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Gli appassionati degli e-book sono in costante aumento. Il mercato dell’editoria elettronica non cessa a crescere. Negli Stati Uniti si contano circa ottocentomila titoli di libri digitali disponibili e anche l’Europa ha accolto positivamente l’evoluzione del mercato editoriale in chiave digitale. Ovviamente, per un mercato in ascesa ve ne è di contro uno in discesa, quello dell’editoria tradizionale che ha visto negli ultimi anni una notevole riduzione dei propri profitti, a causa non solo dell’arrivo dell’e-book e dei nuovi strumenti tecnologici di lettura, ma anche a causa dell’avvento dei sistemi cosiddetti di self publishing, con cui chiunque intenda pubblicare un contenuto letterario digitale può tranquillamente farlo da sé, evitando oramai l’intermediazione dell’editore tradizionale.

Ma questo è già passato! A far tremare nuovamente gli editori, ma per certi versi anche gli autori sono in arrivo due nuovi brevetti che permetteranno agli utenti di rivendere i loro e-book usati. La possibilità della rivendita riguarderà non solo gli e-book, ma anche la musica, i film e tutto quello che ha a che fare con un contenuto immateriale. Artefici di questi brevetti sono le big “A”, sempre loro Apple e Amazon.

Proprio Amazon pare abbia messo a punto un sistema che permette lo scambio lucroso tra utenti di tutti i tipi di materiale digitale.

Ma sostanzialmente di cosa si tratta? Oggi se acquisto un e-book, in realtà non ne divento il proprietario, come era per la tradizionale copia cartacea, ma ne sarò solo il fruitore, perché avrò la possibilità di godere unicamente del solo contenuto: non essendone io titolare dei diritti di sfruttamento, mi è, infatti, rigorosamente vietata la rivendita dell’e-book, perché si tratta di una licenza d’uso. Mediante questi nuovi sistemi invece, sarò libero di rivendere il contenuto di un libro che ho già letto, di un film che ho già visto, di una canzone che ho ascoltato più volte. Violerei certamente i diritti d’autore se vendessi più volte quel contenuto, perché i beni digitali (che non possono peraltro subire danni fisici, come rovinarsi con il passare del tempo) possono essere riprodotti all’infinito, anche quando i diritti appartengono ancora al proprietario originale. Tuttavia, i sistemi presentati da Amazon ed Apple risolvono questo problema. Il brevetto di Amazon prevede ad esempio che un libro o un film o una canzone siano inseriti in un “archivio di dati” relativo ad un singolo cliente. Quando un contenuto digitale non è più desiderato, l’utente può venderlo o scambiarlo con un altro utente, un’azione che in automatico elimina quel file digitale dall’archivio del primo utente che a quel punto non potrà più avervi accesso e quindi la vendita si ridurrà ad una singola unità. Il rivenditore presumibilmente riceverebbe una percentuale per la singola commissione su ogni transazione e come è ovvio ci sarebbe per i consumatori una diminuzione dei prezzi.

Bene, superato questo problema, ma mio avviso ne sorge un altro. Se io sono licenziatario di un contenuto perché posso solo goderne e non proprietario del singolo contenuto (in quanto la titolarità permane sempre in capo all’autore), posso io licenziatario cedere ad altri, a scopo di lucro, quel contenuto immateriale, senza essere stato autorizzato dal titolare che resta l’autore o il soggetto cui l’autore ha ceduto personalmente i diritti di sfruttamento? Lo sfruttamento economico, qualsiasi tipo di sfruttamento economico di un’opera di ingegno non spetta forse all’autore che decide a chi cederlo o licenziarlo?

Con la copia cartacea del libro la rivendita della mia copia privata era concessa, prendevo accordi nei mercatini dell’usato, avendo acquistato i diritti sulla copia cartacea ed essendone diventato il proprietario a tutti gli effetti, potevo rivendere quella singola copia usata ad altri che ne fossero interessati.  Ma il licenziatario, ammettendo che in questi casi si parli di licenza perché andiamo avanti per interpretazioni, non avendo riferimenti normativi certi, può arrogarsi in automatico questo diritto? Possiamo applicare anche al digitale il diritto di copia privata valevole per il mercato cartaceo, in base al quale l’autore “esaurisce” i propri diritti sulla copia venduta e chi la compra può farne ciò che vuole?

