A cura del Dott. Ivan Giordano – info@ivangiordano.it
Tributarista qualificato e certificato Uni En Iso 11511
Esperto contabile – CCIAA Milano
Presidente provinciale Associazione Nazionale Tributaristi LAPET – Milano
Per molti imprenditori e per i loro consulenti il mese di settembre sarà una corsa contro il tempo!
E’ partito il conto alla rovescia!
L’art. 1, comma 565, Legge di stabilità 2017 (Legge 11 dicembre 2016 n. 232, in vigore dal 01/01/2017) ha prorogato al 30 settembre 2017 il termine entro il quale poter beneficiare delle agevolazioni già introdotte dall’art. 1, ai commi 115-120, della Legge di Stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015 n. 208), che ha introdotto la possibilità di assegnazione di specifici beni della società ai singoli soci, purché già appartenenti alla compagine sociale alla data del 30 settembre 2015.
Negli ultimi mesi, seguendo con interesse e con rigore professionale i principali articoli dei quotidiani di settore e delle riviste specializzate, ho constatato che di rado questo importantissimo tema è stato oggetto di approfondimento. Anche il settore bancario, occorre sottolineare, non ha previsto “prodotti finanziari” specifici per agevolare le imprese al sostenimento dei costi fiscali per l’assegnazione agevolata dei beni, nonostante rappresenti un vero e proprio investimento e quindi un’opportunità di valorizzazione del patrimonio sia delle imprese, sia degli imprenditori.
Si tratta di un argomento molto delicato sotto il profilo politico, sotto il profilo fiscale, sotto il profilo patrimoniale oltre che dal punto di vista dello scenario della solidità finanziaria e patrimoniale di imprese e imprenditori italiani nel medio/lungo termine.
Ebbene si, si tratta proprio di porre o meno le basi per garantire ad tessuto economico perlopiù formato da piccole e micro imprese l’autosufficienza patrimoniale e finanziaria, i presupposti per rimanere sul mercato, i presupposti per autoalimentarsi (ed alimentare i propri soci), i presupposti per garantire continuità e crescita nel passaggio generazionale delle imprese.
Tutti gli imprenditori finanziano le proprie aziende direttamente o tramite l’accantonamento di utili allo scopo di effettuare investimenti che nel tempo garantiscano incrementi patrimoniali o redditività.
Parole senza contenuto? Tutt’altro! Pensando ai beni sociali costituiti da immobili, lo si chieda a chi ha investito in questa tipologia di beni, magari con lo scopo di “metterli a reddito”, com’è noto senza alcuna garanzia concreta in capo ai proprietari nel rapporto contrattuale di locazione, spesso con mutui gravati da pesanti oneri finanziari (prevalentemente indeducibili, peraltro!), subendo una pesante tassazione al momento dell’acquisto sul trasferimento, costanti gravami di tipo fiscale sul patrimonio, oltre che assistendo passivamente alla progressiva limitazione della deducibilità dei costi generati da tali investimenti (si pensi a titolo esemplificativo a IMU e imposte assimilate, agli interessi passivi, alle spese condominiali o alle limitazioni poste in capo agli ammortamenti) oppure all’incremento dell’incidenza di tali costi negli studi di settore (dovendo conseguentemente, spesso, subire un’imposizione fiscale su redditi mai percepiti), per poi decidere, mortificati anche dal mercato, di dismettere tali beni ponendoli in vendita e subendo la gravosa tassazione in capo alle plusvalenze risultanti dalla contabilità.
Si pensi agli acquisti fatti negli anni settanta, ottanta o novanta, oggi spesso totalmente ammortizzati, tassati durante tutta la loro “vita” sin dal momento dell’acquisto, il cui corrispettivo oggi costituisce utile imponibile ai fini fiscali. Non solo, la titolarità di un bene immobile, proseguendo negli esempi correlati a tale tipologia di beni, non consente ad una impresa di cessare l’attività senza averlo estromesso e quindi trattato anche fiscalmente.
