Il Tributarista risponde…
Rubrica di informazione giuridica, amministrativa, contabile e fiscale
rivolta a cittadini e imprese
Direttore Scientifico: Dott. Ivan Giordano – Presidente Sede Provinciale LAPET di Milano
Info e contatti: Tel. 02.67.07.18.77 – e-mail lapetmilano@ivangiordano.it
DOMANDE E RISPOSTE
La contrazione dei consumi, il peso delle imposte, le sempre più frequenti crisi d’impresa, le crescenti incombenze e responsabilità … quali valutazioni può fare oggi un aspirante imprenditore per valutare l’avvio di una nuova impresa?
Fare impresa è una “missione” certamente non per tutti. Gli elementi su cui si fonda il successo di un’impresa sono molteplici ed eterogenei. Non è certo un “business plan”, sebbene strutturato, completo ed analitico, a rappresentare la leva di successo per un’attività imprenditoriale. Non solo la pianificazione economica, che porta con sé quella fiscale e gli effetti dell’analisi di domanda ed offerta potenziali di un mercato o di un settore, può considerarsi un elemento su cui fondare le solide fondamenta di cui necessita l’avvio di un impresa. I soggetti promotori dell’iniziativa, comunemente definiti “soci”, devono essere uniti da mission e vision condivise, che vedono nella pianificazione economica la sola rappresentazione pratica di un’”idea imprenditoriale” che trova invece le sue origini in passioni, idee, estro, creatività, desiderio di innovazione.
Sicuramente la pianificazione fiscale rappresenta un problema che rende aleatori i “business plan” di tutte le “start up” in quanto la difficile prevedibilità delle mire del nostro legislatore fiscale non consente di effettuare congetture che possano essere considerate di certa attendibilità, con particolare riferimento a quanto possa incidere il peso delle imposte sul risultato economico. Tale aleatorietà incide inoltre senza dubbio anche, per i medesimi motivi, sul costo del personale.
Ecco che l’esperienza specifica nel settore come valore aggiunto dell’imprenditore risulta utile ad effettuare stime sulle dinamiche su cui si fondano domanda e offerta del prodotto, che, per quanto indubbiamente essenziali, sono solo uno dei più ampi fattori su cui debbono fondarsi le considerazioni sull’opportunità o meno di avviare un’attività d’impresa.
Il ruolo del consulente nella fase di “start up” di un’attività imprenditoriale o in una successiva fase di “ristrutturazione aziendale” deve tenere in considerazione tutti quei molteplici aspetti che il campo visivo dell’imprenditore, spesso orientato ad aspetti tecnici del mercato o a considerazioni basate sulla convenienza economica, potrebbe non tenere in considerazione perché appartenenti alle competenze di professionisti di eterogenea estrazione.
Inoltre è fondamentale individuare ruoli e responsabilità, dinamiche decisionali e strategie, investimento di capitale, incremento o decremento del relativo valore e trasferibilità nel tempo.
Infine è bene individuare, fra i “soci” che intendono dare vita ad un’impresa, le aspettative sottese a quelle palesi, ovvero ciò che davvero ciascun socio si aspetta in termini di “valore aggiunto personale” derivante dall’attività imprenditoriale.
Emerge spesso che le aspettative personali dei soci configgono con le esigenze societarie (che davvero tutelano la crescita dell’impresa e quindi dell’azienda) avendo taluni sono esigenze di individuare una nuova occupazione oppure di remunerare i propri capitali, aspetti che non presuppongono necessariamente il disporre del necessario spirito imprenditoriale stante alla base del successo di ogni impresa.
In mercati saturi, globalizzati, con dinamiche concorrenziali e di mercato di complessa analisi, le valutazioni prodromiche all’avvio di un’impresa debbono necessariamente essere più ampie ed articolate, e richiedono un investimento iniziale in una fase consulenziale che deve vedere attivate in equipe figure professionali eterogee.
La Sede Provinciale Lapet di Milano mira a fornire ai Tributaristi Qualificati e Certificati che vi appartengono relazioni interprofessionali idonee e rispondere a questa delicata esigenza, a tutela delle imprese e dei cittadini aspiranti imprenditori.
Due anni fa ho costituito una SAS (società in accomandita semplice) di cui sono socio accomandatario (amministratore) nel settore del “cake design”. Oltre all’attività artigianale e alla gestione del laboratorio, organizziamo corsi di formazione per pasticceri creativi e partecipiamo a fiere e festival internazionali del settore. Necessitando di un fido di €.20.000,00 per elasticità di cassa, la banca ai fini dell’istruttoria, mi chiede una serie di documenti fra cui “bilanci”, “idea imprenditoriale” e “business plan”. Ho chiesto al mio consulente fiscale che mi ha inviato quanto nella sua disponibilità, ovvero dichiarazioni dei redditi e previsionale dell’anno in corso, ma alla banca non basta e la pratica è ferma da mesi. Posso saperne di più?
La scelta di “fare impresa” con la forma giuridica della “sas” è spesso legata alla possibilità di contenere i costi e le incombenze amministrative derivanti dal poter gestire, entro i limiti fiscali previsti per legge, la contabilità in regime semplificato anziché in regime ordinario.
