(di Giuseppe La Rosa) Sono ormai quasi nove su dieci i giovani decisi a lasciare il nostro Paese per cercare opportunità lavorative all’estero.
Tra le mete principali troviamo Usa, Australia e Regno Unito che insieme ottengono più della metà delle preferenze (il 54,8%). Segue la Germania, con una disoccupazione giovanile molto bassa, poi Francia, Canada, Svizzera e Austria. Altri paesi, come la Spagna, risultano meno attrattivi per l’alta disoccupazione giovanile causata dalla crisi degli ultimi anni.
La maggior parte dei giovani, circa il 61%, è pronta a emigrare, e il 70% degli intervistati ritiene che l’Italia offra alle nuove generazioni opportunità inferiori a quelle di altri paesi. Inoltre l’83,4% è disposto a cambiare città in modo permanete per trovare migliori possibilità di lavoro.
L’analisi, basata su un campione rappresentativo di giovani tra i 18 e i 32 anni, è emersa dal rapporto sul tema “Mobilità per studio e lavoro”, presentato a Treviso dall’Istituto Toniolo, in collaborazione con l’Università Cattolica, la Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo.
Negli ultimi anni l’Italia è divenuta un paese a forte immigrazione, con un alto tasso di cittadini di origine straniera, e contemporaneamente è stato sempre più rilevante il fenomeno di giovani in cerca di un futuro migliore all’estero.
Alessandro Rosina, professore di Statistica sociale, è uno di coloro che ha partecipato all’indagine invitando ad una interpretazione dei dati lontana dai tipici preconcetti sulla “fuga dei cervelli”. Infatti ,come indica il 74,8% degli intervistati, le nuove generazioni percepiscono anche gli aspetti positivi della mobilità, cioè fare nuove esperienze e confrontarsi con altre culture.
“La fuga è solo un aspetto del fenomeno, anche se è in effetti quello più problematico. Da un lato i giovani sono sempre più consapevoli che la mobilità internazionale è di per sé positiva, perché consente di conoscere diverse culture e arricchire il proprio bagaglio di esperienze. Dall’altro sempre più giovani lasciano il paese anche per non rassegnarsi a rimanere a lungo disoccupati o a fare un lavoro sottopagato”.
Quanto affermato dal prof. Rosina, sottolinea opinioni di autorevoli professori ed economisti, che considerano la mobilità lavorativa un vantaggio importante per l’impiegabilità, cioè il valore professionale di una persona in riferimento al mercato del lavoro.
Molti ormai sono coloro decisi a compiere il grande passo, ad andare lontano in paesi considerati più attrattivi per un’esperienza di lavoro, non necessariamente definitiva. Tra questi soprattutto i ragazzi più intraprendenti, quelli con tanta voglia di fare nuove esperienze e conoscere il mondo. Tutto ciò si inserisce nel punto focale del fenomeno dell’emigrazione giovanile: lasciare l’Italia è ormai una vera e propria necessità.
Papa Francesco e il seme dell’universalismo
Primiceri Editore: “L’appello continua, siamo al 30% dell’obiettivo ma il momento è critico”
Il paradosso italiano: formare per fuggire
Caro energia: come le famiglie italiane stanno cambiando le loro abitudini di consumo