(di Giulio Perrotta) E’ davvero fuori da ogni logica giuridica assistere a questo lento morire della certezza della pena. E il fondo, nonostante sia stato già toccato abbondantemente, continua ad essere teatro di rivoltanti premi a chi gioca a fare il furbo.
Siamo all’esame di stato forense, crocevia di tante sofferenze di giovani (e meno giovani) praticante avvocati, che sognano di abilitarsi ed esercitare la nobile professione del bugiardo cronico. Lecce, capoluogo di provincia della Puglia, una sede di concorso come tante altre, se non fosse per una peculiare e bizzarra pratica messa in atto nel concorso dell’anno 2012/2013. Tutto comincia con una segnalazione d’ufficio della Corte di Appello di Catania che comunica alla Procura della Repubblica di Lecce, il sospetto di truffa: pare che, le prove scritte di 103 partecipanti salentini siano nulle in quanto gli elaborati non sarebbero stati frutto del sano ed intellettuale lavoro, bensì, verosimilmente copiato da internet. Teoria che trova la forza costitutiva in una serie di compiti totalmente identici. Da qui scattano le indagini d’obbligo per accertare eventuali responsabilità penali.
Dopo 2 anni, la svolta, frutto dell lavoro certosino condotta dal Procuratore Capo di Lecce, Cataldo Motta, e di tutta la sua squadra: <<Il tutto è partito da una segnalazione da parte della Corte di Appello di Catania che ci diede comunicazione di aver annullato le prove scritte di 103 candidati salentini all’Esame di stato 2012/2013, in quanto gli elaborati, molto probabilmente, erano stati copiati da internet. (…) Una volta giunta la segnalazione ho dato indicazione alla Polizia Postale di compiere le indagini e fare i riscontri del caso, riuscendo, in questo tempo, a individuare ogni singola telefonata, ogni singola mail e ogni singolo sms inviato e ricevuto da queste 103 persone, inerente le tracce in oggetto. (…) In alcuni casi gli elaborati sono stati sviluppati da terzi, in altre il tutto è stato copiato integralmente da siti specializzati in materia di Diritto, inoltre, a volte, ci si è trovati di fronte a scritti eseguiti in fotocopia. (…) Non abbiamo a che fare con vecchio metodo dei rotolini di carta contenenti appunti nascosti nelle cartucciere come avveniva alcuni anni fa. In quel caso si trattava di appunti che dovevano essere rielaborati e i partecipanti al concorso ci dovevano mettere del proprio, qui, si è avuto a che fare con veri e propri compiti copiati.
Fin qui sembra tutto regolare da un punto di vista giuridico. 103 soggetti sono indagati e imputati di un delitto e vengono per questo condotti per mano dinanzi alla magistratura, che accerterà le responsabilità penali.
Peccato che a questo punto si decide di sferrare il colpo mortale alla giustizia. Normativamente parlando, la pena prevista per tale delitto è la reclusione da 3 mesi a 12 mesi; tuttavia, la via scelta è la conversione in pena pecuniaria con decreto di condanna e la sanzione disciplinare tra l’ammonizione, il rimprovero e la censura.
Si, caro lettore, hai capito bene: dalla reclusione alla multa di 11mila euro e la possibilità di esercitare in futuro la libera professione forense, tutto perché con una serie di sconti premiali, collaborazione, buona condotta e profili incesurati, hanno potuto usufruire di “favori” che la giustizia (erroneamente) riconosce!
Certo, dei 103 candidati, soltanto 20 hanno ottenuto la qualifica di avvocato nell’esame 2013-2014 e 2014-2015, e 4 tramite il percorso facilitato spagnolo di avvocato stabilito. Altri sono ancora iscritti al Registro Praticanti di Lecce, Brindisi e Taranto.
Tuttavia, soggetti che deliberatamente (salvo che non si dimostri contraria responsabilità penale) hanno copiato, potranno comunque esercitare la professione forense; quindi, anziché punire definitivamente coloro che hanno già dimostrato una tendenza contraria alle norme sociali, arrivando a commettere un delitto punito dal legislatore, vengono “premiate” con uno scalpellotto e un severo rimprovero, con la speranza che non riaccada più.
E una domanda sorge spontanea: è questa giustizia?
A parere dello scrivente, per ridare certezza del diritto e della pena, dovrebbero essere abrogate tutte le norme che prevedono sconti premiali, in quanto la normalità dovrebbe essere il mantenimento del profilo incensurato e non la garanzia che, in qualche modo, la pena effettivamente scontata non sarà mai nemmeno lontanamente vicina alla forbice edittale prevista dal codice penale e dalle leggi speciali in materia penale.
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