Tale circostanza, tuttavia, non prevedendo le scritture contabili in partita doppia, non consente di redigere un bilancio di esercizio, aspetto che, sebbene la norma lo consenta, non è gradito alle banche in quanto i dati contabili che emergono dalla “contabilità semplificata” consentono solo parzialmente di effettuare le verifiche patrimoniali, finanziarie ed economiche secondo i “parametri basilea” su cui si fonda l’analisi di affidabilità finanziaria da parte degli istituti di credito.
La dipendenza o meno dal settore bancario, l’esigenza di rivolgersi a terzi investitori, il livello di rischio dell’attività economica, il volume degli investimenti, il rapporto interpersonale fra i soci, le condizioni economiche e patrimoniali personali di ciascuno di essi, la propensione individuale al rischio, le prospettive di reddito rispetto ai regimi fiscali, la trasferibilità nel tempo delle quote sociali, l’assunzione di decisioni e le modalità di implementazione delle strategie… sono diversi dei più ampi elementi che l’imprenditore deve valutare con i propri consulenti prima di decidere che forma giuridica attribuire alla propria impresa.
La banca inoltre chiede, nel caso di specie, oltre alla documentazione fiscale “idonea” (non ritenendo sufficienti le dichiarazioni dei redditi, l’istituto di credito chiede il bilancio, che contiene informazioni finanziarie e patrimoniali ma che la “sas” in regime di contabilità semplificata non redige), chiede “idea imprenditoriale” e “business plan”.
Sempre più spesso, soprattutto in settori creativi e non tradizionali, la persuasione dell’ente finanziatore circa la bontà dell’iniziativa imprenditoriale non si fonda su prospetti contabili o fiscali di rendicontazione (che quindi “guardano al passato”) ma esige una chiara visione d’impresa in prospettiva futura.
L’”idea imprenditoriale” è un documento narrativo con cui l’imprenditore descrive il suo business, il mercato di riferimento, il prodotto o servizio offerto, il target e le iniziative di marketing necessarie ad intercettare l’incontro fra domanda ed offerta nel contesto microeconomico aziendale e nel più ampio contesto di settore. Il “business plan” è la progettazione economica e patrimoniale dell’”idea imprenditoriale” che ha l’obiettivo di dimostrarne la sostenibilità e la capacità di produrre ricchezza e reddito, in un arco temporale definito.
Il consulente aziendale (normalmente il più vicino all’impresa è il commercialista, il tributarista o altro esperto dei settori contabili e fiscali) non sempre dispone anche di tutte le competenze complementari che oggi si rendono necessarie per integrare le informazioni aziendali, ed è compito delle associazioni professionali o degli ordini di appartenenza fornire ogni supporto tecnico e professionale integrativo per tutelare il cliente rispetto alle crescenti e variabili difficoltà del mercato.
Spinti dalla motivazione imprenditoriale o professionale, chiara la nostra vision ed individuata la mission, ottenute le fonti di finanziamento autonomamente, tramite investitori o tramite terzi finanziatori, delineata l’idea imprenditoriale e strutturato il business plan … con quale “forma giuridica” devo avviare la mia impresa?
Le variabili su cui si fonda la scelta della forma giuridica con la quale “fare impresa” sono molteplici e spesso configgono fra loro:
- stima del livello di dipendenza dal sistema bancario nel tempo
- potenziale esigenza di rivolgersi a terzi investitori o di aprire a nuovi soci nel tempo
- il livello di rischio dell’attività economica
- il volume degli investimenti
- il rapporto interpersonale fra i soci
- le condizioni economiche e patrimoniali personali di ciascun socio e l’eventuale regime patrimoniale fra essi ed i relativi coniugi
- l’esistenza di patti di famiglia
- la propensione individuale al rischio
- le prospettive di reddito rispetto ai regimi fiscali
- la trasferibilità nel tempo delle quote sociali
- le dinamiche di assunzione di decisioni e le modalità di implementazione delle strategie
- prospettive di crescita e mercati di riferimento
e molto altro ancora.
La scelta della forma giuridica è quindi un momento delicato che può interferire sull’efficacia e l’efficienza dell’impresa.
Non è quindi solo un problema fiscale o un problema di protezione del patrimonio personale dell’imprenditore, è molto di più.
Errori nella scelta delle forma giuridica possono rivelarsi irrimediabili o possono essere sanati con un’operazione straordinaria definita “trasformazione”, che per l’azienda rappresenta comunque incombenze ed oneri.
Bisogna quindi diffidare da consulenze basate su “luoghi comuni” quali “l’srl è più sicura” oppure “l’srl è più costosa” o affermazioni di carattere generalista e prive di un’analisi di merito.
Il primo investimento che l’imprenditore deve fare per garantirsi minori aree di rischio è proprio quello che mira a strutturare basi solide e dinamiche per la propria attività d’impresa, aspetto che trova uno dei parametri principali nella scelta della più idonea forma giuridica, considerando una serie di fattori in uno specifico momento storico, al variare dei quali lo strumento della “trasformazione” dovrebbe trovare applicazione.
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