(di Giulio Perrotta) Il 31 Luglio 2015, con un ritardo di 22 giorni, il Consiglio dei Ministri dovrebbe approvare il decreto attuativo per il recepimento della Direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie (Alternative Dispute Resolution, ADR) tra consumatori e professionisti.
Dall’acronimo inglese ADR, i “metodi alternativi di risoluzione delle controversie” sono una serie di tecniche e procedimenti di risoluzione di controversie di tipo stragiudiziale, concernenti esclusivamente diritti disponibili alle parti e alternative rispetto al procedimento giudiziale (anche se possono essere avanzati in sede di processo). In epoca moderna, il ricorso alle ADR si è affermato negli Stati Uniti, paese notoriamente bellico.
Nel 1906, nel corso della Convenzione annuale della ABA (American Bar Association), il Prof. Nathan Roscoe Pound presentò una relazione dal titolo “The Causes of Popular Dissatisfaction with the Administration of Justice“, nella quale poneva in evidenza l’inadeguatezza del sistema giuridizionale pubblico ad offrire risposte ad un’ampia gamma di contenziosi. A partire dal 1970-1972, sempre negli Stati Uniti si cominciò a ricercare metodi non giurisdizionali di gestione dei contenziosi, proprio per non appesantire il sistema giudiziario e per garantire risoluzioni pacifiche in tempi ragionevolmente brevi.
In particolare, nei paesi occidentali (esclusa l’Italia che ammette principalmente la mediazione e l’arbitrato), i metodi di risoluzione alternativa delle controversie sono divisi in 2 gruppi fondamentali: 1) ADR “aggiudicative”: arbitrato; 2) ADR “non aggiudicative”: mediazione.
In Italia, però, per recepire delle nuove norme comunitarie, occorre inserire la Direttiva nella Legge di Delegazione Europea: nel caso di specie, stiamo parlando della legge di delegazione europea 2013, secondo semestre, con cui il Parlamento italiano ha delegato al Governo il compito di adottare il provvedimento. In particolare, l’8 maggio 2015, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare il decreto legislativo di attuazione della direttiva; decreto che è poi passato in rassegna alla Camera il 10 giugno e in Senato il 17 giugno, ricevendo, in entrambi i casi, il via libera dalle Commissioni Politiche Ue. A questo punto, affinché la nuova normativa sia definitivamente integrata nella legislazione italiana, il decreto legislativo deve ancora ricevere l’approvazione definitiva da parte del Governo, tenuto conto che la direttiva doveva essere introdotta nell’ordinamento giuridico italiano entro due anni, quindi entro il 9 Luglio.
Sempre l’8 Maggio 2015, sono state apportate integrazioni e modifiche al Codice del Consumo (D.lgs. n. 206/2005), che stabilisce le normative in materia di processi dì acquisto e consumo, al fine di mantenere una disciplina unitaria della materia salvaguardando il più possibile l’impostazione del Codice medesimo. Inoltre, si è puntualizzata la definizione di “Organismo ADR”, quale: “qualsiasi organismo, a prescindere dalla sua denominazione, istituito su base permanente che offre la risoluzione di una controversia attraverso una procedura ADR ed è iscritto in un apposito elenco istituito presso ciascuna autorità competente”, vale a dire: Ministero della giustizia, Ministero dello sviluppo economico, Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa), AEEGSI (Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico), AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e Banca d’Italia. Ogni autorità definisce il procedimento per l’iscrizione e verifica il rispetto dei requisiti di stabilità, efficienza, imparzialità oltre al “rispetto del principio di tendenziale non onerosità, per il consumatore, del servizio”. In conformità, poi, con quanto previsto da Bruxelles, gli organismi ADR hanno l’obbligo di mantenere un sito web che fornisca alle parti facile accesso alle informazioni ma, si specifica, al contempo deve essere consentita al consumatore la possibilità di presentare reclamo anche con modalità diverse da quella telematica. Il Ministero dello sviluppo economico, in perfetta coerenza con le competenze per materia, è il designato come “unico punto di contatto con la Commissione europea”, nel quale è stato istituito un tavolo di coordinamento e di indirizzo.
Il ritardo comunque nell’approvazione della “Direttiva ADR” è la prova che il tema non è centrale per il Governo, nonostante possa offrire un valido rimedio per alleggerire il carico processuale giudiziario; ancora, il decreto di attuazione della direttiva 2013/11/UE era all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri del 24 Luglio; tuttavia, come da nota informativa governativa, la questione non è stata affrontata ed è stata rimandata all’incontro del 31 Luglio, augurandosi stavolta che possa essere la volta buona, senza ulteriori ritardi.
Ma cosa prevede esattamente la Direttiva 2013/11/UE? La Direttiva in esame, approvata a livello comunitario il 18 Giugno 2013, prevede che i consumatori di tutti i paesi della Comunità Europea possano rivolgersi ad organismi di risoluzione alternative delle controversie (mediazione, conciliazione ed arbitrato quelli principali) per tutte le dispute insorte sulle obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi, tra consumatori e professionisti stabiliti nell’Unione Europea, sia in ambito nazionale che transfrontaliero, sia offline che online. Nel dettaglio, in base alla direttiva tutti gli organismi ADR a livello nazionale devono risultare idonei, efficaci, indipendenti e trasparenti, al fine di perseguire il miglioramento della fiducia dei consumatori, da un lato, e della reputazione delle imprese, dall’altro. Strettamente legato alla Direttiva in esame è il Regolamento UE 2013/524 in materia di risoluzione delle controversie online, che riguarda la soluzione di dispute riguardanti la vendita di beni o servizi alienati telematicamente. Il testo prevede in questi casi l’intervento di un organismo ADR inserito in un elenco di soggetti abilitati e, in particolare, la gestione dell’intera procedura attraverso la piattaforma elettronica predisposta, interattiva, gratuita e disponibile in tutte le 24 lingue dei paesi facenti parte dell’Unione Europea, che dovrà essere operativa entro 6 mesi, quindi entro il 9 Gennaio 2016, applicando di fatto e di diritto anche il Regolamento di esecuzione UE 2015/1051, nel quale si specifica l’operatività e il funzionamento della piattaforma, nonché le caratteristiche del modulo di reclamo elettronico, le modalità per l’esercizio delle funzioni della piattaforma ODR e le modalità della cooperazione tra i punti di contatto ODR.
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