di Giovanni Reho – Ogni singola fattispecie legale contiene concetti giuridici determinati e indeterminati, rispetto ai quali valutare l’attività sussuntiva e valutativa del caso di specie da parte del giudice di merito.
Questo è un piano fondamentale da cui partire per una corretta risposta al nostro interrogativo.
Il giudice di legittimità non può sostituirsi al giudice del merito nell’attività di riempimento di concetti giuridici indeterminati. In questo caso, l’unica possibilità di sindacato è coerente solo nei limiti di una valutazione di ragionevolezza della sentenza impugnata.
Il sindacato sulla ragionevolezza non è mai relativo alla motivazione del fatto storico, ma alla operazione di sussunzione dell’ipotesi specifica nella norma generale, quale sua concretizzazione.
Ne consegue pertanto che l’attività di integrazione del precetto normativo di una norma cd. elastica (quando ad esempio il concetto giuridico indeterminato ha lo scopo di adattare la norma alla mutevolezza dei valori giuridici e sociali di riferimento) compiuta dal giudice di merito non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto nella norma generale ed astratta oltre che in virtù di una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli standard, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale (cfr. Cass. n.13534/2019, e giurisprudenza ivi richiamata; cfr. anche Cass. n. 985/2017, n. 88/2023; v. anche, Cass. n. 14063/2019, n. 398/2020, n. 707/2020, n. 7567/2020, n. 13625/2020, n. 16784/2020, n. 17321/2020, n. 25977/2020, n. 26043/2023, n. 30866/2023).
Per fare un esempio, la nozione di giusta causa di licenziamento è una nozione che la legge, allo scopo di adeguare la norma alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura come ascrivibile alla tipologia delle cd. clausole generali.
Dette clausole hanno un contenuto limitato e delineano un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione, da un lato, di fattori esterni relativi alla coscienza generale e, dall’altro, di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama.
Ogni specificazione del parametro normativo ha natura giuridica e la relativa disapplicazione da parte del giudice di merito è sicuramente deducibile in sede di legittimità come violazione di legge.
Viceversa, l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni (secondo l’esempio proposto, la concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento) si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione, quando esente da errori logici o giuridici.
In questi caso occorre, pertanto, distinguere tra l’integrazione a livello generale e astratto della clausola generale, che si colloca sul piano normativo e consente una censura per violazione di legge. Al contrario, l’applicazione in concreto del più specifico canone integrativo così ricostruito, ossia il fattuale riconoscimento della riconducibilità del caso concreto nella fattispecie generale e astratta, rientra nella valutazione di fatto devoluta al giudice del merito.
Sono altresì di competenza inevitabile del giudice di merito le connotazioni valutative dei fatti accertati nella loro materialità, nella misura necessaria ai fini della loro riconducibilità – in termini positivi o negativi – all’ipotesi normativa (Cass. n. 6827/24).
Diverso il caso in cui la fattispecie legale sia caratterizzata dalla presenza di contenuti determinati. In questo caso, la violazione di legge è valido motivo di sindacato di legittimità quando risulta accertata la chiara disapplicazione del singolo contenuto normativo previsto dalla fattispecie.
Giovanni Reho
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