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Inizia male il 2025 del calcio italiano, è mancato, infatti, oggi Aldo Agroppi, leggenda del Torino degli anni ’70, poi allenatore ed infine commentatore sportivo pungente e mai banale.

Nato a Piombino, il 14 aprile 1944, Agroppi inizia a giocare a calcio nella squadra della sua città, con cui esordisce in serie D, viene notato dagli osservatori del Torino ma, prima di esordire con i granata, è dato in prestito prima al Genoa, poi alla Ternana, poi due anni di B con in Potenza, prima di tornare in quella che diventerà la sua “casa” sportivo, il Torino, con il quale esordisce nella stagione 1967-1968, dimostrandosi da subito un centrocampista coriaceo e combattivo. Da qui parte la storia di un grande amore fatto di 8 stagioni, 2 Coppe Italia (1967-1968 e 1970-1971, i primi trofei granata dopo la tragedia di Superga), 212 gare in A e 15 gol oltre a 5 gettoni in Nazionale. Ma Torino è anche il più grande rimpianto sportivo della carriera di Aldo: lo scudetto del 1971-1972 sfumato per 1 solo punto con la bruciante sconfitta a Marassi contro la Sampdoria, quando un colpo di testa di Agroppi fu salvato oltre la linea da Marcello Lippi, allora nelle file doriane (l’inizio di una rivalità che si rivelerà decennale).

Lasciata Torino nell’estate 1975, Aldo si trasferisce per le ultime due stagioni della carriera a Perugia, neopromosso in serie A, con cui disputa 2 buoni campionati per un totale di 37 presenze, impreziosite, svariate volte, dalla fascia di capitano al braccio.

Appesi gli scarpini al chiodo, Agroppi, dopo appena un anno, inizia ad allenare, parte dalle giovanili del Perugia per 2 stagioni, per poi iniziare un lungo peregrinare per lo Stivale: partendo da Pescara, passando per Pisa, Perugia, Padova (dove allena solo 3 mesi, iniziando la lotta con la depressione che lo tormenterà anche negli anni avvenire), di nuovo  Perugia (dove perde 1 sola partita in tutto il campionato di Serie B, record tuttora imbattuto), Fiorentina (dove, nonostante l’ostilità di una parte della tifoseria, centra un ottimo 4° posto in Serie A), Como, Ascoli e, di nuovo, Fiorentina, con una dolorosa retrocessione in B che segna la fine della sua carriera di allenatore.

Aldo si reinventa, allora, commentatore radio e TV (sia per reti toscane sia per La Domenica Sportiva e Stadio Sprint della RAI ed anche per Le partite non finiscono mai su La7), facendosi apprezzare per le opinioni schiette e sincere, per la critica pungente al calcio degli anni 2000 e per le polemiche con Lippi e la Juventus.

Ritiratosi nella sua villa nell’amata Piombino (riteneva Piazza Bovio il luogo più bello del mondo), scrive anche 2 libri: nel 2005  A gamba tesa – Frustate e qualche carezza e, nel 2017, Non so parlare sottovoce. Una vita in contropiede (tra parole e pallone).

Tormentato dalla depressione, riesce a riprendersi da un infarto che lo aveva colpito dal 2011, a fine 2024 è ricoverato nell’ospedale della sua città per una polmonite bilaterale, che il 2gennaio 2025 si rivelerà fatale, togliendo al calcio un protagonista, ma soprattutto un uomo vero e sempre contro.

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