La scelta di prendere strade diverse dopo un matrimonio non si compie mai a cuor leggero, ed è normale avere qualche timore legato anche alla complessità dell’iter burocratico da seguire per il divorzio. Allo stress fisiologico causato dalla separazione, infatti, spesso si aggiunge anche quello di dover sopportare la fatica che inevitabilmente le cause in tribunale comportano. Ma è bene sapere che se i rapporti fra i due coniugi sono abbastanza distesi e si riesce a trovare un punto di incontro sulle questioni più importanti, la strada del tribunale non è l’unica percorribile. In alcune situazioni, infatti, la giurisprudenza consente infatti di sciogliere il vincolo matrimoniale in maniera molto più semplice. Andiamo allora a vedere quali sono le varie modalità di divorzio, soffermandoci in particolare su quelle che non prevedono la comparizione dei coniugi in tribunale.

La separazione è il presupposto imprescindibile per il divorzio

Il punto di partenza per avviare la pratica di divorzio è la separazione. Spesso, infatti, ci si domanda se sia possibile sciogliere il vincolo matrimoniale divorziando direttamente, senza passare per la separazione. La risposta è no: con la legge n. 55/2015 è valida la regola per cui si può richiedere il divorzio se sono trascorsi minimi sei mesi in caso di separazione consensuale, dodici nel caso della separazione giudiziale.

Il divorzio giudiziale

È il procedimento più lungo e complesso, ma è l’unica soluzione nel momento in cui i due coniugi non riescono a trovare un accordo sulle condizioni del divorzio. In questo caso, le decisioni vengono rimesse a un giudice e appare imprescindibile il supporto di un avvocato matrimonialista per il deposito del ricorso in tribunale. Solitamente funziona così: uno dei due coniugi si occupa di fare ricorso in tribunale e da lì si avvia il procedimento che si articola in due fasi distinte. La prima è chiamata fase presidenziale e va dal deposito del ricorso fino all’udienza presidenziale, volta all’emanazione dei provvedimenti provvisori e urgenti. Poi c’è la fase istruttoria, che è anche la più lunga, al termine della quale giungerà l’emissione della sentenza di divorzio con i provvedimenti definitivi.

Il divorzio congiunto

Passiamo ora a esaminare il divorzio congiunto, ossia la pratica attraverso la quale i due coniugi possono sciogliere il matrimonio in maniera consensuale, accordandosi su tutte le varie questioni legate al divorzio quali il mantenimento, la casa coniugale, l’affidamento dei figli e così via. Il divorzio congiunto si può attuare in diversi modi senza passare per il tribunale.

La negoziazione assistita

La procedura consensuale di divorzio tramite negoziazione assistita è stata introdotta con la legge n.162/2014, elaborata proprio con l’intento di snellire le pratiche di divorzio e consentire ai coniugi di sciogliere il vincolo matrimoniale senza ricorrere al tribunale. Questo tipo di procedura può essere adottata da tutte le coppie, dato che la legge prevede che è possibile incardinarla anche “in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti” (art.lo 6 punto 2 L. 162/2014).

La negoziazione assistita prevede la presenza necessaria di un avvocato per coniuge. Quando un coniuge separato consensualmente da almeno 6 mesi o giudizialmente da almeno 12 intende avviare la pratica di divorzio, incarica l’avvocato di scrivere una lettera all’altro coniuge con l’invito a stipulare la convenzione. Quest’ultima è sostanzialmente un contratto che disciplina le negoziazioni: dove incontrarsi e quando, per quanto tempo e così via. Una volta che l’altro coniuge ha aderito alla convenzione, si eseguono le negoziazioni secondo le indicazioni contenute nella convenzione stessa. Queste hanno l’obiettivo di formulare un accordo riguardo la disciplina dei rapporti personali e patrimoniali della coppia. Gli avvocati svolgono una funzione di sostegno, spesso presentano ai due coniugi quali sarebbero le ipotetiche condizioni di divorzio in una procedura contenziosa, e in base a quello si stipulano gli accordi.

Una volta raggiunto l’accordo, questo viene trasposto in forma scritta, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati, infine depositato presso l’Ufficio della Procura della Repubblica nel Tribunale. Tale ufficio fornirà l’autorizzazione alla trascrizione del divorzio sul registro degli atti di matrimoni, in genere si tratta di una formalità volta semplicemente a verificare la regolarità degli accordi.

La dichiarazione in Comune davanti al sindaco

Questa procedura è ancora più semplice della precedente, in quanto non richiede neanche la presenza di un avvocato. Tuttavia, se la negoziazione assistita è aperta a tutte le coppie, per la dichiarazione in Comune davanti al sindaco occorre rispettare alcune condizioni. Non si può fare nel caso in cui vi siano minori o maggiorenni con handicap grave o economicamente non autosufficienti. Inoltre, non è un tipo di accordo dove si possono regolamentare i rapporti patrimoniali tra i coniugi, che è un aspetto centrale del divorzio. La procedura in sé è piuttosto semplice, il sindaco riceve le dichiarazioni dei due coniugi e li richiama a sé per la conferma dell’accordo, una volta verificata la regolarità delle condizioni in esso contenute.

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