Angela-Merkel-reacts-befo-009(di Giuseppe La Rosa) I teutonici esportano più di quanto importano in violazione dei trattati europei. Secondo il Patto di stabilità e crescita (Six-Pack), approvato nel novembre 2011, un Paese che ha per più di tre anni un surplus positivo fra esportazioni e importazioni (in gergo tecnico: saldo delle partite correnti) oltre il 6% del Prodotto Interno Lordo,  rischia una sanzione dello 0,1% del PIL.  Regole messe a punto per evitare squilibri tra i Paesi membri, ma non seguite dai tedeschi che mantengono da otto anni un saldo del +7,1% del PIL, esportando più di quanto consentito e contravvenendo le regole per un valore di circa 25 miliardi di euro.

Inoltre tra i parametri Ue c’è anche l’obbligo di non attuare una svalutazione reale pari a più del 5% (la Germania invece è al 9%), e l’obbligo di un debito pubblico inferiore al 60% del PIL (quello tedesco risulta all’81%). E’ su queste contraddizioni che l’Ue ha costruito i suoi fondamenti e proprio a causa delle politiche tedesche l’unione monetaria rischia di esplodere.

downloadIl Centro studi di Confindustria lancia l’allarme: si tratta di “livelli insostenibili”, causa di “perdita di benessere per tutti. Senza inversione di tendenza sarà eutanasia da euro”. Secondo il Csc, la Germania dovrebbe riconvertire la propria economia a favore di investimenti e consumi aiutando cosi la zona euro ad uscire da questa spirale. Inviti pressanti al cambio di rotta sono giunti anche da parte della Commissione Europea, dagli USA e dal Fondo Monetario Internazionale, ma nonostante i moniti, i tedeschi sembrano non aver alcuna intenzione di rispettare i parametri, perpetuando così le infrazioni.

Tale  atteggiamento  pone la Germania in una posizione contraria al soprannome di  “locomotiva d’Europa”, che spesso e volentieri le è stato attribuito. Per definizione una locomotiva dovrebbe trainare e quindi favorire gli altri Paesi, invece esportando più del consentito la Germania tecnicamente toglie ricchezza agli altri Paesi, ampliando così il forte divario tra le nazioni dell’Eurozona. Ecco perché alcune economie non sono ancora riuscite a reagire in modo deciso alla recente crisi finanziaria globale del 2008.

Inoltre per sistemare i conti, i Paesi  in deficit di bilancio (compresa l’Italia)  hanno dovuto recuperare competitività di prezzo (generando deflazione) e diminuire gli standard di vita della popolazione causando un calo drastico della domanda interna, senza che tutto ciò venisse ragionevolmente compensato da politiche espansive nei paesi in surplus come la Germania. I tedeschi invece hanno erogato prestiti accumulando molti crediti (circa 500 miliardi) soprattutto dall’Italia (197 miliardi) e dalla Spagna (211 miliardi) che colpiti da una forte deflazione hanno finito per favorire il Paese creditore, facendole incassare crediti in valuta buona e non svalutata.

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Queste condizioni continuano a spingere i Paesi Meridionali ad un inesorabilmente processo di deindustrializzazione, trasformando così il Sud Europa in una mera area da mercato di sbocco (cioè un mercato formato da soli consumatori) per il Nord Europa. Situazione vantaggiosa per la Germania che genera il 51% del PIL con le esportazioni.

Recentemente il Presidente del Consiglio Renzi ha affrontato la questione, affermando che il limite del 3% tra il rapporto deficit/PIL imposto dai trattati, sarebbe anacronistico per le circostanze odierne, suggerendo all’Europa che possa essere superato. Il problema è che il Premier ignora le regole Ue, perché dimostra di non sapere che la Germania è in violazione continua di almeno tre parametri previsti dagli accordi. Il Presidente Renzi, dovrebbe considerare di essere entrato in un trattato internazionale in condizioni di parità, e quindi non può chiedere il permesso di violare delle regole che già un altro Paese non sta rispettando. I tedeschi vogliono che gli altri paesi rispettino i vincoli imposti dai trattati, gli stessi vincoli da loro in primis non rispettati.

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