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di Giovanni RehoGiorgia Andrea Feltri – L’orientamento giurisprudenziale che sanziona la violazione della “temporaneità” della somministrazione con la condanna dell’utilizzatore all’assunzione del lavoratore somministrato [1] è ora meno uniforme e granitico.

Con la sentenza n. 79 del 2024 del Tribunale del lavoro di Reggio Emilia il requisito della temporaneità deve essere valutato bilanciando l’esigenza di tutela dei lavoratori somministrati con la natura tendenzialmente stabile del rapporto a tempo indeterminato, stipulato tra lavoratore e agenzia di somministrazione.

In mancanza di un rigido limite temporale previsto dalla legge, è fondamentale il riferimento alle previsioni della contrattazione collettiva, che è in grado di riflettere le peculiarità del settore e del contesto aziendale nel quale intercorre il rapporto di lavoro mediante somministrazione.

Nel caso di specie, un lavoratore assunto dall’agenzia con contratto di lavoro a tempo indeterminato, inviato in missione presso l’utilizzatore con successivi contratti a termine, aveva promosso il ricorso per l’accertamento della nullità del contratto e la domanda di assunzione a tempo indeterminato da parte dell’impresa utilizzatrice.

Nel rispetto della Direttiva 2008/104 che assegna alle parti sociali il ruolo di stabilire circostanziate deroghe al principio di parità di trattamento, oltre a restrizioni e divieti per la prevenzione di eventuali abusi, il Tribunale di Reggio Emilia ha respinto il ricorso del lavoratore in applicazione del CCNL dell’utilizzatore, che prevede l’assunzione a carico dell’impresa utilizzatrice qualora l’insieme delle “missioni” superi il limite massimo di 44 mesi, nel caso di specie non interamente decorso.

La sentenza in questione consente di affermare i seguenti principi.

Il tema della temporaneità della somministrazione deve considerare nel suo complesso i principi della Direttiva 2008/104, evitando applicazioni frammentarie.

Il rapporto di lavoro mediante somministrazione non deve necessariamente ricalcare i criteri di temporaneità previsti dal rapporto di lavoro a tempo determinato.

L’assunzione a tempo indeterminato da parte dell’agenzia può derogare alle norme all’impresa utilizzatrice quando la contrattazione collettiva, in assenza di una previsione legislativa ad hoc, prevede il limite temporale massimo alla durata delle missioni del lavoratore somministrato presso l’utilizzatore.

La violazione dei principi di temporaneità deve essere sanzionata dalla legge oppure da specifica previsione del contratto collettivo di riferimento.

Nel rispetto del considerando 21) della Direttiva 2008/104 è compito degli Stati membri prevedere sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate in caso di abusi ed elusioni dei principi europei.

Il sistema sanzionatorio deve essere articolato ed organico nel rispetto dei menzionati principi di effettività, dissuasione e proporzionalità, non potendo essere affidato al Giudice il compito di procedere caso per caso alla loro valutazione e applicazione discrezionale, con il rischio di discontinuità e frammentazione tra varie e molteplici pronunce.

Come previsto dalla Corte di Giustizia [2], dalla Direttiva europea non discende il diritto soggettivo del lavoratore somministrato di richiedere l’assunzione a carico dell’utilizzatore in caso di violazione del principio di temporaneità. La giurisprudenza comunitaria rappresenta un’implicita conferma che la disciplina di un adeguato sistema sanzionatorio è compito della legge nazionale e, in assenza, della contrattazione collettiva.

Alla luce dell’univoco orientamento della Corte di Giustizia e della recente apertura della giurisprudenza nazionale di merito, si può correttamente sostenere come il ruolo supplente, rispetto a quello legislativo, di individuazione dei limiti massimi di durata o del numero di proroghe del rapporto di lavoro somministrato è conferito, dal diritto europeo e dalla normativa nazionale, alle sole parti sociali.

Giovanni Reho – Giorgia Andrea Feltri

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[1] Tribunale di Milano, Sezione lavoro, 09.05.2023 n. 882; Corte di Cassazione n. 23494/2022; n. 23445/2023;

[2] Corte di Giustizia, C – 232/20.

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