Secondo la CGE, in relazione ai programmi per elaboratore – caso Oracle/ Usedsoft – chi vende un programma con la relativa licenza d’uso non può opporsi alla sua successiva rivendita di seconda mano, perché varrebbero, per chi scarica con download un software dalla rete, le medesime regole relative ai supporti materiali.

Nel comunicato della Corte del 3 Luglio 2012 si leggeva in merito: “Quando il detentore di diritti di copyright permette ad un suo cliente di fruire di una copia – tangibile o intangibile – e contestualmente conclude, dietro pagamento, un accordo di licenza che garantisce al cliente i diritti di usare quella copia per un periodo di tempo illimitato, il detentore dei diritti vende la copia al cliente e pertanto secondo il principio dell’esaurimento, esaurisce i suoi diritti esclusivi di distribuzione. Questa transazione implica un trasferimento dei diritti di proprietà della copia. Pertanto, anche se gli accordi di licenza negano un ulteriore trasferimento, il detentore dei diritti non può opporsi alla rivendita di quella copia”.

La predetta decisione varrebbe dunque anche per l’e-book? L’utente che acquista un e-book, un file musicale, ecc diventa proprietario dei diritti sul contenuto del file e non mero licenziatario?

Quello che si potrebbe pensare, finchè si naviga in acque normativamente lacunose, con l’intento di fuorviare ogni dubbio interpretativo, è che ogni piattaforma di bazar del libro digitale usato, quando queste verranno ad esistenza (perché comunque nasceranno … è l’evoluzione della specie e del progresso, è inutile che continuiamo a prenderci in giro) potrà opportunamente prendere accordi con gli autori, o con le loro associazioni e, tra le altre, inserire nei contratti una clausola riguardante la possibilità di concedere questo diritto di vendita unitaria agli utenti, con la garanzia della presenza su tali piattaforme di vendita dell’usato di strumenti di sicurezza che evitino vendite plurime in capo ad un singolo soggetto e che impediscano la perdita incontrollata dei contenuti, anche imponendo il pagamento di una penale, in caso di danno dovuto all’assenza o alla carenza di tali strumenti di sicurezza.

Come si muoveranno le big “A”, Amazon ed Apple, che si candidano a diventare le future case editoriali? Potrebbero stilare accordi con gli autori, farsi concedere il consenso alla vendita di seconda mano, riconoscendo loro un compenso sulle compravendite.

Ad avviso di chi scrive, il mercato editoriale non sparirà del tutto, ci saranno semplicemente nuove forme di editori. Occorrerà prestare attenzione e scongiurare la creazione di oligopoli intorno a tali mercati. E soprattutto riscrivere immediatamente le leggi sul diritto d’autore, fornire nuove definizioni giuridiche che si adeguino al nuovo, a quello che sta avvenendo in rete.

Nuove norme che rispondano chiaramente a domande del tipo: se acquisto un e-book, sono il proprietario del contenuto di quel file (non potendo parlare di copia, perché sappiamo che nel digitale non esiste più la differenza tra originale e copia) e posso rivenderlo senza consenso dell’autore una sola volta, perché vale anche nel mondo immateriale il principio dell’esaurimento, come ha spiegato la CGE nel caso Oracle? Sono il licenziatario e posso solo fruirne, dovendo chiedere il consenso all’autore, o a chi per lui, per poter sfruttare economicamente quel contenuto? di quali diritti dispongo esattamente, oltre la mera fruizione? Posso cedere a scopo di lucro il contenuto una sola volta, ovvero ne ho il diritto a priori, o devo chiedere il consenso preventivo all’autore?

Queste sono solo alcune di quelle domande che il legislatore dovrebbe chiarire, fornendo regole indiscusse sul diritto d’autore.

Annalisa Spedicato

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