(dell’avv. Paolo F. Cuzzola e del Dott. Salvatore Primiceri) – Nuovo attacco all’istituto della mediazione. Questa volta é Il Fatto Quotidiano a dare spazio ad un articolo ricco di elementi contestabili, sia nel contenuto che nei toni del linguaggio utilizzato. Ormai, da quando la Corte Costituzionale, il 24 ottobre scorso, ha diffuso un comunicato stampa in cui annunciava l’illegittimità, per eccesso di delega,del d.lgs. 28/2010 nella parte in cui prevede il carattere obbligatorio della mediazione, si é scatenata una guerra tra sostenitori e detrattori dell’istituto della mediazione con la sostanziale differenza che, mentre i primi difendono l’onorabilità dell’istituto, del proprio lavoro e della propria persona adducendo dati scientifici ed esperienze, i secondi attaccano spesso con insulti, analisi faziose di informazioni e diffusione di dati falsi.
Evidentemente gli argomenti, ai secondi, mancano per un motivo sostanziale: la mediazione é indiscutibile nel suo valore e utilità e qualcuno la vede come un pericolo per chi, a corto di lungimiranza e capacità negoziali, é abituato a sostenersi passivamente dal sistema fallimentare della giustizia italiana. Le novità spaventano, si sa, soprattutto quando esprimono un notevole potenziale di riuscita ed é per questo che, nascondendosi dietro la “necessità di riformare davvero la giustizia” (espressione generica che assume il valore di scusante verso qualsiasi tentativo di riforma), alcuni si arrampicano su artifici linguistici e ragionamenti a dir poco creativi, per tentare di allontanare il nemico, persuadendo l’opinione pubblica e la politica attraverso il mezzo della disinformazione.
Aprendo il sito del Fatto Quotidiano ci troviamo così di fronte ad un articolo firmato da Marcello Adriano Mazzola in cui il lettore si immerge con fiducia in virtù del patto di correttezza che dovrebbe sottendere tra chi pubblica e chi legge. Al lettore più diffidente, però, basterà cliccare sul nome del “giornalista” per scoprire che egli é in realtà un avvocato, persona di parte e avversa all’istituto della mediazione.
Ma aldilà dell’opinione negativa che un soggetto può legittimamente avere su un qualcosa, é la pretesa di dover delegittimare l’oggetto davanti ai propri lettori con argomentazioni errate e faziose che é inacettabile.
L’articolo di Mazzola parte in grande stile. Paragona il rapporto tra la giustizia e la mediazione addirittura al terremoto dell’Aquila. Paragone azzardato, forzato e inopportuno che non merita la benché minima attenzione. Fa parte di quegli elementi stilistici che servono a rendere più vivo un articolo, a catturare subito l’attenzione del lettore, ma che diventano inutili e fuorvianti ai fini della trattazione stessa se non utilizzati in modo appropriato.
Pur di distruggere la mediazione alcuni sono evidentemente disposti a tutto. Se fosse vero, infatti, che la mediazione é un fallimento nei numeri, perché accanirsi tanto a parlarne?
La realtà é ben diversa da come Mazzola tenta di rappresentarla. I dati ministeriali ufficiali ci dicono chiaramente che il processo di conoscenza e utilizzo della mediazione in Italia é in forte crescita, soprattutto negli organismi (privati e camere di commercio) dove si incontrano qualità, preparazione e professionalità. Ci dicono anche che é nelle camere istituite presso gli ordini degli avvocati che le mediazioni falliscono maggiormente. Ciò significa due cose: ostruzionismo di parte dell’avvocatura a scapito dei cittadini e insufficienza della mera preparazione giuridica all’esercizio della professione di mediatore. Benché alcuni avvocati (tra cui lo stesso Mazzola) tentino scorrettamente di far passare i mediatori come degli impreparati, la realtà ci offre esperienze dirette molto positive. Gli organismi preparano sempre di più i mediatori (aldilà del corso iniziale) e fanno molta selezione per individuare sempre persone all’altezza dei casi da affrontare.
Sempre sui dati, é necessario precisare che essi sarebbero stati ancor migliori in favore della mediazione se numerosi avvocati non avessero tenuto bloccate le istanze sul proprio tavolo pur di non mandarle in mediazione in attesa della sentenza o che non ottemperavano al dovere di informare il Cliente circa l’istituto della mediazione. Tutto questo in virtù di quale bene della giustizia? E, soprattutto, di quali benefici per i Clienti?
Infine scopriamo che l’avv. Mazzola ritiene semplice riformare la giustizia e avanza una proposta in cui, dopo una serie di slogan, pone “a margine” la diffusione di una cultura della non conflittualità, “insegnandola e non imponendola”.
E sta qui la differenza sostanziale fra chi crede nella mediazione e Mazzola: i mediatori pongono la cultura del consenso e della non conflittualità come una missione di civiltà, primaria per risolvere i problemi della giustizia. Riteniamo però che la conflittualità italiana sia così patologica che l’obbligatorietà della mediazione possa essere, almeno per un periodo di transizione, un “male necessario” al fine di rendere il cittadino autonomanente consapevole dei vantaggi economici, temporali e umani, che la mediazione può offrire.
Recentemente l’Italia ha ricevuto il plauso dell’Unione Europea per il modello con cui stava attuando la diffusione dell’istututo della mediazione. Ma come sempre accade, l’accanimento cieco e conservatore di taluni al fine di difendere i propri interessi (per giunta in nome di una riforma di giustizia organica), rischia di farci ottenere l’ennesima figuraccia in Europa.
Avv. Paolo F. Cuzzola
Patrocinate in Cassazione, Mediatore Civile e Familiare, Giudice Arbitro e Responsabile Scientifico dell’Ente di Formazione Conciliazione.net
Dott. Salvatore Primiceri
Mediatore Civile e Commerciale. Giurista, editore giuridico e manager in comunicazione aziendale ed eventi formativi.
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