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navigazioneinternet1(di Annalisa Spedicato) – Il 3 Febbraio scorso, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha depositato la sentenza che definitivamente assolve i tre Manager di Google in relazione alla loro responsabilità penale per i video caricati dagli utenti sulla piattaforma di file sharing You Tube.

Il caso prendeva le mosse nel 2006, quando l’Associazione Vividown querelava Google Italia srl, ritenendola responsabile della pubblicazione e diffusione del video in cui compariva un ragazzo down picchiato dai suoi coetanei. In quell’occasione, il Tribunale di Milano, nel 2010 condannava i Manager di Google per aver, in concorso tra loro (art. 110 c.p), posto in essere la condotta di cui all’ 167 commi I e II del Codice Privacy.

La Corte d’Appello di Milano, nel 2012, ribaltava la suddetta decisione assolvendo i tre imputati. I giudici d’Appello, infatti, stabilirono, in quell’occasione, che non esiste per un Internet Service Provider alcun obbligo di controllo preventivo sui contenuti caricati dagli utenti, evidenziando, inoltre, che l’art. 167 del d.lgs. n. 196 del 2003 non richiama il precedente art. 13 e, dunque, non impone all’Internet Provider di informare l’utente circa l’esistenza e i contenuti della legislazione sulla privacy. L’eventuale violazione del citato art. 13, consistente nell’omessa o inidonea informativa all’interessato, viene punita, dicevano i giudici, dal precedente art. 161, che prevede una sanzione amministrativa. Nella stessa sentenza i giudici escludevano, inoltre, la configurabilità di un concorso omissivo nel reato contestato.
Sentenza confermata dalla Corte di Cassazione che ha definitivamente stabilito la non sussistenza di un obbligo generale di controllo e/o di sorveglianza preventiva in capo all’ISP che si occupa solo di mettere a disposizione degli utenti una piattaforma di condivisione di contenuti dagli stessi caricati. Gli ermellini hanno, infatti, sottolineato che i reati di cui all’art. 167 del Codice Privacy sono reati propri, ovvero, condotte che si concretizzano in violazione di obblighi di cui destinatario è specificamente il solo titolare del trattamento dei dati sensibili caricati sulla piattaforma e non altri soggetti che in qualche modo entrano in contatto con tali dati, la natura di tali disposizioni presuppone, infatti, l’esistenza di un effettivo potere decisionale. Ribadiscono ancora i giudici che non “sussiste in capo al provider alcun obbligo sanzionato penalmente di informare il soggetto che ha immesso i dati dell’esistenza e della necessità di fare applicazione della normativa relativa al trattamento dei dati stessi. A tali conclusioni si giunge muovendo dall’analisi delle definizioni di “trattamento” e “titolare del trattamento” fornite dal richiamato art. 4 del Codice Privacy. (…) il concetto di “titolare” è assai più specifico, perché si incentra sull’esistenza di un potere decisionale in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati. Dalla definizione legislativa si desume, in altri termini, che titolare del trattamento non è chiunque materialmente svolga il trattamento stesso, ma solo il soggetto che possa determinarne gli scopi, i modi, i mezzi”.

Pertanto, non avendo svolto alcun ruolo attivo “il provider non può essere ritenuto responsabile per i dati che ha memorizzato, salvo che, essendo venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati, abbia omesso prontamente di rimuoverli o di disabilitare l’accesso agli stessi”.
Secondo i Giudici di Piazza Cavour, pertanto, soli responsabili dei contenuti caricati sono gli utenti che hanno pubblicato il video sulla piattaforma You Tube e non anche i soggetti responsabili per la gestione di tale piattaforma. Trattandosi, dunque, di un mero servizio di hosting, non esiste in capo al gestore della piattaforma un obbligo di controllo e di sorveglianza generale preventivi su tali contenuti.

Annalisa Spedicato

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