Un richiamo forte di Benedetto XVI, contenuto nel Messaggio di Benedetto XVI per la 46.ma Giornata Mondiale della Pace che sarà celebrata il prossimo primo gennaio sul tema: “Beati gli operatori di pace”, è il rispetto della vita dal concepimento sino alla sua fine naturale: “chi vuole la pace – afferma – non può tollerare attentati e delitti contro la vita. Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana” e sostengono la liberalizzazione dell’aborto, “forse non si rendono conto” che in tal modo cercano “una pace illusoria”. “La fuga dalle responsabilità” e “tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente – scrive il Papa – non potranno mai produrre felicità o pace. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace – si chiede – senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri?”. Altrettanto forte l’appello, nel Messaggio, a riconoscere il diritto all’obiezione di coscienza “nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l’aborto e l’eutanasia”.
“Anche la struttura naturale del matrimonio – aggiunge – va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale”.
“Nessuno – afferma il Papa – può ignorare o sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia, cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico”. “La famiglia è uno dei soggetti sociali indispensabili nella realizzazione di una cultura della pace”. Inoltre – sostiene – “bisogna tutelare il diritto dei genitori e il loro ruolo primario nell’educazione dei figli, in primo luogo nell’ambito morale e religioso. Nella famiglia nascono e crescono gli operatori di pace, i futuri promotori di una cultura della vita e dell’amore”.
“Questi principi – ribadisce – non sono verità di fede”, ma sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa”.
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