12 aprile 1204 i crociati conquistarono e presero a saccheggiare Costantinopoli. È l’evento che, insieme alla narrazione drammatica della cosiddetta quarta Crociata, domina questo terzo e ultimo volume della Grandezza e catastrofe di Bisanzio –la Narrazione cronologica – di Niceta Coniata, che ne è stato testimone oculare. Gli efferati Latini – i normanni, i tedeschi, i francesi, i veneziani – non conoscono pietà. Entrano a Bisanzio con furia peggiore di quella dei barbari: mostrando un disprezzo senza pari per gli abitanti sconfitti, e vendicandosi dell’immane massacro che nel 1182 era stato compiuto degli abitanti cattolici della città, non risparmiano né vecchi né bambini. Separano le famiglie, rapiscono, violentano, uccidono. La popolazione, stremata, emerge dalle sue case «avvolta in stracci, emaciata dal digiuno, mutata di colore, con l’aspetto cadaverico e gli occhi iniettati di sangue». Non sa, neppure, dove fuggire, perché gli invasori non tralasciano di perlustrare un solo angolo, né rispettano luogo sacro che possa offrire rifugio: «dovunque uno corresse, veniva tirato via dai nemici che irrompevano ed era portato dove quelli volevano». Niceta stesso, grande logoteta, già cancelliere e segretario dell’imperatore, fugge verso Nicea. Uno spettacolo desolante si fissa nella sua mente, che lo rievocherà con accenti furibondi ed echi continui dei grandi scrittori classici. Gli occidentali irridono i costumi dei «Romani», prendono in giro la loro cultura travestendosi da scribi e letterati, vestono il laticlavio per scherno. Bevono tutto il giorno, usano le immagini sacre per farne sedie e sgabelli, si servono dei veli e degli arredi sacri per le necessità corporali. Rubano le opere d’arte, fondono le statue per farne monete. La Narrazione cronologica di Niceta è accompagnata appunto da un’operetta che descrive le tante statue che i crociati distrussero. Tra le ultime descritte in questo volume è un’immagine bronzea che lo storico sostiene essere di Elena, colei che, «essenza stessa della bellezza», aveva scatenato la guerra di Troia. La donna con la quale la civiltà greca era iniziata duemila anni prima non riuscì a piegare gli inflessibili Latini dal cuore di ferro, benché conservasse sul volto, «persino nel bronzo», l’aspetto della rugiada.
La catastrofe di Bisanzio nel periodo delle Crociate
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