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di Avv. Giovanni Reho  – L’articolo analizza in chiave sistematica la disciplina del contratto a tempo determinato alla luce delle modifiche introdotte dal Decreto Lavoro del 2023 e successivamente previste dal Decreto Milleproroghe 2025. Particolare attenzione è dedicata al regime delle causali, alla durata massima, alle condizioni di proroga e rinnovo e agli effetti della mancata motivazione. L’obiettivo è fornire un contributo aggiornato per l’interprete e l’applicazione della normativa da parte dei datori di lavoro.

  1. Inquadramento normativo

Il contratto a tempo determinato è disciplinato dal D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, come modificato da successivi interventi normativi, da ultimo il D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni dalla L. 3 luglio 2023, n. 85. Si tratta di una forma contrattuale eccezionale rispetto al contratto a tempo indeterminato, che costituisce la regola generale ex art. 1, co. 1, d.lgs. 81/2015. L’apposizione del termine è consentita per iscritto, nel rispetto delle condizioni di legge, e può avvenire anche senza causale per contratti di durata non superiore a 12 mesi.

  1. Durata massima e limiti

Ai sensi dell’art. 19, co. 2, del d.lgs. 81/2015, la durata complessiva del contratto a tempo determinato non può eccedere i 24 mesi, anche per effetto di proroghe e rinnovi, salvo deroghe assistite da stipularsi presso la Direzione territoriale del lavoro. In caso di superamento, il contratto si considera a tempo indeterminato sin dalla data del superamento. I contratti collettivi possono stabilire una diversa durata massima, purché rispettosa dei limiti generali fissati dalla legge.

  1. Proroghe e rinnovi

Il contratto può essere prorogato fino a un massimo di 4 volte nell’arco dei 24 mesi. La proroga è consentita anche in assenza di causale, se la durata complessiva del contratto, comprensiva della proroga, non supera i 12 mesi. Il rinnovo, invece, è sempre subordinato alla presenza di una causale giustificativa, anche se la durata del nuovo contratto è inferiore a 12 mesi.

  1. La disciplina delle causali dopo il D. L. 48/2023

L’art. 19, co. 1, lett. b-bis, d.lgs. 81/2015, come novellato dal Decreto Lavoro 2023, stabilisce che, per i contratti superiori a 12 mesi o per i rinnovi, è necessario indicare una delle seguenti causali legittimanti:

  1. Esigenze previste dai contratti collettivi applicati in azienda;
  2. In assenza, esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti, entro un regime transitorio inizialmente previsto fino al 30 aprile 2024;
  3. Sostituzione di altri lavoratori.

Questo assetto normativo ha introdotto una tripartizione delle causali, valorizzando fortemente il ruolo della contrattazione collettiva e concedendo uno spazio temporaneo alle causali “pattizie”.

  1. Proroghe delle causali pattizie sino al 31 dicembre 2025

Il Decreto Milleproroghe 2025 (D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito con L. 21 febbraio 2025, n. 15) ha ulteriormente esteso la validità del regime transitorio, già prorogato al 31 dicembre 2024, fino al 31 dicembre 2025.

Sino a tale data, in assenza di disposizioni specifiche nei contratti collettivi applicati, le parti potranno continuare a stipulare contratti di durata superiore a 12 mesi o rinnovare contratti già esistenti, motivandoli con esigenze tecniche, organizzative o produttive individuate consensualmente.

La proroga mira a garantire flessibilità alle imprese in un contesto economico incerto, rinviando l’obbligo di causali collettive e mantenendo un regime transitorio più elastico. Tuttavia, resta imprescindibile la motivazione scritta e puntuale della causale, che sarà oggetto di eventuale sindacato giudiziale.

  1. Effetti della mancata causale o di una causale invalida

L’apposizione del termine in assenza di una causale valida nei casi in cui è richiesta comporta la nullità del termine e la conseguente conversione del rapporto a tempo indeterminato.

La giurisprudenza ha ribadito l’onere del datore di lavoro di dimostrare l’effettività delle esigenze addotte, non essendo sufficiente un generico riferimento alla natura dell’attività aziendale.

In particolare, la Corte di Cassazione, con numerose sentenze (ad esempio, l’ordinanza n. 2894 del 31 gennaio 2023), ha stabilito che per la validità di un contratto a tempo determinato è necessario che la causale del termine sia specificata in modo chiaro e preciso.

La causale deve indicare il motivo per cui il lavoro viene svolto a termine, come ad esempio la necessità di sostituire un dipendente, di svolgere un lavoro stagionale o di fronteggiare una contingenza temporanea.

Se la causale è omessa, generica (per esempio con l’uso di espressioni generiche “per necessità aziendali” senza alcun adattamento alle reali esigenze aziendali) o non sufficientemente motivata, il contratto è considerato nullo. Questo perché la causale è necessaria per giustificare la limitazione del tempo determinato, che dovrebbe essere giustificata da esigenze specifiche e temporanee del datore di lavoro.

La nullità del contratto comporta che esso non produce effetti tra le parti, come se non fosse mai stato stipulato. In questo caso, tuttavia la sanzione della nullità è quella della trasformazione automatica del contratto a tempo determinato.

  1. Controlli giudiziali e onere probatorio

I giudici del lavoro possono sindacare la veridicità e coerenza della causale indicata. Il datore di lavoro ha l’onere di dimostrare:

  • la sussistenza effettiva dell’esigenza addotta;
  • la correlazione della causale con le mansioni affidate;
  • l’assenza di abuso o elusione della normativa.

Una causale generica o standardizzata può essere ritenuta insufficiente, con il rischio di conversione del contratto.

  1. Considerazioni conclusive

La disciplina del contratto a tempo determinato si caratterizza oggi per una complessità tecnica e per un intreccio normativo che richiede particolare attenzione, specie in fase di redazione contrattuale.

La proroga fino al 31 dicembre 2025 del regime transitorio delle causali pattizie offre uno strumento utile per le imprese, ma impone un esercizio rigoroso di motivazione e documentazione.

Per garantire la legittimità dei contratti, è essenziale:

  • un monitoraggio aggiornato dei contratti collettivi applicabili;
  • la redazione dettagliata e non generica delle causali;
  • una gestione attenta delle proroghe e dei rinnovi.

Riferimenti normativi e fonti ufficiali

D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81

D.L. 4 maggio 2023, n. 48

  1. 3 luglio 2023, n. 85

D.L. 27 dicembre 2024, n. 202 – Milleproroghe 2025 (convertito in L. 21 febbraio 2025, n. 15)

Ministero del Lavoro – Contratti a termine –

Avv. Giovanni Reho, rehoandpartners

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