche solo un pezzetto, per assaporarne la carne. “Se non fossi stato così timido, se avessi avuto il coraggio di chiederle anche solo di assaggiare le sue unghie, una ciocca di capelli o di peli pubici, magari intrisi di urina, oggi Renèe sarebbe ancora viva”.
E’ il life motive dell’intervista rilasciata a un quotidiano nazionale, dove la lucida follia è accompagnata da uno sguardo completamente allucinato (non di certo frutto del leggero ictus che lo ha colpito qualche anno prima).
Giovane rampollo di una famiglia ricca giapponese, timido e introverso, in cambio di ripetizioni di francese, lui le cucinava delicati e gustosi piatti giapponesi: tempura, sushi, sashimi.
Tuttavia, l’11 Giugno, si verifica qualcosa di diverso: la dichiarazione d’amore del giovane Issei suscita le risa della giovane e lo scherno, cause dell’insopportabile lacerazione del cuore del giapponese, scatena l’improvvisa e dirompente rabbia che culmina con un colpo di fucile (regalato dal padre per difesa personale) alla nuca. Senza scomporsi troppo, corona il “sogno della sua vita” facendola letteralmente a pezzi, affettando con cura alcune parti del corpo e congelandole nel freezer altre. L’infermità mentale non restituirà giustizia alle famiglie: Sagawa viene dichiarato infermo di mente e rinchiuso in un ospedale psichiatrico, dove secondo i giudici locali sarebbe dovuto rimanere per un bel pezzo. Ma in Giappone, la vicenda prende una piega grottesca. Da un lato il padre, con buoni agganci politici, riusce a far approvare immediatamente dal Parlamento la legge per l’espiazione delle condanne nel paese di origine, dall’altro, grazie all’interesse di alcuni intellettuali come Inuhiko Komota e Juro Kara, Issei diviene un vero e proprio personaggio, che lo porterà a scrivere anche un best seller: Kiri no naka (tradotto “Nella Nebbia”).
Al suo rientro in Giappone, poco dopo due anni dalla condanna, rientra in Giappone, ed è già acclamato come una star: interviste, offerte di collaborazioni editoriali, perfino la proposta di insegnare la “sua” materia (antropofagia moderna) in una Università locale. Partecipa perfino ad una serie di talk show televisivi e, pur di apparire e di guadagnar soldi, accetta di farsi fotografare accanto al corpo di una donna nuda impugnando forchetta e coltello o di partecipare a cortometraggi soft-porno ispirati alla sua vicenda.
Nel 1991, in occasione del decimo anniversario dell’omicidio, si tocca il fondo, e chiede il passaporto per l’Olanda: in sostanza, vuole andare a “pregare” sulla tomba della sua “amata” Renèe. Il governo giapponese emette inizialmente il passaporto ma glielo ritirerà poco dopo per via delle proteste della famiglia della povera ragazza; tuttavia, Sagawa non se ne fa una ragione e, nel corso di una affollata conferenza stampa, accusa l’Olanda di non rispettare il diritto al dolore e alla compassione. Affermerà: “Il cannibalismo è un atto supremo d’amore e io ho ucciso Renèe per mangiarla, non per violentarla… Facendo l’amore, infatti, entri nel corpo dell’alta persona per pochi minuti. Mangiandola, la fai tua per sempre”.
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