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Sull”uso persistente di marijuana che danneggia la memoria e le capacita’ di apprendimento nel cervello negli adolescenti, così come riportato in queste ore dalle agenzie di stampa  il DPA  interviene:

Questo Dipartimento concorda con i risultati del recente studio australiano (Andrew Zalesky, Nadia Solowij  et al :” “Effect of long-term cannabis use on axonal fiber connectivity”. Brain, June 2012) riportato dalla stampa, che conferma tra l’altro, quello che  il DPA  ha più volte ribadito e cioè che i principi attivi della cannabis e dei suoi derivati sono in grado di produrre nel tempo alterazioni della memoria, delle funzioni cognitive superiori quali l’attenzione, compromettendo quindi l’apprendimento e i tempi di reazione. È provato quindi che  in particolare negli adolescenti, il consumo a lungo termine di cannabis  altera lo sviluppo delle principali fibre di sostanza bianca cerebrale che, comporta come conseguenza deficit cognitivi anche gravi con predisposizione allo sviluppo di psicosi, depressione e ansia.

Inoltre i risultati di uno studio precedente (Nina B.L. Urban, Mark Slifstein, et al Abi-Dargham.Dopamine Release in Chronic Cannabis Users: A[11C]Raclopride Positron Emission Tomography Study. Biol Psychiatry 2012) realizzato dei ricercatori della Colombia Università di York sul metabolismo cerebrale  mediante tecnica PET in un gruppo di adolescenti con diagnosi di dipendenza da cannabis (assunzione cronica della sostanza, almeno 5 volte alla settimana), ha fatto rilevare delle alterazioni sul sistema dopaminergico (il sistema della gratificazione), in particolare nel nucleo striato, anche dopo astinenza dalla sostanza, con un conseguente effetto tossico della cannabis nel cervello degli adolescenti soprattutto con un consumo precoce e cronico della sostanza.

Un cervello sotto l’effetto della cannabis infatti rallenta o altera il suo normale processo evoluti­vo, mostrando una morfologia prematura, simile per struttura ad un cervello di età inferiore rispetto alla propria tappa evolutiva.  A dimostrazione di questo, l’Unità Operativa di Neuroscienze di Verona ha reclutato un gruppo di giovani ragazzi che fanno uso quotidiano o settimanale di cannabis. Grazie all’utilizzo di una RM ad alto campo magnetico (3.0 Tesla), è stato possibile ottenere una mappa dello spessore della corteccia cerebrale di questi giovani. La mappa è stata confrontata con quella ottenuta da un gruppo di ragazzi di pari età non dipendenti da droghe. I risultati ottenuti mostrano una riduzione dello spessore corticale soprattutto nelle regioni temporo-mesiali e parietali, nei ragazzi che fanno uso di cannabis. Le regio­ni temporo-mesiali normalmente coinvolte nelle capacità di memoria e di apprendimento risultano quindi alterate, assieme alle aree di controllo moto­rio (lobo parietale).

“Abbiamo ricevuto vari quesiti a questo proposito da numerosi giornalisti, pertanto la nostra opinione è che si dimostra ancora una volta – ha dichiarato, Giovanni Serpelloni , capo del DPA – l’estrema pericolosità di questa sostanza, erroneamente spesso ritenuta innocua. D’altronde molti scienziati si sono chiesti e continuano a chiederselo come sia possibile voler legalizzare, e quindi far aumentare l’accessibilità e il consumo, una sostanza stupefacente che ha effetti cosi pesanti sulla regolare maturazione del cervello degli adolescenti. Pertanto rendere più disponibile e facilitare l’uso di una sostanza tossica di questo tipo, soprattutto per le giovani generazioni, significherebbe incrementare un grave problema di sanità pubblica esponendo in particolare i giovani vulnerabili a rischi e danni in grado di minare il loro futuro. Siamo sempre più convinti che  una corretta strategia di prevenzione deve puntare quindi all’astensione dall’uso di cannabis anche tra negli adolescenti”.

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