Non parliamo solo di grandi imprese, di investitori o di imprenditori necessariamente strutturati, parliamo anche del professionista, del commerciante o dell’artigiano che negli anni ha investito in beni intestandoli alle proprie società, la cui compagine sociale risulta spesso di emanazione familiare.
L’”Assegnazione e cessione agevolata dei beni ai soci” rappresenta in tutti questi casi e in molti altri un’importante opportunità da non perdere!
La protezione degli investimenti effettuati dalle imprese transita anche attraverso un’analisi della fiscalità attuale e futura.
E’ in corso però un vero e proprio conto alla rovescia nel quale correre con i propri consulenti ad individuare la forma tecnica di cessione agevolata più idonea a ciascuna fattispecie. E i consulenti in gioco sono fiscalisti, legali, tecnici e notai… nessuno escluso!
Le discipline in gioco infatti sono molteplici: di carattere societario, di carattere fiscale, di carattere tecnico e di carattere notarile.
Pochi tuttavia conoscono in modo approfondito l’intersecarsi di queste eterogenee per quanto complementari discipline, ed è raro disporre di un’equipe di professionisti pronti ad impostare in modo corretto la pratica.
Quanti imprenditori hanno “in pancia” alle proprie aziende beni non direttamente utilizzati per l’attività aziendale, intestati alle proprie società e spesso usati per finalità personale? Nel rispetto delle norme fiscali, ovviamente, e quindi non deducendo costi non inerenti, questa realtà è comune a molte imprese. L’opportunità di estromettere tutti i beni che si ritiene più opportuno siano assegnabili ai singoli soci lasciando in azienda solo ciò che risulta davvero funzionale allo svolgimento dell’attività d’impresa è oggi una realtà concreta che consente di proteggere il proprio patrimonio dall’inevitabile aggressione fiscale futura.
Parlando con clienti e colleghi, in pochi ne stanno beneficiando. Perché? Innanzitutto se ne parla poco, la norma risulta molto articolata e complessa da applicare ed infine si tratta di un’opportunità onerosa. Ecco perché rilevavo che le banche, ritornate timidamente da qualche mese a corteggiare potenziali mutuatari privati, non pare abbiano strutturato prodotti di finanziamento che consentano agli imprenditori di finanziare l’assegnazione agevolata dei beni sociali ai soci, pagando oggi un’imposta sostitutiva omnicomprensiva a fronte della prospettiva futura di imposizione fiscale enorme e sproporzionata (si pensi, sempre parlando di immobili, agli oneri fiscali sul trasferimento e agli inevitabili oneri fiscali sulla plusvalenza) per tutte le cessioni (o le assegnazioni di fatto) che avverranno dopo il 30.09 prossimo.
Scegliamo di non optare per l’assegnazione o la cessione agevolata dei beni? Allora valutiamo sin d’ora quanto tempo dovremo lavorare, nei prossimi anni, per pagare le imposte sugli investimenti fatti in passato con denaro spesso già tassato?
Analizzando la citata normativa, si tratta della possibilità per s.n.c., s.a.s., s.r.l., s.p.a., s.a.p.a. di assegnazione o cessione ai soci di beni immobili, diversi da quelli indicati nell’articolo 43, comma 2, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 – ovvero gli immobili strumentali “utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore”), o di beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa, purché i soci risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015.
La norma prevede un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’I.R.A.P. nella misura dell’8% ovvero del 10,5% per le società considerate non operative. Le riserve in sospensione d’imposta annullate per effetto dell’assegnazione dei beni ai soci e quelle delle società che si trasformano sono assoggettate ad imposta sostitutiva nella misura del 13%. Il vantaggio è evidente, sia dal punto di vista della tassazione del trasferimento, sia dal punto di vista della tassazione dell’eventuale plusvalenza, sostituite appunto dall’imposta sostitutiva prevista.
Per le assegnazioni e cessioni ai soci previste dalla norma, le aliquote dell’imposta proporzionale di registro eventualmente applicabili sono ridotte alla metà, mentre è previsto che si applichino in misura fissa le imposte ipotecarie e catastali.
