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di Stefano Bassi – Esiste un’arte sottile e quasi masochistica nel prestare i libri. Potremmo paragonarla alla generosità sconsiderata di un anfitrione che, dopo aver cucinato un pranzo sontuoso, si ritrova a guardare i piatti devastati senza aver assaggiato un boccone. Matteo Cuomo ci svela l’ironica tragedia dei “libri che si prestano”: se avete amici che leggono, capirete al volo. E se non li avete, meglio così: i vostri libri resteranno a casa, al sicuro e nelle condizioni impeccabili che solo voi sapete mantenere.

Iniziamo dal primo e irrinunciabile consiglio: fate rilegare con cura i romanzi di viaggio di De Amicis, le novelle della Serao, i romanzi del Tolstoj e del D’Annunzio, e non i volumoni di storia o filosofia. Perché? Perché i primi spariranno dalla vostra libreria, circolando per case sconosciute come globetrotter senza ritorno. E così inizia il ciclo. C’è chi arriva a chiedere gentilmente, chi manda un biglietto, chi vi sorprende per strada con un’innocente richiesta, e alla fine, a forza di cortesie, il libro lo prestate davvero.

Ma non illudetevi che ritorni nella sua forma originale. Anzi, se mai riapparirà, sarà come un reduce di guerra: senza copertina, o col dorso strappato, a volte persino con qualche pagina mancante. E voi, sempre educati, non potete nemmeno lamentarvi. Se appena accennate a un “non era in queste condizioni”, la risposta sarà pronta: “Ma certo che sì, già quando me l’hai prestato era rovinato!”. E pazienza, si torna al punto di partenza con un libro che ormai assomiglia a un reperto archeologico.

Non mancano nemmeno i lettori che si prendono la libertà di aggiungere “commenti” personali, come fossero critici autorevoli. A margine di un passaggio drammatico, potrete trovare “Divino!” o “Sublime!”, seguiti da un “Sei un porco!” nella pagina successiva, per lasciare il segno su un paragrafo ritenuto sconveniente. Altri amano sottolineare, colorare, persino aggiungere crocette blu per indicare il momento in cui si sono “scocciati” del libro. Queste critiche estemporanee si alternano a riflessioni filosofiche incise con l’inchiostro, a ricordi di date sacre o laiche (“Finito di leggere il giorno dell’Annunciazione di Maria SS!”) e persino a dettagli metereologici: “Letto il 2 gennaio – mezzanotte, freddo da cani”.

Poi ci sono gli usi alternativi. Alcune gentili signore arricchiscono i margini dei libri con liste della spesa, indirizzi di medici e numeri di telefono. L’“Abate” di Walter Scott potrebbe facilmente trasformarsi in un’agenda multifunzione: “Fazzoletti 5 – lenzuola 4 – Domani 26 luglio paga il sarto – Per la gonna, metri 3 di stoffa”. È evidente che certi libri viaggiano molto più di quanto l’autore avesse mai immaginato.

E non dimentichiamoci dell’estremo caso di generosità indebita: il “prestito-dono”. È la storia del vostro libro che, dopo varie peripezie, vi ritorna con un’iscrizione alla prima pagina: “Alla signorina B., in segno di affettuoso ricordo, l’amico…” – e qui segue il nome del vostro amico, ora divenuto magnanimo benefattore con qualcosa che, in realtà, era vostro. Che sia stato fatto un dono dal vostro libro ci si potrebbe anche passare sopra; ma rubarlo per regalarlo è un’elevazione del prestito a livello mistico!

Per la cronaca, alcuni libri non ritornano mai. Alcuni amici sono abili nello “scherma”, e quando li interrogate, negano con disinvoltura: “Io? Rabagas? Ma se neanche so chi l’ha scritto!”. Alla fine, non resta che immaginare il libro in un altro scaffale, a prendere polvere tra colpevoli silenzi e amnesie strategiche.

Alla luce di tutto questo, il signor Descuret avrebbe forse ragione nel consigliare di “non prestare mai un libro a un bibliomane: è capace di tenerselo!” Ma purtroppo – o per fortuna – il problema non è limitato ai bibliomani; l’avidità letteraria è una patologia estesa e democratica. Il vostro libro, come un emigrato senza passaporto, potrebbe restare per sempre in casa di un lontano conoscente.

E quando si tratta di negare il prestito? Dovreste forse confessare in faccia a un amico che, temendo per la sorte del vostro caro Piccolo mondo antico, non avete intenzione di darglielo? Ma no, meglio ricorrere a un piccolo trucco: “Non te lo consiglio, sai, è un libro che annoia. Se lo vuoi comunque, prendilo, ma non dire che non ti avevo avvertito!” L’amico, con aria perplessa, desisterà, e voi potrete chiudere la porta soddisfatti. Certo, il povero Fogazzaro non apprezzerebbe la pubblicità negativa, ma la sopravvivenza del vostro libro ha la precedenza.

Alla fine, Cuomo ci lascia con una verità ineluttabile: i libri, come i sentimenti, si prestano con cautela. E forse solo negando il prestito possiamo sperare di mantenerli davvero nostri.

Stefano Bassi

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