Un altro importantissimo vantaggio riguarda i termini temporali di pagamento dell’imposta sostitutiva dovuta. Essa infatti non è previsto che venga versata al notaio al momento della stipula dell’atto, bensì in due distinti momenti successivi, ovvero il 60% entro il 30 novembre 2016 (quindi, per effetto di proroga, 2017) e il 40% entro il 16 giugno 2017 (quindi, per effetto di proroga, 2018).
Un’attenzione particolare va rivolta al concetto di “beni” assegnabili o cedibili nell’ambito della normata agevolazione.
Devono ritenersi inclusi i beni immobili “non strumentali per destinazione”, i beni mobili registrati non utilizzati in modo strumentale all’esercizio dell’attività, mentre non rientrano nelle agevolazioni le cessioni e le assegnazioni di quote di partecipazione in società.
Occorre quindi, per non rinviare il lettore ad altro approfondimento, fare il punto sul concetto di “beni strumentali”. Essi possiamo catalogarli in due distinte categorie: “beni strumentali per destinazione” (quali ad esempio l’unità immobiliare adibita ad ufficio, il negozio, il laboratorio o il capannone nei quali ha sede la società) e “beni strumentali per natura”, che nella sfera dei beni immobili sono facilmente individuabili nelle classificazioni catastali A/10, B, C, D ed E, se utilizzati direttamente dal possessore per l’esercizio dell’attività di impresa o locati a terzi, oltre che i terreni agricoli utilizzati da società nel settore agricolo per finalità di coltivazione, allevamento o per altri scopi sociali assimilati.
Rientrano nei beni assegnabili o cedibili nell’ambito della disciplinata assegnazione i “beni strumentali per natura” individuabili nelle classificazioni catastali A/10, B, C, D ed E che non vengano (alla data di assegnazione o cessione) utilizzati direttamente per l’esercizio dell’attività di impresa da parte del loro possessore oltre che gli immobili oggetto di produzione e scambio, gli immobili che costituiscono il mero patrimonio sociale oltre che gli immobili non rientranti nelle categorie catastali citate (es. abitazioni) locati a terzi o destinato ad altri utilizzi estranei agli scopi sociali.
La base imponibile dell’imposta sostitutiva introdotta dall’agevolazione è costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni assegnati e il loro costo fiscalmente riconosciuto, con possibilità, per gli immobili, che il valore normale possa essere individuato nel valore catastale.
Si pensi all’imposizione fiscale e alla conseguente contribuzione ordinaria in capo ai redditi derivanti da società di persone, che spesso, considerata ogni parte ideale prevista nel calcolo delle imposte e le indeducibilità, può collocarsi fra il 48% e il 58%, e al relativo impatto conseguente in un periodo d’imposta in cui avviene la dismissione di beni strumentali con evidenti plusvalenze che diverrebbero incrementative della base imponibile dell’esercizio. Questo è il naturale scenario di chi oggi non intende investire, rientrando nei requisiti, nell’assegnazione agevolata dei beni, potendo evidentemente ottenere su tali importi un vantaggio fiscale enorme, pagando oggi l’8% anziché domani potenzialmente il 58% oltre ai costi di trasferimento? L’evidente risparmio fiscale si tradurrebbe in investimenti, risparmi o consumi.
Permettetemi di definire questa norma, metaforicamente e con un pizzico di umorismo, come la vera “Voluntary Disclosure” non sui capitali all’estero ma sui capitali in azienda.
Un augurio di buon lavoro a tutti i colleghi professionisti e a tutti gli imprenditori che sfrutteranno con profitto e soddisfazione questa straordinaria opportunità!
Un mio personale pensiero? L’imposta sostitutiva prevista in caso di assegnazione o cessione agevolata in particolare se applicata a beni immobili rappresenta oggi uno dei migliori investimenti che un imprenditore possa fare nella propria azienda per consolidare il proprio patrimonio e proteggerlo da inevitabili e certe svalutazioni reali a cui sarebbe sottoposto in futuro dalla corretta applicazione della disciplina fiscale vigente.
Direttore Scientifico: Dott. Ivan Giordano
Coordinatore Editoriale: Dott. Carlo Turoli
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